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Rapporto Coop 2014 “Consumi & distribuzione”: momento duro, resistono solo cibo (ma nelle declinazioni bio, etnico e salutistico) e tecnologia. -4,4% le vendite di vino nell’ultimo anno. Più attenzione allo spreco, al risparmio alla condivisione

Che i consumi siano in calo è un trend consolidato. Dal 2007 a oggi gli italiani hanno perso 2.700 euro a testa di reddito disponibile. Non stupisce, visto che nello stesso arco di tempo si sono volatilizzati circa 15 punti di Pil, ovvero 230 miliardi di euro. La novità del 2014, come emerge dal Rapporto Coop 2014 “Consumi & distribuzione” (http://goo.gl/wBwbWG), non è tanto che nel primo semestre c’è stata un’inversione di tendenza con una lieve ripresa, quanto il fatto che i consumi e gli stili di vita stanno cambiando. Se il 2014 doveva essere l’anno di un nuovo inizio, cioè della ripresa economica che non è arrivata, l’analisi fatta dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop, con la collaborazione scientifica di Ref. Ricerche e il supporto d’analisi di Nielsen, mostra che un inizio - anche se di un altro tipo - c’è.
La nuova frontiera dei consumi degli italiani è la condivisione. Sono tornati in auge concetti un tempo impopolari, perché anticamera della povertà, come il noleggio o l’uso al posto del possesso. L’automobile non è più un mito e infatti irrompe il car sharing. In questo gli italiani dimostrano di saper interpretare con atteggiamenti più innovativi degli altri europei lo spirito del tempo: solo il 44% dei nostri connazionali infatti non dichiara disponibilità alla condivisione, mentre dicono no il 54% dei tedeschi e il 71% di inglesi e francesi. I consumi sono generalmente al palo, ma a voler stilare una classifica, sul podio svetta il binomio cucina-tecnologia. Nel mare di segni meno, i soli comparti che non decrescono sono il cibo e gli smartphone.
Nonostante il regresso della spesa negli ultimi 13 trimestri, l’alimentare riveste ancora il capitolo maggiore per gli italiani, che destinano il 18% del proprio budget, quasi il 4% in più della media europea: più pane e pasta, più carne (anche se meno di Francia e Spagna) e più pesce (ma meno di Spagna e Portogallo).
Ma anche meno vino: -4,4% nell’ultimo anno. Le voci in crescita nel settore riguardano soprattutto le varianti salutistica, etica, etnica e vegana. In particolare, quello della rinuncia alimentare a fronte della ricerca della salute e della qualità sembra un vero e proprio trend: il 7,1% degli italiani si dichiara vegetariano o vegano, l’attenzione alla digeribilità dei cibi, al netto delle vere e proprie intolleranze, genera un +18% del fatturato della Gdo per prodotti speciali come i senza glutine o gli alternativi al grano.
“C’è un ritorno alla centralità del cibo, che è in cima agli interessi, anche se si spende meno - ha detto il responsabile dello studio Albino Russo - i suggerimenti dei siti specializzati guidano le scelte degli italiani”. Il fenomeno riguarda soprattutto la cucina in casa, mentre, dovendo scegliere, si tendono a tagliare i pasti al ristorante.
È boom anche della tecnologia mobile e per l’e-commerce, cresciuto del 20,4% solo nell’ultimo anno, con punte che superano il 40% per abbigliamento e calzature. Le previsioni sono di un raddoppio delle vendite on line nei prossimi quattro anni, sottraendo terreno ai negozi fisici, a supermercati e a discount. “Il ruolo delle grandi centrali di distribuzione in Italia è esaurito - ha affermato il neo presidente di Coop Italia Marco Pedroni - per la prima volta nella sua storia la grande distribuzione alimentare ha fatto segnare la prima riduzione dell’area di vendita pari a un -0,2% e subirà nel 2014 una riduzione più ampia”. Internet è la nuova piazza della spesa che sottrae terreno ai negozi fisici, compresi supermercati e discount. Bel il 52% dei giovani sotto i 24 anni preferisce acquistare online.
Il Rapporto fotografa anche un’Italia divisa in due, con il Sud in maggiore difficoltà. E il futuro? “Credo che nel 2015 ci possa essere una piccola ripresa dei consumi, se i provvedimenti annunciati dal Governo saranno coerenti e se non ci saranno choc di tipo economico, ma le famiglie non torneranno ai consumi pre-crisi”, ha detto Marco Pedroni.
Fausta Chiesa

Focus - Il Rapporto Coop 2014 “Consumi & Distribuzione”
Il 2014 doveva essere l’anno del nuovo inizio. Di sicuro è l’anno in cui ci si è fermati sull’orlo del baratro, alle prese con equilibri sempre più difficili. Dal 2007 a oggi si sono volatilizzati circa 15 punti di Pil ovvero 230 miliardi di euro. E ciascun italiano ha visto ridursi, nello stesso periodo, di 2.700 euro a testa il reddito disponibile. L’aria che tira non può dirsi buona (il 77% degli italiani sul 43% della media europea, dà un giudizio pessimo sulla qualità della vita nel proprio Paese e se si chiede un giudizio sullo stato dell’economia la percentuale dei negativi raggiunge il tetto del 91%), la fiducia dopo un timido rialzo sembra di nuovo volgere al peggio.
Gli italiani continuano, però, a mostrare insospettabili capacità di resilienza. Assorbono gli urti provocati dalla recessione e rivoluzionano il proprio stile di vita trasformando le cicatrici della crisi in nuovi o antichi valori. E’ come se per non toccare il fondo avessero rimesso un ordine nella propria zavorra delle priorità partendo dal presupposto che la floridità di un tempo è solo un ricordo.
In primo luogo, dopo anni di calo, hanno ripreso a risparmiare (1,7% la maggiore quota di reddito risparmiato nell’ultimo biennio) e il 41% degli italiani dichiara di destinare al risparmio il denaro disponibile dopo aver soddisfatto bisogni essenziali. Fra gli obiettivi del risparmio spiccano temi classici, quasi ancestrali della società italiana: il futuro dei figli (sempre di meno ma sempre più preziosi) e le esigenze legate alla casa di proprietà. Alla casa gli italiani destinano il 40% del proprio budget mensile tra mutuo, affitti, utenze; magari non si compra perché la crisi morde, malgrado l’abbassamento dei prezzi (-54% le compravendite residenziali tra il 2006 e il 2013) ma si ristruttura, tanto che questa voce di spesa nel periodo 2010-2013 è raddoppiata e nel 2014 potrà toccare i 33 miliardi di euro (incremento di 5,5 miliardi dal 2013).
Frugalità e condivisione sembrano essere le parole vincenti. Meno spostamenti, meno vestiti, meno svaghi e divertimenti, ma anche meno tabacco, alcool e gioco e la condivisione come scelta di vita che riporta in auge concetti un tempo impopolari, perché anticamera della povertà, come “il noleggio” o “l’uso” al posto del possesso. In questo dimostrando di saper interpretare con atteggiamenti più innovativi degli altri europei lo spirito del tempo: solo il 44% dei nostri connazionali infatti non dichiara disponibilità alla condivisione, mentre dicono no il 54% dei tedeschi e il 71% di inglesi e francesi. E comunque tra gli italiani che usano Internet, oltre il 50% ha già provato o si dichiara pronto a sperimentare questa nuova modalità di consumo.
La vittima più illustre della sharing economy è l’automobile, un mito appannato. Malgrado un parco auto tra i più vecchi d’Europa infatti la demotorizzazione continua a fare proseliti: -1,4 % gli acquisti da parte delle famiglie nel primo semestre 2014 e le immatricolazioni ai minimi storici. Per non parlare dell’abbigliamento (nel 2013 ancora un -6,7% che si cumula a cadute già osservate negli anni precedenti).
Virtuosi e tenaci da un lato, dunque, gli italiani di oggi (e dell’imminente domani) ma anche rinunciatari. È l’altra faccia della medaglia, l’Italia che dice no: quelli che non votano (sono il 43% alle ultime elezioni), dichiarano di non avere fiducia nelle istituzioni (71%), non sono contenti della propria situazione economica (70%), non partecipano a attività sociali/volontariato (lo fa solo il 22,5%), non si curano (3 italiani su 10), non studiano e non lavorano (il 24% dei giovani). Qui cova il vero disagio che sconfina nella depressione, tanto più tangibile al Sud dove il tasso di disoccupazione nel primo trimestre dell’anno ha superato i 21 punti percentuali, mentre il 25% dei residenti nel Mezzogiorno non può permettersi un pasto proteico una volta ogni 2 giorni (prima della crisi erano circa la metà, il 13%).
E qui alligna anche l’economia sommersa, il lato dark dei consumi, le attività illegali che secondo le nuove metodologie stabilite dall’Ue dovranno rientrare nel calcolo del Pil già a partire da quest’anno. Una fetta non di poco conto se valutata in chiave prettamente economica pari a 420 miliardi di euro, il 27,4% del Pil, che potrebbe fruttare se riportata in chiaro fino a 130 miliardi di maggiori entrate per lo Stato. Ma anche un sensore di uno stato di difficoltà: il 5% della popolazione dichiara di aver fatto uso di droghe nell’ultimo anno. E sono 9 milioni i clienti delle prostitute.
Food e digital mania. Consumi generalmente al palo ma a voler stilare una classifica svetta sul podio il binomio cucina-tecnologia: food maniaci da un lato e maniaci digital dall’altro. Sono questi i soli comparti che non decrescono in un mare di segni meno. Il cibo è in testa ai nuovi interessi degli italiani (ma solo nelle sue varianti salutistico, etico, etnico, finanche vegano) ed è l’argomento preferito di discussione: sul cibo non si litiga. E d’altronde il made in Italy è sempre più alimentare. All’acquisto di alimenti e bevande gli italiani destinano oltre il 18% della spesa per consumi, quasi il 4% in più della media europea: più pane e pasta, più carne (anche se meno di Francia e Spagna) e più pesce (ma meno di Spagna e Portogallo). Fatta salva comunque una contrazione della spesa alimentare che dura da 13 trimestri consecutivi, gli italiani amano il cibo, ne sono ambasciatori e magari selezionano i prodotti ma mantengono alta l’attenzione sulla qualità.
Oltre al bio-boom (il giro d’affari solo nella gdo nel 2014 supererà i 700 milioni di euro), è come se le rinunce alimentari fossero diventate trend: il 7,1% degli italiani si dichiara vegetariano o vegano, l’attenzione alla digeribilità dei cibi, al netto delle vere e proprie intolleranze, genera un +18% del fatturato della gdo per prodotti speciali come i senza glutine o gli alternativi al grano.
Nella top ten dei prodotti più venduti nel 2014 rispetto al 2013 occupano il primo posto infatti i prodotti senza glutine (la variazione è del 32,1%) e al terzo campeggiano le bevande alla soia (20,1%). Se poi si osservano i carrelli della spesa (raggruppamenti di prodotti con caratteristiche funzionali omogenee), ci si accorge che gli italiani amano sempre più mangiare etnico (+10% solo nell’ultimo anno), ritornano ai piatti pronti dopo un biennio di rallentamento (+3,2%), il lusso non demorde evidentemente grazie a alcune fasce sociali (+2,1%), mentre rimangono al palo sia il carrello “Lcc” (largo consumo confezionato ovvero beni alimentari e altri beni di uso comune di largo e generale consumo) che quello basic.
Un occhio al portafoglio e uno alla coscienza. 2 italiani su 3 conoscono e apprezzano i prodotti etici; i nuovi responsabili degli acquisti delle famiglie italiane si dimostrano anche rispetto ai colleghi europei molto più attenti agli obiettivi di trasparenza lungo l’intera catena produttiva tanto che per il 33% degli italiani, il doppio rispetto alla media europea, l’origine è più importante del prezzo e della marca nella scelta dei prodotti alimentari. È però altrettanto vero che 4 su 10 non possono permettersi di acquistare prodotti etici in virtù del prezzo giudicato troppo elevato (38%) o perché poco facilmente reperibili (37%).
Tanto innamorati del cibo quanto della tecnologia specie se mobile. È mobile il dispositivo con il quale gli italiani si collegano a internet: 60 milioni i device mobili connessi in Italia, di cui 12,3 milioni i nuovi acquisti nel 2013 e il 46% degli italiani utilizza internet in mobilità per una media di 2 ore al giorno. Con questi dispositivi si fa tutto ed è come se lo smarthpone grazie alla sua versatilità avesse inghiottito molti comparti tradizionali di consumo, non a caso in calo: con lo smarthphone si controlla la posta e si va su facebook, si naviga su internet ma anche sulla strada, si ascolta musica, si condividono video e foto, si chatta con gli amici, si vedono tv e film, ci si aggiorna sulle notizie, ci si diverte e si fa anche la spesa. 4 milioni sono i possessori che dichiarano di averlo utilizzato per fare acquisti negli ultimi tre mesi. Del resto, gli italiani che stanno in totale 4 ore e 40 minuti al giorno agganciati alla rete qualcosa devono pure fare e l’e-commerce che è cresciuto del 20,4% solo nell’ultimo anno, con punte che superano il 40% per abbigliamento e calzature, è una soluzione che mette d’accordo sempre più italiani. Le previsioni parlano di un raddoppio delle vendite on line nei prossimi quattro anni; un dinamismo che impressiona se paragonato alla staticità degli acquisti “reali”. È Internet la nuova piazza della spesa che sottrae terreno ai negozi fisici, anche ai supermercati e ai discount.
Industria & Distribuzione. Il calo della spesa degli italiani ha avuto ripercussioni importanti sia sul commercio al dettaglio che sulla grande distribuzione determinando in entrambi i cambiamenti delle rispettive reti di vendita. Per la prima volta nella sua storia la grande distribuzione alimentare ha fatto segnare la prima riduzione dell’area di vendita pari a un -0,2% e subirà nel 2014 una riduzione più ampia. In crescita solo discount (un sesto degli acquisti degli italiani passa da qui) e superstore dove permangono comunque negativi i dati di vendita anche nel primo semestre dell’anno. A parità di rete persino i discount mostrano primi segnali di difficoltà.
Confrontandosi a livello europeo se dal punto di vista dei metri quadri rapportati alla popolazione oramai l’Italia ha raggiunto livelli di sviluppo non dissimili da quelli europei, dal punto di vista della reazione alla crisi è quella dove assieme alla Spagna la grande distribuzione ha sofferto maggiormente e dove si registrano le performance peggiori. Anzi, l’Italia si è caratterizzata per l’assoluta stasi dei volumi (0,3% in un quinquennio) e la più bassa variazione dei prezzi (3% dal 2008 al 2013) eccezion fatta per la Spagna. Ma osservando dal di dentro la filiera alimentare ci si accorge che non tutti soffrono allo stesso modo e se nel nostro Paese i prezzi al consumo sono cresciuti molto meno della media europea, l’industria alimentare ha fatto segnare un incremento superiore alla media europea e il differenziale tra prezzi dell’industria e prezzi al dettaglio è pari a circa 6 punti percentuali. Il dato più elevato in Europa, secondo solo alla Spagna.
Le previsioni e la proposta di Coop. “A dispetto anche degli ultimi inquietanti dati estivi sui consumi, crediamo che non sia corretto immaginare una recessione senza fine - sostiene Marco Pedroni, Presidente di Coop Italia. Pensiamo invece che il 2015 possa essere l’anno dell’inversione di questo trend molto negativo, a patto che si operi per il sostegno alla domanda interna con provvedimenti a favore delle classi più deboli, con investimenti strutturali di ammodernamento del Paese, con politiche di riattivazione del credito alle imprese. È decisiva nel medio periodo la ripresa di una politica di riforme, a partire dalle liberalizzazioni e dai provvedimenti antimonopolistici che generino ricadute positive sul potere di acquisto delle famiglie (farmaci, energia, servizi finanziari). Il rapporto Ancc-Coop evidenzia infine come il problema prioritario del nostro Paese sia lo spread generazionale. Negli ultimi 10 anni i redditi delle le coppie con meno di 35 anni sono calati del 17%, quelli degli ultra 65enni sono cresciuti del 41%. Nessuna sorpresa quindi se il 2014 sia stato l’anno con il minor numero di nascite in Italia. Ma senza figli non c’è ripresa delle aspettative, non c’è incremento dei consumi, non c’è futuro. Nel “programma dei mille giorni” è fondamentale rimettere al centro una nuova politica di sostegno alle nuove famiglie e alla natalità: è questo lo shock di cui avremmo bisogno.
Il settore distributivo è sottoposto ad una forte pressione, derivante dalla riduzione dei consumi e dall’accresciuta concorrenza. In Italia il settore mostra ancora una bassa concentrazione rispetto ai principali Paesi europei; sarà inevitabile una maggiore concentrazione nei prossimi anni, con crescita dell’efficienza e della dimensione media dei principali operatori.
Noi, che siamo il primo distributore italiano di beni di largo consumo, crediamo che la risposta principale, ancor prima che nella crescita quantitativa, sia nella crescita qualitativa, innovando profondamente il modo di fare impresa. Lavoriamo a importanti cambiamenti spostando valore dalle promozioni allo scaffale e introducendo in modo massiccio una modalità promozionale che lascia al consumatore la possibilità di scegliere senza imposizioni (il meccanismo dello “scegli tu”); semplificando i rapporti con l’industria e le condizioni contrattuali e allineandole a quelle europee; progettando una forte evoluzione del prodotto a marchio con l’obiettivo di superare rapidamente la quota del 30%. È una strategia con al centro la convenienza, che è un dovere primario di Coop, ma sempre associata a sicurezza e qualità per i consumatori; famiglie che spendono meno grazie alla nostra azione. Per Coop il 2014 è un anno di preparazione e in parte di anticipazione di questa importante svolta che crediamo farà bene non solo a noi ma all’intero settore”.

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