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Pasqua, a tavola è boom per le uova, ma cala l’agnello. Enoturismo e cucina trainano l’agriturismo

Unaitalia: se ne consumeranno 6 pro-capite per un valore pari a 130 milioni di euro. Bene anche il pesce, ma le vongole italiane sono quasi introvabili
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Le uova sode sono un piatto simbolo di Pasqua

Tra storia e cambiamenti, il menù di Pasqua è certamente un’esplosione di sapori ma anche di forte attaccamento alle zone di origine dei buongustai, con ogni tavola che si lascia “contagiare” da piatti diversi ispirati alla tradizione locale, soprattutto per quanto riguarda i “salati”, mentre nel classico dolce derby di fine pasto, tra colomba e uova di cioccolato, a vincere è per distacco la colomba.
Ma le uova si possono “riscattare” nella loro versione al naturale perché da quelle sode fino all’immancabile utilizzo in torte, schiacciate o frittate (regione che vai usanza che trovi …) possono essere considerate il “must” della gastronomia di Pasqua. Le uova, pertanto, rappresentano anche “un’occasione per consumare un alimento buono e sano sempre amato dagli italiani - ha affermato Lara Sanfrancesco, direttore Unaitalia (l’associazione di rappresentanza della produzione avicola nazionale) - che, nella Settimana Santa, ne consumano 6 pro-capite per un valore pari a 130 milioni di euro. Un alimento funzionale, versatile e adatto a tutte le tasche, che offre un equilibrio perfetto tra proteine di elevata qualità, vitamine e sali minerali. Non a caso le troviamo sempre nel carrello degli italiani, che ne consumano 227 pro capite all’anno”.
Tante le tradizioni pasquali da Nord a Sud della Penisola ad iniziare dalla colazione di Pasqua dove l’uovo, a tavola, simboleggia la vita che ricomincia nelle antiche culture come nel cristianesimo. Dalla Torta Pasqualina ligure alla crescia umbra, dal classico uovo sodo laziale abbinato con la torta al formaggio fino ai “piconi” e frittata al mentastro marchigiane, il digiuno della Quaresima e l’inizio della primavera possono essere festeggiati con gusto. In Liguria vince la torta pasqualina con trentatré sfoglie della ricetta originale in omaggio agli anni di Cristo, farcite con uova, bietole fresche e ricotta. Nella colazione umbra spopola la crescia al formaggio, un grande lievitato soffice e saporito con parmigiano o pecorino, il cui termine dialettale (crescia) deriva dal rigonfiamento dell’impasto durante la sua lavorazione e cottura. Specialità tipica della tradizione contadina, la crescia è nata nei monasteri medioevali, come testimoniano gli antichi ricettari de “La cucina delle monache” di Tommaso Lucchetti. Nell’impasto erano presenti ben 40 uova, a simboleggiare i giorni di Quaresima, spiega ancora Unaitalia. A Roma e nel Lazio, la colazione pasquale è a base di uova sode, condite con sale, pepe e olio, accompagnate da corallina e torta salata mentre nella tavola marchigiana è particolarmente diffusa la frittata al mentastro, una varietà di menta selvatica tipica della campagna del posto conosciuta sin dal Rinascimento. E poi, soprattutto nella provincia di Ascoli Piceno, i “piconi”, dei ravioli cotti al forno, ripieni di uova e formaggio. Scendendo lo Stivale si fa conoscenza del casatiello con le sue uova ingabbiate da strisce di impasto a forma di croce. Il ripieno di quello salato è a base di formaggi vari, ma non mancano varianti che contengono anche l’uovo sodo. Sebbene molti attribuiscano la sua origine all’epoca romana per la base di formaggio (caseus in latino e casa in dialetto napoletano) altri attribuiscono la sua nascita temporale nel Seicento, tanto da essere citato ne “La Gatta Cenerentola”, opera di Giambattista Basile che descrive i festeggiamenti del re per trovare la fanciulla che aveva perso la scarpetta. In Sicilia regnano le forme con i “Cuddura cull’ova”, tipico dolce dell’isola di derivazione ortodossa, farciti con un numero variabile, ma sempre dispari, di uova col guscio, che le giovani donne usavano regalare ai fidanzati nel giorno della Resurrezione. Le forme variano in base alla tradizione familiare o locale: si va dal “campanaru” (campanile) al “panarieddu” (a cestino) che augura abbondanza, dal “gadduzzu” (galletto o colomba) per i maschi alla “pupa” (bambola) per le ragazze, fino al “cuore” per i propri amati, ricorda Unaitalia. In Sardegna si mangia il “Coccoi pintau”, un pane a pasta dura fatto a mano e di diverse forme che veniva regalato agli sposi per le nozze. Il “coccoi con s’ou” (pane con uovo incastonato) è simbolo della Pasqua sarda e il pane in alcune località dell’isola funge anche da “calendario”: tre settimane prima di Pasqua si confeziona su Pisci, il pesce; a due settimane prima si regala su Lazzaru (Lazzaro) mentre per la Domenica delle Palme si regala sa pramma (la palma), a forma appunto di palma.
Uova ma anche carne, considerato che non può mancare nei pranzi degli italiani la domenica di Pasqua. Eppure uno dei piatti simbolo, l’agnello, faticherà a trovare posto tra le seconde portate: i suoi consumi sono in calo del 20% a causa dei prezzi in rialzo e della carenza di prodotto e le cause andrebbero ricercate nella crisi della transumanza, tipica attività delle regioni appenniniche e delle isole, che ha portato al taglio del 25% delle nascite di agnelli da latte programmati per questo periodo, passando dalle 350.000 del periodo pre pandemia alle 250.000 di oggi. A segnalarlo è Cia-Agricoltori Italiani, con dati confermati dalla Borsa Merci Telematica, secondo cui i listini all'ingrosso sono in aumento, sostenuti anche dalla crescita della domanda che si registra nelle settimane che precedono Pasqua. In calo anche il prodotto estero, stimato al 50% del totale, proveniente per lo più da Est Europa, Spagna, Grecia.
Nel “borsino” degli ingredienti, cala la farina mentre aumenta il burro con il cacao che fa preoccupare per il forte rialzo dei prezzi. Consumi previsti in aumento per il pesce: Fedagripesca-Confcooperative calcola un’impennata del 30%, con punte del 50% nel fine settimana prossimo con prezzi in linea con quelli dello scorso anno. Le sogliole in Adriatico sono a buon mercato mentre poche, invece, saranno le vongole veraci italiane a causa del granchio blu: nelle tavole ci sarà il dominio di quelle di importazione del Pacifico, delle coste di Vietnam, Taiwan e Cina meridionale.
Ma sarà anche “una Pasqua tricolore all’insegna del buon cibo, della campagna e del verde”, secondo Augusto Congionti, presidente Agriturist (Confagricoltura) che parla di “pienone per i pranzi di Pasqua e Pasquetta” anche se non tutte le strutture hanno le camere piene. “Ad essere in qualche modo penalizzate - precisa Congionti - sono le strutture situate più all’interno. Anche se le prenotazioni sono partite con ritardo, il recupero sta andando veloce e, in molte zone, si va verso il tutto esaurito, in particolare negli agriturismi che abbinano all’ospitalità la ristorazione, capace di attirare cittadini alla ricerca dei piatti tipici della tradizione”. Gettonate le classiche mete vicino alle città, frequentate per lo più da famiglie con bambini e coppie con meno di 55 anni, numeroso il turismo di ritorno degli italiani che vivono all’estero. Da Nord a Sud gli operatori sono ottimisti, anche se permane l’abitudine tutta italiana del last minute. “Vincenti sono, oltre alla ristorazione, le molteplici attività collegate - sottolinea Congionti - come le lezioni di cucina, i percorsi enogastronomici e le escursioni, che servono a ricaricarsi e a diventare protagonisti della propria vacanza sperimentando esperienze all’aria aperta. In grande crescita l’enoturismo, con oltre un milione e mezzo di appassionati, e il cicloturismo”. Tutto esaurito in Toscana e nelle aree turistiche di Piemonte, Puglia e Sicilia, soprattutto per la ristorazione; viene registrata maggiore affluenza in Veneto, Lazio, Abruzzo, Umbria, Campania e Calabria. In alcune aree, soprattutto per Pasquetta, sta pesando l’incertezza meteo. Dal 2004 le aziende agrituristiche sono cresciute quasi del 90% e, solo lo scorso anno, spiaga la nota Agriturist (Confagricoltura), hanno accolto più di 4 milioni di turisti, con un fatturato di 1,5 miliardi di euro.

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