La misura promozione sui Paesi Terzi dell’Ocm vino è uno strumento fondamentale per le imprese del Belpaese, grazie a 100 milioni di cofinanziamento messi a disposizione, ogni anno, di Regioni (70 milioni) e Ministero delle Politiche Agricole (30 milioni). E ancor più importante, però, è utilizzarle al meglio. E, in questo senso, spicca la “case history” della Regione Marche. Secondo i dati di Nomisma Wine Monitor, infatti, negli ultimi 10 anni, “ogni milione di euro investito dalle Marche in promozione ha generato un ritorno nell’export di vino verso i Paesi terzi per 7,5 milioni di euro”. Nell’analisi realizzata per l’Istituto Marchigiano Vini e il Consorzio dei Vini Piceni, emerge che l’export del vigneto Marche è infatti cresciuto del 56% nell’ultimo decennio, in particolare nell’extra Ue, che vola a +75%, con la Cina che segna un incremento di quasi il 450% e con Norvegia, Svizzera e Russia anch’esse in tripla cifra. Si spiega anche così il record delle esportazioni vinicole del 2018 delle Marche, a quota 57 milioni di euro, con una crescita del 9,5%, uno degli incrementi maggiori in assoluto a livello nazionale, e il triplo della media nazionale, secondo l’Istat (sebbene con Valori assai diversi, ovviamente, da quelli delle Regioni che storicamente guidano il mercato del vino italiano (dai 2,2 miliardi di euro del Veneto al miliardo del Piemonte, ai 980 milioni della Toscana ndr).
L’indagine, svolta direttamente sulle principali aziende della Regione, evidenzia nel complesso un settore che negli anni è riuscito a diversificare sempre più il proprio mercato della domanda. I dati espressi dalle interviste ai produttori confermano in larga parte quelli di Istat, che annoverano tra i top buyer in testa gli Usa (16,2% di market share), seguiti da Svezia (11,3%), Benelux (9,8%), Germania (8,8%), Giappone (7,1%), Regno Unito (6,5%) e Cina (5,7%). A farla da padroni, i 2 prodotti di punta, il Verdicchio (dei Castelli di Jesi e di Matelica), che a valore rappresenta la fetta maggiore dell’export regionale, e il Rosso Piceno, che mette a segno un’importante progressione nelle vendite estere. Complessivamente, nel triennio 2015-2018, l’indagine fissa la crescita dell’imbottigliato regionale a +39%, con un export a +31% per un campione di aziende che rappresentano un terzo della produzione totale marchigiana.
“I fondi europei per la promozione sono un privilegio indispensabile per il settore del vino - commenta il direttore dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini, Alberto Mazzoni - un unicum, rispetto ad altri comparti, che dobbiamo essere in grado di sfruttare al meglio. Le Marche grazie anche alla collaborazione con la Regione si sono dimostrate una best practice, riuscendo negli anni a incrementare il coinvolgimento delle aziende del 115%. Rispetto a 3 anni fa, registriamo finalmente un aumento del 6% del prezzo medio del Verdicchio, sia in Italia che all’estero, ma non è ancora abbastanza rispetto alla qualità espressa”.
Per il direttore del Consorzio Vini Piceni, Armando Falcioni, “per tipologia e caratteristiche il nostro rosso si presta anche a mercati più esotici: è il caso di Cina e Giappone, che secondo il campione rappresentano quote sempre più decisive per il nostro export, con il Paese del Dragone che nell’ultimo anno è cresciuto in maniera vertiginosa. Si tratta di mercati emergenti da sviluppare anche con azioni promozionali dedicate, che devono necessariamente essere diverse rispetto ad altri Paesi culturalmente più vicini a noi. Possiamo lavorare sul posizionamento dei vini marchigiani attraverso un’azione strutturata e sinergica di tutta la filiera, ma non solo: attraverso i fondi e il lavoro delle nostre istituzioni, a partire dalla Regione, anche le aziende più piccole possono pianificare e razionalizzare le risorse per la promozione”.
Guardando al futuro, secondo i produttori, sono di gran lunga gli Stati Uniti il Paese da presidiare con maggior attenzione nel futuro; a seguire, Canada, Cina, Germania, Giappone e Regno Unito. Ma non basta: sul fronte delle strategie da implementare la risposta quasi unanime è individuare nuovi mercati di sbocco. Tra i valori da comunicare, prevalgono l’abbinamento vino e turismo, la zona di produzione e le produzioni biologiche-sostenibili. Aspetto, quest’ultimo, che si traduce nel 31% della superficie vitata regionale a biologico, uno dei livelli più alti dopo Calabria e Sicilia (e ben oltre il 15,8% della media nazionale).
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