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Quotidiano Nazionale

Rinasce la Spergola … “Champagnino”. Così veniva affettuosamente chiamato il vino bianco prodotto dalle uve del territorio di Scandiano. Lo chiamavano così gli abitanti della città del Boiardo che scrisse l’Orlando Innamorato, oggi capoluogo del distretto ceramico, adagiato sulle colline in provincia di Reggio Emilia. Lo Champagne dei poveri, ironizzavano. Tanto che dalla stazione ferroviaria partivano i cargo con le cassette piene d’uva, direzione nord Italia dove “il bianco dei colli di Scandiano” veniva usato come base per gli spumanti più famosi. Invece c’era un tesoro nelle radici. Nella loro terra. Quella vera, intrisa di fatica e sudore degli agricoltori, di chi vendemmia a mano, di chi trasforma in nettare di Bacco quei chicchi tanto dolci. Non aveva quasi neppure un nome. Ora è la Spergola. E proprio oggi pomeriggio ne viene celebrata la riscoperta, a Roma, dove il viceministro dell’agricoltura Andrea Olivero e la senatrice Leana Pignedoli riceveranno produttori e cantine. Una storia che s’intreccia nella Storia. Quella con la “s” maiuscola che da queste pani significa Matilde di Canossa. Le bollicine della Spergola riempirono i calici della pace fra l’imperatore Enrico IV e Papa Gregorio VII, 940 anni fa, nel castello della contessa più famosa d’Italia. Da allora quel vino - a parte alcuni documenti d’epoca cinquecentesca (ne parlò la Granduchessa di Toscana Bianca Capello) e ottocentesca (nelle memorie del botanico Filippo Re) - era quasi scomparso. O meglio, confuso. Si pensava appartenesse al Sauvignon blanc, ma il gusto inconfondibile lasciava diversi dubbi. “Sono stati trovati undici biotipi nel ricostruire la morfologia. Vuol dire che da tempo è radicata qui - spiega l’enologo Alberto Grasselli, uno dei maggiori esperti del vigneto -. Grappoli, foglie, profumo e acidità sono diversi dal Sauvignon”. Dubbi fugati definitivamente dalle ricerche. Le professoresse dell’Università di Bologna, Ilaria Filippetti e Marisa Fontana sono risalite al Dna dell’uva, confermando pure l’etimo della Spergola, chiamata così perché si presenta con un grappolo “spargolo”, con chicchi radi. Un vitigno autoctono delle zone collinari reggiane, fra il fiume Secchia e il torrente Enza, dalle terre del Boiardo a quelle di Matilde, con caratteristiche uniche: nessuno al mondo come la Spergola resiste alla siccità. Da dimenticato a protagonista. Un sogno per Giorgio Monzali - oggi presidente della Compagnia della Spergola (nata nel 2011) la quale raggruppa quasi tutte le cantine che la producono, con l’obiettivo di valorizzarla - che porta avanti il podere di sette ettari in cui nacque il padre appassionato viticoltore. “Dobbiamo puntare sulla qualità - dice -. Ecco perché le cantine hanno capito che devono fare squadra”. Lo stesso Comune di Scandiano, specie l’assessore e vicesindaco Matteo Nasciuti, ci ha puntato molto, dando il nome Spergola (anche per tutelarsi dalle imitazioni), con tanto di cartello stradale, persino a una zona di coltivazione. Cento ettari per 15mila quintali di produzione. Sono i numeri della Spergola che si declina in diverse tipologie, dalla specialità che è lo spumante, dal metodo classico a quello Martinotti - Charmat, fino al passito che poco ha da invidiare a quelli siciliani. Ma anche al regale spumante francese con cui la Spergola ha diverse affinità: proprio come nello Champagne, il terreno è ricco di minerali e gesso. Quest’ultimo funge da effetto drenante e stimola il processo di spumantizzazione naturale. Altro che “champagnino”...

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