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QUANDO LA CRISI PORTA CONSIGLIO NASCONO I “CONSUMATORI ETICI ATTIVI”, CHE SEMPRE PIU’ SCELGONO DI PREMIARE I PRODOTTI SOCIALMENTE RESPONSABILI E LA CERTIFICAZIONE, DIVENENDO I PRINCIPALI PROMOTORI DELL’EQUO-SOLIDARIETA’ IN TAVOLA IN TUTTO IL MONDO

Hanno un’aspettativa molto alta rispetto alle responsabilità sociali, economiche e ambientali delle aziende e, per questo, anche di fronte al dilemma della spesa, preferiscono indirizzare le proprie scelte verso i prodotti socialmente responsabili e scelgono di premiare la certificazione. Ma non solo, perché i “consumatori etici attivi” non si fermano qui, e divengono essi stessi promotori dell’equosolidarietà in tavola, chiedendo un nuovo modello di commercio in cui la giustizia e l’equità diventino parte integrante degli scambi. Una tendenza che, in tempo di crisi, è sempre più diffusa in tutta il mondo, secondo quanto emerge da una ricerca internazionale condotta da Globescan per Fairtrade Labelling Organizations, il coordinamento internazionale dei marchi di garanzia del commercio equo (info: www.fairtradeitalia.it).
Secondo i dati che emergono dalla prima ricerca globale Fairtrade - su un campione di 14.500 persone in 15 diversi Paesi, tra cui l’Italia - sono sempre di più i consumatori che si aspettano da parte delle aziende più attenzione ed eticità nella gestione del rapporto con i produttori dei Paesi in via di sviluppo. Almeno i tre quarti dei consumatori, infatti, convinti che una certificazione indipendente sia il modo migliore per verificare le dichiarazioni di eticità di un prodotto, credono che le aziende non facciano abbastanza, ma che dovrebbero aiutare concretamente le comunità e favorire lo sviluppo nei Paesi poveri.
I “consumatori etici attivi” sono più della metà del panel della ricerca, e la fascia più alta si registra in Italia, dove nel 2008 le vendite dei prodotti equosolidali e certificati sono aumentate del 20%, e il Belpaese è al primo posto tra i Paesi che ritengono la certificazione un plus imprescindibile per attestare la responsabilità di impresa. Il 32% delle persone conosce il marchio Fairtrade tramite la famiglia, gli amici e i colleghi di lavoro, mentre il 16% ne ha sentito parlare attraverso la scuola, la comunità e i gruppi religiosi. Le trasmissioni televisive e i nuovi media contano per il 33% rispetto alla conoscenza del Fairtrade. Le persone vengono informate sull’uscita di nuovi prodotti e iniziative tramite i loro gruppi sociali di appartenenza e i loro contatti.
La metà dei consumatori, oggetto dell’indagine, nei 15 paesi rilevati, ha molta familiarità con il marchio di certificazione Fairtrade: 9 su 10 hanno fiducia nel marchio e il 64% crede che Fairtrade possieda standard severi. Un livello di credibilità e di fiducia coerente con le scelte di acquisto, come mostrano i risultati di vendita dei prodotti Fairtrade: più 75% in Svezia, più 45% in Inghilterra, più 24% in Austria, più 20% in Italia (dove le vendite a valore sono stimate in 43,5 milioni di euro nel 2008 contro i 39 milioni del 2007). I prodotti più “performanti” nel nostro paese sono quelli composti (snacks, biscotti, ma anche semifreddi), uniti alla frutta fresca (l’ananas in particolare).

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