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BIBLIOTECA ENOGASTRONOMICA

Perché il cibo della nonna è importante quanto un piatto stellato? La risposta in “Sugo”

L’ultimo libro di Mariachiara Montera, offre uno spaccato sul rapporto intimo e personale tra il nostro essere e il mangiare, che dobbiamo riscoprire
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“Sugo” è il libro di Mariachiara Montera, sul rapporto tra cibo e identità

“Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei” (“Dis-moi ce que tu manges, je te dirai ce que tu es”), diceva il grande gastronomo francese Jean Anthelme Brillat-Savarin nel suo libro “Fisiologia del gusto”, pubblicato nel 1825: ed è proprio l’indagine del rapporto che intercorre tra cibo e identità il protagonista di “Sugo. Perché il cibo della nonna è importante quanto un piatto stellato”, il nuovo libro di Mariachiara Montera, foodwriter, content creator, podcast host, formatrice e consulente di comunicazione, con un focus particolare verso il mondo del food.
“Il cibo e la scrittura sono il modo in cui ho scelto di raccontare il mondo che abito”, spiega l’autrice del volume (Blackie Edizioni, maggio 2025, pp. 128, prezzo di copertina 13 euro), che offre uno spaccato del rapporto tra il cibo e la nostra identità. E in una contemporaneità a dir poco complessa come quella in cui oggi viviamo, chissà che il cibo, che ha in sé la maggior parte delle risposte, bisogna solo saperlo interrogare nel modo giusto secondo l’autrice, non possa dirci di più anche sul nostro rapporto col prossimo e con noi stessi, aiutandoci ad affrontare le molte sfide del presente, tra guerre, climate change e disparità di sorta.
Il libro è un’ode al cibo della nostra vita, sostanzioso e concreto: quello che, se eravamo fortunati, ci preparavano da bambini. È al tempo stesso personale e generosamente interessato alle tavole altrui ed invita a guardare oltre il piatto, per illuminare le dinamiche che ci hanno reso le persone che siamo. Con i nostri valori, certi appetiti, tanti desideri. Cosa mangiamo, cosa proviamo in cucina, dove e come ci sediamo a tavola, l’educazione alimentare che riceviamo, le ricette che tramandiamo, raccontano quasi tutto di noi, e delle famiglie in cui cresciamo. Dentro una stessa zuppiera ci sono memoria e cultura, genere e geografia, lontananza e legami. E mentre il cibo, nella società moderna, prende sempre più la forma di un “feticcio”, un soggetto fotografico più che una coccola dedicata a sé stessi, un gesto d’affetto o la ricerca di memorie o identità, l’autrice propone di fare un passo indietro, ricominciando dall’intimità di una tavolata in famiglia, dal passato, dalla nostra infanzia.
Questo per ricordarci che l’alimentazione non svolge soltanto un ruolo “primario”, legato al banale sostentamento e necessario per la nostra sopravvivenza, ma che da sempre il comportamento alimentare dell’individuo interagisce e si interseca con la sua sfera emozionale e cognitiva risultando, proprio in virtù dell’intimità di questo rapporto, anche in sovraconsumi e restrizioni, altrimenti inspiegabili.
In proposito, però, un altro tema importante è quello del controllo sociale sui corpi degli individui (in particolare su quelli femminili) che, in una società sempre più attenta e legata alle apparenze, spinge ciascuno ad inseguire modelli estetici ideali e dictat impossibili, sottoponendosi a diete non sempre necessarie, o, addirittura, rifiutando il cibo.

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