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Poliziotti-sommelier che insegneranno ai detenuti la degustazione del vino: succede nel carcere di Lecce, con il progetto “Il vino oltre ogni barriera”, che partirà domani, su idea di Feudi di Guagnano, con l’Associazione Italiana Sommelier (Ais)

Poliziotti-sommelier che insegneranno ai detenuti la degustazione del vino, ma anche gli aspetti legati alla coltivazione della vite, le diverse tecniche di vinificazione come si serve e conserva un vino: succede al Carcere di Lecce, grazie ad un’idea della cantina salentina Feudi di Guagnano (200.000 bottiglie con 30 ettari vitati, www.feudiguagnano.it) che, con la collaborazione della direttrice del carcere Rita Russo e dell’Associazione Italiana Sommelier della città, si è concretizzata nel progetto “Il vino oltre ogni barriera”, che partirà domani, e si concluderà in dicembre con la consegna, ai partecipanti, degli attestati di frequenza di quello che viene presentato come il primo corso del genere rivolto ai detenuti.
“Era da un po’ di anni - afferma Gianvito Rizzo, amministratore della cantina Feudi di Guagnano e promotore dell’iniziativa - che ci balenava in testa l’idea
di consentire anche agli ospiti di un carcere di imparare a degustare i grandi vini del nostro territorio e a conoscerne la storia. Poi, forse per “pudore intellettuale” o perché molte volte non si sa nemmeno da dove iniziare, la cosa è rimasta sospesa. Poi, un bel giorno, la direttrice del carcere di Lecce ha aperto le porte a quello che forse è il primo corso per sommelier rivolto a detenuti, uomini e donne, realizzato in Italia. Siamo convinti che questa esperienza sarà straordinaria e unica, non solo per questi studenti speciali ma anche per tutti noi”. E docenti del corso saranno davvero particolari: si tratta, infatti, di poliziotti della questura di Lecce che sono anche esperti sommelier. Una sorta di doppia veste che li vede da un lato, impegnati come tutori della giustizia a perseguire coloro che delinquono, dall’altro, sotto l’aspetto umano, ad impegnarsi come meglio possono nel difficile cammino del reinserimento sociale. Che, in tante esperienze carcerarie italiane, da Gorgona, con la coltivazione della vite e la produzione vino (in collaborazione con Frescobaldi), a Milano (Bollate) e Torino (Lorusso e Cutugno), con i ristoranti “InGalera” e “Liberamensa”, solo per citare alcuni casi, passa sempre più anche dal mondo dell’agricoltura e dell’enogastronomia.

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