“Caro Simenon, girando in macchina per le valli qui attorno Chianciano siamo arrivati oggi a Monte Alcino, mitico colle, favoloso almeno quanto lo era l’Olimpo per i greci ai tempi di Omero. Anche qui c’è una divinità: il Brunello di Montealcino, un vino rosso che può competere vantaggiosamente anche con i più celebrati vini francesi”. Inizia così la lettera che il maestro del cinema mondiale Federico Fellini invia all’amico Georges Simenon, tra i più grandi scrittori del Novecento, “padre” del Commissario Maigret (pubblicata da Adelphi nel piccolo ma prezioso volume “Carissimo Simenon. Mon cher Fellini. Carteggio di Federico Fellini e Georges Simenon”), scritta “nell’ufficio della proprietaria dell’azienda” e accompagnata su “idea di Giulietta” Masina, da una bottiglia della Fattoria dei Barbi. E che è solo una delle storie affascinanti che stanno dietro ai grandi vini italiani, e che raccontano come figure come Francesca Colombini Cinelli, la “signora del Brunello” e della storica cantina di Montalcino, abbiano anticipato i tempi, portando nel territorio, già negli anni Settanta, grandi personalità.
“Scrivo queste righe nell’ufficio della proprietaria dell’azienda”, prosegue Fellini nella lettera con la quale WineNews la ricorda, “messo un po’ in soggezione dalla valanga di premi, diplomi, medaglie, coppe che mi sovrastano da ogni parte e dalle foto di regnanti cardinali, e famosissimi ubriaconi di ogni parte del mondo con dediche di gratitudine totale. Anche io quindi sono preso un po’ nel vortice dell’enfasi. Non mi intendo molto di vino, anzi non me ne intendo affatto, ma questo Brunello assaggiato dinanzi al paesaggio straordinario della val d’Orcia mi è sembrato buonissimo. Comunque l’idea di farlo giudicare da Simenon è stata di Giulietta. Eccolo qua dunque, mi auguro che sia arrivato in buono stato. Brindiamo auguralmente alla felicità dei nostri amici Teresa e George. Prosit! Cin cin! Evviva! Con affetto, Federico Fellini”.
La Fattoria dei Barbi, oggi guidata da Stefano Cinelli Colombini, ha scritto la storia di Montalcino e del Brunello, grazie ad una personalità pioniera come Francesca Colombini Cinelli, tra le prime donne, da giovanissima dopo la scomparsa del padre, a condurre un’azienda importante del vino italiano e membro della prestigiosa Accademia Nazionale della Vite e del Vino. Una vita intera vissuta nel e per il territorio, per la sua agricoltura, l’enoturismo e per la sua cultura, intessendo rapporti con il mondo contadino e con grandi scrittori, artisti e uomini di cultura tra i più illustri di sempre, fondatrice nel 1981 del prestigioso “Premio Barbi Colombini”, cha ha portato portato a Montalcino personalità come Federico Fellini e Giulietta Masina, il Premio Nobel per la Letteratura Saul Bellow, lo scrittore Mario Rigoni Stern e il poeta Mario Luzi, lo storico dell’arte Cesare Brandi, i giornalisti Enzo Biagi, Giorgio Bocca e Sergio Zavoli, e molti altri.
Scomparsa nel dicembre 2022, da ieri al 31 dicembre, una mostra nella cantina della Fattoria dei Barbi, dove riposano le vecchie Riserve del Brunello, ricorda la figura di Francesca Colombini Cinelli, con memorie e opere d’arte, frammenti di vita privata e colonne di tabloid americani che hanno segnato un’epoca. “Mia madre Francesca era una donna straordinaria e poliedrica. Per quasi un secolo è stata una delle maggiori personalità del vino italiano. Una personalità eclettica, perché era anche un’artista, un’intellettuale e una scrittrice. Dai ricordi dell’infanzia a Firenze, dove casa Colombini era il ritrovo dei più importanti letterati, a Montalcino col suo Brunello, fino alle sue pitture e ceramiche d’arte, passando per i tanti che hanno amato il suo vino e per la gente della sua azienda. Una raccolta di foto, video, accessori, oggetti e molto altro, per ripercorrere legami, aneddoti e momenti significativi di una lunga vita”, sottolinea Stefano Cinelli Colombini.
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