Da Banfi a Donnafugata, da Marchesi di Barolo a Biondi Santi, da Marisa Cuomo a Terlano, da Enrico Serafino a Cantine del Notaio: ecco le cantine, grandi griffe del vino italiano e punti di riferimento dei loro territori, insignite degli “Oscar del Vino 2023 - XXIII Premio Internazionale del Vino”, uno dei premi storici del vino italiano, ideati nel 1999 da Franco Ricci, presidente Fis (Fondazione Italiana Sommelier) e Bibenda, “con l’intento di sottolineare anche un aspetto più leggero nella degustazione, un po’ più lontana da rigidi schemi, un lato più “mondano” del vino, inserendolo in una competizione che ricalca i parametri dell’Oscar del cinema, con tanto di accademia che, nel caso del vino, decide soltanto le nomination, mentre i premi vengono assegnati in diretta dalla platea dei partecipanti”. Così dopo “la lectio magistralis” di Angelo Gaja, produttore tra i più ammirati nel mondo ed uno dei massimi simboli delle Langhe e dell’Italia del vino, al Rome Cavalieri (ed anche lui premiato con l’“Oscar”, una sorta di Lifetime Achievement), sabato 6 maggio, sono andate in scena le degustazioni e votazioni degli Oscar 2023, tra tutti quelli in nomination.
Come “miglior vino Rosso” è stato scelto il Brunello di Montalcino 2010 Biondi Santi, mentre l’Oscar per il “miglior vino Bianco” è andato, ex aequo, al Costa d’Amalfi Furore Bianco Fiorduva 2021 Marisa Cuomo e all’Alto Adige Terlaner I Primo Grande Cuvée 2020 Cantina Terlano. Come “miglior Spumante” è stato eletto, invece, l’Alta Langa Pas Dosé Zero 140 Mesi Luna Riserva 2009 Enrico Serafino, mentre il “miglior vino Rosato” premiato con l’Oscar è Il Rogito 2021 Cantine del Notaio, ed il “miglior vino Dolce” il Passito di Pantelleria Ben Ryé 2019 Donnafugata. Ancora, l’Oscar per il “miglior vino del miglior Produttore” è andato al Barolo Cannubi 2018 Marchesi di Barolo della famiglia Abbona, mentre quello per il “miglior vino del Territorio” al Brunello di Montalcino Poggio all’Oro Riserva 2016 Banfi.
Focus - Artigianalità, coraggio, curiosità: la “lectio magistralis” di Angelo Gaja
Il valore dell’artigianalità italiana, e dell’uso sapiente delle mani, di cui il vino è testimone nel calice; lo sprone ricevuto dal padre Giovanni prima, e rilanciato ai figli poi, Gaia, Rossana e Giovanni (che oggi, con lui, guidano l’azienda), e metaforicamente a tutti i giovani, ad essere curiosi, ad avere coraggio e a pensare diversamente dagli altri, con un consapevolezza: “vive bene chi sa bere bene, chi evita gli eccessi costanti e sa andare oltre il presente con uno sguardo nel domani”: ecco i capisaldi del pensiero di Angelo Gaja, produttore tra i più ammirati nel mondo ed uno dei massimi simboli delle Langhe e dell’Italia del vino, e riproposti in una “lectio magistralis” che ha introdotto, gli “Oscar del Vino” 2023, firmato Bibenda e Fondazione Italiana Sommelier (Fis) del patron Franco Ricci. E che lo stesso Angelo Gaja ha ricevuto come “Lifetime Achievement”.
Un premio ad una carriera, quella di Angelo Gaja, all’insegna del “fare, saper fare, saper far fare e far sapere”, e che ha visto crescere, anche con il suo lavoro e le sue intuizioni, non solo la sua secolare azienda di famiglia e le Langhe (furono Clotilde Rey e Angelo Gaja, bisnonni di Angelo Gaja, a credere ed a puntare sul Nebbiolo, e nel 1905 venne prodotta la prima etichetta di Barbaresco, annoverato nella categoria “vini di lusso e da pasto”, con un grande successo, con il Barbaresco di Gaja che si affiancò ai grandi Barolo), ma tutto il vino italiano.
Copyright © 2000/2024
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024