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Quotidiano Nazionale

La signora dello Zibibbo … A tu per tu con Josè Rallo, una delle signore del vino più note della Sicilia, amministratore delegato del gruppo marsalese Donnafugata col fratello Antonio. Famiglia, col padre Giacomo, tra i pionieri del rinascimento del vino siciliano negli ultimi trent’anni. L’abbiamo incontrata a Pantelleria durante Passitaly, la tre giorni dedicata al vino - simbolo dell’isola e al vitigno ad alberello, lo zibibbo (moscato d’Alessandria), celebrato dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Patrimonio prezioso - ancorché da valorizzare completamente - anche di quest’isola dura, rocciosa, vulcanica dove la vendemmia è eroica, faticosa (e costosa) come la sua agricoltura.

Donnafugata ha portato ii suo famoso Passito “Ben Ryé”ai vertici dei vini dolci nel mondo. Quindi lo zibibbo funziona?

“Siamo arrivati a Pantelleria nell’89 e siamo cresciuti fino a 70 ettari di zibibbo in 12 contrade
dell’isola. Quindi ci abbiamo creduto e continuiamo ad investire anche in innovazione. Abbiamo
ridotto le rese fin sotto i 40 quintali/ettaro, proteggiamo le vigne dal vento con canneti e dai conigli
con reti che scendono un metro sotto terra, abbiamo ripristinato 30 chilometri di terrazzamenti. Con la tecnologia del freddo abbiamo rivoluzionato lo stile del passito per conservare i profumi primari del moscato e non asciughiamo completamente le uve lasciando un po’ di succo per dare intensità ma anche freschezza”.

Il Ben Ryé è nato così?

“Sì, volevamo un vino dolce ma non stucchevole. Un bicchiere solare, luminoso, senza cenni di ossidazione, con grande freschezza nei profumi. Il mercato ci ha dato ragione. Investiamo anche in ricerca: in contrada Barone abbiamo campi sperimentali con 33 biotipi di moscato. Cloni spagnoli, francesi, greci per individuare quelli che possono valorizzare al meglio il potenziale viticolo dell’isola”.
Dalle storiche cantine di Marsala Donnafugata esporta in 60 paesi del mondo. Alla tenuta storica di Contessa Entellina si sono aggiunte nel tempo Pantelleria, l’Etna e Vittoria col Cerasuolo. E un buon momento per il vino siciliano...

“La Sicilia offre oggi tanti stili di vino, propone piacevolezza, complessità ed eleganza. Vini giovani, freschi, facili e anche grandi rossi autoctoni da invecchiare, nonché rossi giovani per il pesce. Una grande versatilità, questo il segreto. E anche la ricerca della sostenibilità, dell’innovazione, della valorizzazione delle risorse materiali e immateriali che ci vengono dalla cultura dei nostri territori”.

L’Etna oggi è forse il territorio più cool...

“Il vulcano è una potenza simbolica incredibile, non è un territorio da grandi volumi ma dalla fortissima vocazione identitaria. E il Nerello mascalese è uva dalle potenzialità infinite”.

Invece lo zibibbo, il vino del vulcano, quale futuro avrà?

“All’insegna della versatilità. Lo stiamo proponendo anche secco col nostro Lighea da oltre 10 anni. Ma ceno è solo il Passito che può ripagare i costi della viticoltura eroica sull’isola...”.

Ci vogliono 4 chili di uva fresca per ricavare 1 chilo di uva passa e quel chilo alla fine costa 10 euro. Poi lo sgrappolamento si fa tutto a mano. Il Passito costa soldi e fatica e le superfici a vigneto calano inesorabilmente...

“Per questo bisogna lavorare intensamente per far crescere i consumi e promuovere il vino e insieme l’isola grazie anche al riconoscimento dell’Unesco e al parco naturale che sta sorgendo. E un territorio unico che dà vini unici al mondo. Puntiamo sull’estero, Usa, Svizzera, la Cina dove adorano i vini dolci. Il Passito e la bellezza aspra dell’isola sono tutt’uno. Il vino c’è già. Adesso bisogna lavorare sulla crescita di un turismo colto e appassionato soprattutto dall’estero”.

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