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Quaranta anni fa esatti (proprio nei giorni del Vinitaly n. 50) i primi pionieri italiani in salsa enoica andavano alla conquista del Nuovo Mondo: l’acquisizione di Barboursville Vineyards nel ricordo di Domenico Zonin a WineNews per #Vinitaly50Story

Nel 1976 c’era chi per farsi conoscere dal mondo andava per la prima volta a Vinitaly, e chi, come i pionieri di un tempo, del Nuovo Mondo andava alla conquista: in Virginia, e più esattamente nella “Piedmont region”, come la chiamava Thomas Jefferson, che già due secoli prima aveva tentato di produrre vino nella sua terra natale. Ma, a realizzare il sogno del terzo presidente americano, che per dare un volto alla nuova nazione si ispirava al Palladio, come per la Villa che aveva fatto costruire per l’amico e governatore dello Stato James Barbour, non poteva che essere un italiano, venuto dal Veneto. I lavori della Villa terminarono nel 1821, proprio quando dall’altra parte dell’Oceano, nella terra del Palladio, iniziava la storia di Zonin. Poco più di un secolo dopo, “spingendoci fino in Virginia con l’acquisizione di Barboursville Vineyards, e piantando il primo vigneto di vitis vinifera dopo Jefferson, siamo stati la prima azienda vitivinicola a dare il via ad una zona di produzione nuova, che oggi conta oltre 300 cantine e sta diventando uno dei territori del vino emergenti degli Stati Uniti. Quando si è giovani e si ha voglia di intraprendere e fare cose diverse dai genitori, capita spesso di pensare ad investire fuori dall’Italia e dall’Europa: oggi è normale, allora era un vero cambio epocale”. Quest’anno, proprio nei giorni di Vinitaly, saranno 40 anni dalla firma del contratto di quella pionieristica acquisizione, il 13 aprile 1976. È il ricordo a WineNews, uno dei siti più cliccati dagli amanti del buon bere, di Domenico Zonin, ad Zonin 1821, una delle più grandi Case vinicole italiane, per #Vinitaly50Story, la cronistoria di mezzo secolo di Vinitaly e del vino italiano, attraverso le storie dei suoi personaggi, per i primi 50 anni della rassegna internazionale di riferimento del settore (Verona, 10-13 aprile; www.vinitaly.com).

“In realtà i territori valutati per quell’acquisizione erano due - racconta Domenico Zonin - l’Australia e gli Stati Uniti. La scelta cadde su questi ultimi e sull’East Coast della Virginia perché fu un innamoramento, verso una delle zone più belle e turistiche degli Stati Uniti, molto europea, e con importanti potenzialità nella produzione di vini”. Grazie a Barboursville Vineyards - 500 ettari, di cui 90 a vigneto, coltivati con vitigni internazionali e varietà italiane come Nebbiolo, Vermentino e Barbera, con il raffinato ristorante italiano “Palladio” e lo storico cottage “the 1804 Inn”, meta ricercata per soggiorni da sogno tra le vigne - i vini dell’East Cost sono conosciuti ed apprezzati dalla critica internazionale, e la Virginia è tra le “best wine travel destination” del mondo.


La storia di famiglia, legata al vino fin dall’Ottocento e fatta di sette generazioni (Domenico, Francesco e Michele, figli del presidente Gianni Zonin, portano oggi avanti la tradizione), e dell’azienda, con radici a Gambellara, in Veneto, dove nel 1921 Domenico Zonin fondò la Casa Vinicola Zonin - oggi 2.000 ettari, condotti da un team di oltre 30 enologi e agronomi, su 9 Tenute in 7 Regioni italiane, oltre a Barboursville Vineyards - la racconta lo stesso Domenico Zonin: “la nostra storia è stata quella del vino italiano. 50 anni fa la Zonin non aveva vigneti, era un’azienda che commercializzava grandi quantità di vino, soprattutto bianchi, del territorio di Gambellara. Seguendo l’andamento del mercato si è poi evoluta verso un consumo sempre più di qualità, e poiché per migliorarla è necessario controllare la produzione fin dal vigneto, dagli anni Settanta abbiamo iniziato ad acquisire vigneti nelle zone più vocate d’Italia. Partendo dal Friuli, con Tenuta Ca’ Bolani, e dalla Toscana, con Castello d’Albola nel Chianti Classico e Abbazia Monte Oliveto a San Gimignano, poi in Piemonte con Castello del Poggio nell’astigiano, in Lombardia con Tenuta Il Bosco nell’Oltrepo’ Pavese, in Sicilia con Feudo Principi di Butera, in Puglia con la Masseria Altemura nel Salento, e di nuovo in Toscana con Rocca Montemassi in Maremma. Abbiamo la fortuna di avere collaboratori con grandi capacità che gestiscono le Tenute, come se fossero a casa loro, dando forte personalità ai nostri marchi”. E dando vita a vini come l’Acquileia Sauvignon e il Chianti Classico, l’Oltrenero e il Deliella, il Negroamaro e il Rocca di Montemassi, il Gambellara Classico Podere Il Giangio (lo storico vigneto di famiglia a Gambellara) ed il Prosecco Brut Cuvée 1821 (“una curiosità? - aggiunge Domenico Zonin - è proprio a Vinitaly, per la prima volta, che la nostra azienda ha proposto l’idea di creare una Doc Prosecco, poi portata avanti dall’allora Ministro delle Politiche Agricole Luca Zaia: era il 2008”), fino all’Octagon, il taglio bordolese all’americana, fiore all’occhiello di Barboursville Vineyards.

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