Vinitaly a Verona nel vino, Cibus a Parma nell’agroalimentare, Macfrut per l’ortofrutta ed il Sigep per il gelato e la pasticceria a Rimini, il Salone del Mobile di Milano per il design e così via: sono tanti i settori in cui il sistema fieristico italiano è tra i leader mondiali. Un settore, quello fieristico, che, nel complesso, rappresenta un giro d’affari di 60 miliardi di euro all’anno in Italia, e tra i più colpiti dall’emergenza Covid, che cerca di guardare al futuro. Messaggio che arriva nella Giornata mondiale delle fiere che, ad oggi, si celebra, però, “a padiglioni ancora chiusi. All’emergenza fa seguito un’incertezza sulla ripartenza che è in forte contrasto con la nostra consapevolezza di poter essere decisivi per l’export delle piccole e medie imprese italiane. Una centralità riconosciuta prima dai presidenti di Regioni come Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, che assieme sommano il 75% delle manifestazioni internazionali italiane, e ora anche nel dl Liquidità, in corso di approvazione, che finalmente sancisce la funzione strategica del sistema fieristico per i mercati del made in Italy. Ma ad oggi, mentre riparte il calcio, riaprono ombrelloni, musei e i parchi di divertimento, non sappiamo quando potremo riattivare la nostra forza propulsiva a sostegno del Paese. Contiamo che i tempi della riapertura delle attività fieristiche siano definiti al più presto”. Parole del presidente Veronafiere e vicepresidente Aefi, Maurizio Danese.
“Verona, il Veneto e l’intero Paese - ha proseguito il presidente - hanno il diritto di sapere se i comparti produttivi espressi da Veronafiere, ma anche dagli altri poli espositivi, possano da subito continuare a essere rappresentati sul mercato nazionale e su quelli internazionali”.
Secondo le stime, il lockdown fieristico ha determinato la cancellazione o rinvio degli eventi programmati nel primo semestre del 2020, con un danno per le sole realtà fieristiche delle tre regioni di 700 milioni di euro più l’indotto. Veronafiere, primo organizzatore in Italia per manifestazioni dirette e di proprietà, è stata costretta a cancellare o riprogrammare oltre 20 eventi, con un danno che impatterà nell’ordine del 50% sul fatturato 2020. Un deficit che si rifletterà anche sulla città scaligera, che ogni anno beneficia dell’indotto fieristico per un valore di 1 miliardo di euro, e sui settori del made in Italy rappresentati da Veronafiere, per cui il danno è ancora maggiore.
Tra questi, ovviamente, Vinitaly, che ha dato l’appuntamento al 2021 a Verona, mentre si guarda con fiducia alle attività della seconda parte dell’anno in tanti Paesi del mondo, e all’appuntamento con il Wine2Wine Forum, in calendario il 23-24 novembre, a cui si potrebbe affiancare un nuovo format come Wine2Wine Exhibition, e magari l’edizione 2020 di Opera Wine by WineSpectator, a cui si sta provando a lavorare, come annunciato nelle settimane scorse dal dg Veronafiere Giovanni Mantovani, che spiega: “Veronafiere è pronta a ripartire; in questi mesi abbiamo ridisegnato strategie e strumenti per assicurare il business ai nostri comparti produttivi. Ora servono risposte dal Governo: la certezza della data di riapertura, l’approvazione dei protocolli presentati congiuntamente con i principali player del settore, un sostegno adeguato per evitare un pericoloso avvitamento finanziario. Ma soprattutto va dato seguito al lavoro compiuto da diversi parlamentari che in questi mesi hanno posto all’attenzione del Governo la nostra funzione strategica per il sistema Paese. Solo partendo da questo assunto si potrà parlare di rilancio: sarà necessaria una visione nuova e una tempestiva capacità di elaborare percorsi di internazionalizzazione a trazione fieristica, con una presenza diretta on e off line nei mercati esteri condivisa e pianificata assieme alle istituzioni”.
“La riapertura dei padiglioni - ha sottolineato il presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia - sarà il segnale forte del superamento dell’emergenza e soprattutto della necessaria ripartenza del mondo produttivo. Le fiere sono un asset strategico per la promozione del made in Italy sui mercati internazionali e una leva fondamentale per la competitività delle pmi italiane. Gli appuntamenti promossi dai nostri poli fieristici si sono affermati a livello globale come vetrine di straordinario valore promozionale ed economico per il nostro territorio, anche in termini di indotto con un fortissimo richiamo di milioni di persone. Non guardiamo ora a quello che è stato, pensiamo piuttosto a quello che sarà e trasformiamolo in rilancio, perché non mancano certo volontà, capacità e voglia di riproporre orgogliosamente il meglio della nostra industria e delle nostre eccellenze. Non sarà una passeggiata, ma le nostre fiere possono tornare a essere forti e competitive come prima”.
Secondo Aefi (Associazione esposizioni e fiere italiane), sono 1.000 le manifestazioni fieristiche organizzate dal settore ogni anno (oltre 200 le internazionali e 89 quelle organizzate all’estero). È pari a 60 miliardi di euro il volume d’affari annuale generato dalle 200.000 imprese italiane espositrici e dai 20 milioni di operatori provenienti dall’Italia e da tutti i paesi del mondo. Il 50% delle esportazioni nasce da contatti originati dalla partecipazione alle manifestazioni fieristiche.
A livello globale, evidenzia Ufi, l’associazione mondiale degli organizzatori di fiere ed eventi, il valore degli affari generati dalle fiere per i settori di riferimento è di 251 miliardi di euro l’anno, per un ritorno sugli investimenti di 8 euro per ogni euro investito.
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