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VINO E LEGGE

Querelle “Montepulciano”, audizione informale alla Camera. Ma ognuno resta sulle sue posizioni

L’Abruzzo chiede l’esclusiva dell’utilizzo di Montepulciano e il sinonimo Cordisco nelle altre Regioni. Che, Marche in testa, ribadiscono il no
ABRUZZO, ALESSANDRO NICODEMI, ALESSIO DI MAJO, CONSORZIO VINI D’ABRUZZO, DI MAJO NORANTE, ISTITUTO MARCHIGIANO TUTELA VINI, MICHELE BERNETTI, MOLISE, MONTEPUCIANO, TERRITORIO, vino, VITIGNO, Italia
Un vigneto di Rosso Conero, dove il Montepulciano è vitigno dominante (85% minimo)

Ha vissuto un primo momento di confronto alla Camera dei Deputati, in Commissione Agricoltura, la querelle “Montepulciano”, con un’audizione informale che ha visto al tavolo i rappresentanti di Abruzzo, Marche, Molise e Puglia. Dove, sostanzialmente, non ci sono stati passi avanti, ma ognuno ha ribadito il suo pensiero, con l’Abruzzo che vorrebbe in esclusiva l’utilizzo di Montepulciano, e per gli altri il sinonimo Cordisco, recentemente reintrodotto nel registro delle varietà di vite con decreto del Ministero dell’Agricoltura.
Se il presidente del Consorzio Vini d’Abruzzo, Alessandro Nicodemi, ha sottolineato come in Italia, da 50 anni, esistano “denominazioni “di territorio”, come per esempio Barolo”, ampiamente tutelate, anche quelle di “vitigno”, come Montepulciano d’Abruzzo, devono avere pari dignità ed essere tutelate. Montepulciano d’Abruzzo è una denominazione in cui noi investiamo da anni, è la seconda denominazione rossista dopo il Chianti, un pilastro dell’enologia nazionale, e Montepulciano è ormai un marchio commerciale che fa gola a tanti”, ha detto Nicodemi, citando esempi di vini Montepulciano, ma non abruzzesi, pubblicizzati in diversi portali e-commerce. E, secondo Nicodemi, aprire l’utilizzo di Montepulciano “che oggi è blindato sotto il cappello di Abruzzo e di Toscana (dove il riferimento è alla denominazione di Montepulciano, terra del Vino Nobile) andremmo contro l’obiettivo del dm etichettatura, che è quello di informare meglio i consumatori, quando invece sarebbe più semplice fare confusione. Peraltro la questione Montepulciano la subiamo anche noi, in Abruzzo, dove per esempio non possiamo scrivere Montepulciano nell’etichetta del Cerasuolo d’Abruzzo, che per noi è il terzo vino, si parla di 15/18 milioni di bottiglie. Ora possiamo usare anche noi Cordisco, invece che uve a bacca rossa. E se è vero che oggi è un termine desueto, pian piano tornerà in circolo. Non vedo niente di sconvolgente nel consentire a tutti di usare Cordisco, ed ai soli produttori abruzzesi di utilizzare Montepulciano d’Abruzzo”.
Restano contrarie all’idea, però, le altre Regioni coinvolte, a partire, soprattutto, dalle Marche, dove il Montepulciano è pilastro ampelografico di vino come il Rosso Conero ed il Rosso Piceno. “Sarebbe scorretto se ogni territorio si riservasse un vitigno, impedendo agli altri produttori una comunicazione trasparente nei confronti dei consumatori. Lo è ancora di più per un vitigno come il Montepulciano - ha detto Michele Bernetti, presidente dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini (Imt) - che, in Italia, conta 35.000 ettari coltivati di cui 2.900 solo nelle Marche. L’impasse su un decreto che riforma in maniera importante diversi aspetti del nostro settore è evidente: serve uno sforzo di responsabilità da parte di tutti gli attori in gioco per trovare una linea comune, in grado di sbloccare con urgenza la situazione. Per questo - ha concluso Bernetti - esprimiamo la nostra disponibilità ai colleghi abruzzesi, ma anche a tutte le altre Regioni interessate, per lavorare assieme verso un percorso comune”. Per l’Assessore all’Agricoltura della Regione Marche, Andrea Maria Antonini, intervenuto in videoconferenza, “si paventa la possibilità che si possa sostituire Montepulciano con il sinonimo Cordisco, un’ipotesi che va contro il nostro interesse ma anche contro il principio di un decreto etichettatura fortemente orientato sulla trasparenza verso l’utente”.
Secondo Imt, in conclusione, l’ipotesi abruzzese di inserire in etichetta il sinonimo “Cordisco” (anziché Montepulciano) risulta penalizzante per le Dop Rosso Piceno e Rosso Conero - quest’ultima costituita prima di quelle abruzzesi - che hanno contenuti obbligatori di uva Montepulciano in percentuali prossime al 100%. Sulle stesse posizioni anche Alessio Di Majo, produttore con la Di Majo Norante e delegato per la Regione Molise in audizione, che ha ribadito come ad essere tutelato sia il territorio e non il vitigno, “che è patrimonio di tutti, non esiste che qualcuno si possa accaparrarne il nome, è una cosa che andrebbe contro tutte le norme europee e italiane”.
Insomma, un’audizione informale, quella guidata dal Presidente della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, Mirco Carloni (qui la registrazione integrale), che non ha fatto altro che confermare lo status quo, in un’impasse che rallenta l’iter di un decreto importante per tutto il sistema del vino italiano.

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