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Quotidiano Nazionale

Calici di storia … Le più suggestive e ricche di fascino sono indubbiamente il Clos de Montmartre a Parigi, e la Vigna della Regina, sulla collina torinese. O il Liesenpfenning al Castello di Schoenbrunn, a Vienna, che si sono di recente perfino gemellate in un network di cui farà parte sicuramente anche la Vigna di San Venceslao, sotto il Castello di Praga. E chissà se ci sarà spazio anche per i filari custoditi nell’Hortus Conclusus del convento di San Domenico, a Siena. Antiche vigne urbane (quella di Parigi, ripiantata nel 1932 e quindi di per sé già ’stravecchia’, secondo i moderni criteri agronomici, risale al XVI secolo), capaci di produrre comunque vini: ecco la Freisa di Chieri a un tiro di schioppo dalla Mole, il Wiener Gemischter Satz sul Danubio, e magari l’ormai dimenticato gorgottesco dei domenicani senesi. “Il mondo del vino ha bisogno di nuove vie di narrazione, ed una delle più affascinanti è il recupero degli antichi vitigni”. E delle piante che ancora ne portano il germe: parole di Attilio Scienza, voce di grande autorità riconosciuta a livello internazionale nella viticoltura e nell’enologia. Voce ascoltata, se è vero che da nord a sud, lungo tutto il Vigneto Italia (ma non solo: Bodegas Torres, in Catalogna, ne va facendo uno dei progetti più seguiti) si moltiplicano gli esempi di ricerca e tutela delle vigne antiche. In qualche caso ripiantate, come accade da una ventina d’anni a Pompei, dove Pietro Mastroberardino - professore universitario ma anche presidente dell’omonima azienda di Atripalda - ha pensato di ripiantare cinque vigneti (in tutto un ettaro e mezzo) a uve antiche, con le tecniche di coltivazione in uso due millenni fa. Dal 2001, primo anno di raccolta, tutto questo è anche un’etichetta, Villa dei Misteri. E sempre in tema di location fascinose, come non ricordare la piccola vigna di Venissa, sull’isola veneziana di Mazzorbo, dove la famiglia Bisol (quella del Prosecco) ha ridato fiato a una vigna di Dorona, antica varietà di uva bianca di cui s’erano perse le tracce. Ma gli esempi, come detto, si moltiplicano. La scienza e la produzione, per creare piante sempre più forti e soprattutto più identitarie - è la tendenza più recente, anche sui principali mercati hanno bisogno di certezze profonde. E sono spesso le piante più vecchie a darle, a garantire profili genetici e fitosanitari più stabili, forti, evidenti: così, in tempi di reimpianti intensivi di nuove generazioni, in mezzo ai vigneti si conservano e si valorizzano anche - appezza - menti con esemplari più longevi. Una scelta che conosce bene Lamberto Frescobaldi, presidente della omonima maison toscana: al Castello di Nipozzano, cuore dei domini nel Chianti Rufina, ha lanciato il progetto Vecchie Viti, un cm di rosso ricavato proprio da piante che hanno più di mezzo secolo. E non è il solo, la zoomata lungo l’Italia si arricchisce di nomi, di facce, di progetti. Di racconti, anche con qualche aneddoto curioso. Leonardo Beconcini, vigneron a San Miniato, Valdarno Inferiore, si è imbattuto, in mezzo alle vigne, in circa 200 piante dall’aspetto longevo e dal frutto non riconoscibile, non riconducibile alle specie più note in Toscana. Attenti studi hanno stabilito che si trattava di tempranillo, arrivato qualche secolo fa lungo i tracciati della via Francigena, che passava lì vicino, e messo nel campo con la tecnica più diffusa al tempo, cioè la semina. E Léon Femfert, alla fattoria Nittardi di Castellina in Chianti (fu casa di Michelangelo Buonarroti) ha riscoperto, disboscato e rimesso a produrre una vigna piantata forse negli anni Quaranta da Virgilio, un vecchio contadino che ci volle piantare varietà autoctone come il pugnitello e il fogliatonda: oggi è un ottimo rosso, si chiama Belcanto e ha già conosciuto l’onore dei tre bicchieri del Gambero Rosso. E ancora. In Puglia, a Manduria, Lisa Gilbee, enologa australiana, dal 2001 lavora su biotipi di Primitivo, antiche vigne ad alberello. A Castelnuovo Magra, tra Liguria e Toscana, Roberto Petacchi lavora alla valorizzazione di viti antiche, come fa Jonatan Fendoni in Valtellina, o Alex Berlinghieri in Valcamonica, o il coreano d’Italia Chul Kyu Peloso che in Val d’Aosta ha fatto ripartire una vite di Petit Rouge con trecento primavere nel tronco, mentre un vigneto di 110 anni produce ancora in Oltrepò Pavese, dai fratelli Agnes a Rovescala. Sì, la vigna è ancora un paese per vecchi.

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