Bravo, Brunello! Nonostante il momento poco esaltante del mercato, conferma ed anzi accentua la propria leadership sui vini nobili e meno nobili. I prezzi sono lì a dimostrarlo. Prezzi, non solo delle bottiglie, ma anche prova definitiva e incontestabile della “materia prima”. Lo certifica l’Ismea, l’istituto pubblico di servizi per il mercato agricolo alimentare.
Gli ultimi dati forniti dall’istituto sui prezzi all’origine di gran parte dei vini rossi doc e docg, indicano il Brunello come il più caro d’Italia e quindi il più quotato e richiesto. Nel 2003, per un quintale della pregiatissimo “Montalcino”, ci sono voluti poco più di 1.165 euro. Un primo posto irraggiungibile anche da altri nobili “colleghi” come il Barolo - venduto a 773 euro al quintale - il Nobile di Montepulciano, a quota 464 euro, il Barbaresco (423 euro), il Chianti Classico (279 euro) o il Nebbiolo d’Alba (220 euro); sul fronte dei bianchi doc e docg, il più caro all’origine è stato il trentino Pinot Grigio, venduto a 268 euro al quintale, seguito quasi a ruota dall’altro Pinot Grigio dell’Alto Adige (265 euro), della Valdadige (250 euro) e del Friuli (221 euro). Scendendo ancora in classifica, l’Alto Adige continua a far da padrone con il Pinot Bianco (197 euro) e lo Chardonnay (196 euro).
Tutto questo, nel 2003, anno davvero poco brillante che, da una parte, ha visto i prezzi di doc e docg tenere o addirittura crescere, soprattutto per i bianchi, e, dall’altra, ha registrato a malincuore una flessione del 5,6% sull’export per un totale di 4,27 milioni di ettolitri venduti. A venir meno sono stati soprattutto i Paesi più “fidati”: Germania (- 6%) e Stati Uniti (- 10%), in testa che da soli assorbono quasi il 55% delle esportazioni di vini italiani a denominazione. In compenso il nostro Paese è riuscito a guadagnare qualche posizione sulla difficile piazza inglese dove la crescita è stata di 2 punti percentuali. Pochi ma preziosi in un periodo in cui l’economia generale certo non tira.
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