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Panorama Economy

Il vino è il nostro destino ... La sua famiglia si occupa di vigneti da tre secoli. E Giudo Folonari, dopo un debutto come manger, ha voluto un’azienda tutta sua. Con successo... Guido Folonari ha un Cognome che evoca vitigni. E per il titolare di un’azienda che serve 5.800 ristoratori non è poco. Ma è un vantaggio solo teorico, perché l’esponente di decima generazione della famiglia bresciana che opera nel vino dal 1700 ha costruito una realtà tutta sua. Ben diversa dalla Ruffino, gestita dal padre Alberto insieme ai fratelli Italo e Ambrogio: 17 tenute, 150 miliardi di vecchie lire di fatturato tra Chiami, Montepulciano, Franciacorta.

“Italo nel 2000 chiese la liquidazione delle sue quote e la Ruffino si smembrò” racconta lui, 38 anni, una laurea in legge, uno stage presso il San Paolo di New York e qualche anno trascorso in management consulting presso Deloitte. “Pensavo che con il vino non avrei avuto più nulla a che fare” continua il giovane Folonari, che al vino ci è tornato, eccome. Proprio grazie all’esperienza di management.

Un giorno Pierdomenico Gallo di Meliorbanca mette gli occhi su un suo progetto di azienda vitivinicola decisamente innovativo e decide di finanziarlo insieme a un gruppo di soci. “In quattro e quattr’otto mi sono ritrovato 17 milioni di euro per far partire un nuovo business”. Vale a dire cercare due o tre aziende produttrici di etichette doc, acquisirle e scendere a valle, dai ristoratori, a vendere con una rete distributiva capace di fidelizzare la clientela.

Da 2 a 15 milioni. “Ho ripreso persone che conoscevo dai tempi dell’azienda di famiglia, come Gianfranco Talliani, responsabile dell’import di Ruffino per trent’anni, e ho cominciato. Con una segretaria e un piccolo ufficio” ricorda Folonari partito dai 2 milioni di ricavi della sua Philarmonica, nata nel 2005 e arrivata a 15 milioni del 2007. In portafoglio, non solo etichette di vino, ma liquori di nicchia, marchi che le multinazionali non hanno tempo di seguire.

“Non è stato facile, giravo in macchina per i paesi cercando di captare quali fossero le tenute in vendita” racconta ancora il giovane imprenditore, che ora ha 15 persone in ufficio ma ne muove ben 200 nelle aziende agricole che gli forniscono vino. “La prima azienda, a Montalcino, l’ho presa da un tedesco. Quella di Bolgheri, 60 ettari, da tale Jean-Pierre Dubuois, allevatore di cavalli da corsa”.
Quindi, oltre a Brunelli e a etichette Bolgheri doc, ci sono i Nebbiolo, i Barbera, i Dolcetto che escono dalla terza tenuta, la Morra. Tutti vini tradizionali perché “anche se in Italia ci sono le mode, io sono sempre andato controcorrente. non ho mai seguito i boom. Mi fido delle grandi zone vinicole italiane”.

Buon sangue non mente, in effetti. E ora gli azionisti di Philarmonica manifestano una certa soddisfazione, perché, nonostante i tempi magri e il presumibile calo dei clienti nei ristoranti, l’azienda pensa di mantenere i risultati 2007. “Per il 2008 avevamo sfilato un budget ambizioso. Del resto negli ultimi quattro anni siamo cresciuti con una media del 40-50%” continua l’imprenditore. “Ma il 2009 è un anno particolare, si mira a non perdere fatturato”.

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