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Rapporto Marca 2018: sul mercato del largo consumo confezionato del Belpaese, la private label fa registrare nel 2017 un aumento delle vendite sia a volume (+1,7%) che a valore (+2,7%), per una quota di mercato del 18,5%. Corre la fascia alta

In un mercato come quello del largo consumo confezionato, che è tornato a crescere, la marca del distributore (private label) nei supermercati italiani fa registrare nel 2017 un aumento delle vendite sia a volume (+1,7%) che a valore (+2,7%), per una quota di mercato del 18,5%, con il Sud del Paese un passo indietro, al 13,1%. Come rivela il Rapporto Marca 2018 dell’Osservatorio Marca, presentato al Marca di Bologna, il salone internazionale dei prodotti a marca del distributore (www.marca.bolognafiere.it), la private label cresce a valore soprattutto nel segmento di fascia elevata, trainato dalle tipologie premium (+17,9%), bio-eco (+10,5%) e funzionale (+10,2%), con un leggero riposizionamento di prezzo verso l’alto: fatto 100 il mercato, l’indice di prezzo dei prodotti a marchio è pari a 88,6 (+0,5).

Un altro aspetto da sottolineare, è la frenata dello strumento promozionale, in calo sia negli ipermercati (-0,4%) che nei supermercati (-0,5%), nei punti vendita di prossimità (-0,6%) e nei discount (-0,8%). La performance migliore è per i discount, dove la quota della private label supera ormai il 57% (il 61,3% al Sud), in crescita del 3,1% sul 2016, mentre fanno fatica gli ipermercati, dove la quota è inalterata (15,6%), ma le vendite perdono a valore lo 0,9%. Ad aumentare dappertutto, invece, è la varietà dell’offerta: negli ultimi 3 anni il numero di prodotti a marchio del distributore sullo scaffale è cresciuto del 5,5% nell’ipermercato (2.193 referenze), del 10% nel supermercato (1.473), del 7,8% nei punti vendita di prossimità (814) e del 9,5% nei discount (1.333).

Focus - Le determinanti alla base dell’innovazione della marca del distributore nelle insegne operanti nel mercato italiano
Le insegne che hanno fatto registrare i maggiori incrementi in termini di quota della private label, come racconta il Rapporto, sono quelle che si sono poste nella prospettiva di rispondere per prime ai nuovi “bisogni e voleri” della domanda, attraverso una profonda rivisitazione dei prodotti offerti per singola tipologia di bisogno. Inoltre, l’orientamento all’innovazione dell’assortimento è una vera e propria sfida della private label moderna, che dalla sua ha la possibilità di comprendere meglio di altri soggetti i mutamenti nel comportamento di consumo e di acquisto, può leggere tali fenomeni nei diversi micro territori ed è in grado di interpretare le “esigenze trasversali” dei clienti tra categorie e segmenti. Perseguire strategie passive, legate unicamente a obiettivi perseguiti da altri (imprese industriali, in primo luogo) significherebbe, del resto, abdicare al proprio ruolo di driver strategico e si traduce nella prospettica perdita della leadership nella relazione con il cliente.
Del resto, l’innovazione si pianifica, si ricerca, si facilita: le insegne “best in class” hanno nel corso degli ultimi anni modificato profondamente i processi interni, riconoscendo risorse a quelli che creano valore per la domanda finale. I modelli macro strutturali possono differire, i job title possono non essere allineati, i meccanismi operativi essere diversamente disegnati, ma ciò che realmente conta è la realizzazione di azioni di miglioramento continuo per la domanda finale (tangibili e misurabili). Le fonti possono essere diverse cosi’ come le modalità di raccolta e di elaborazione, ma un’insegna che intende innovare in termini assortimentali deve prendere decisioni consapevoli sulla
scorta di informazioni a disposizione. pertanto le insegne best in class hanno costruito un sistema di alimentazione delle informazioni più rilevanti, anche sulla scorta di fonti esterne di diversa natura (concorrenti, partner, società di ricerche di mercato, copacker).
La centralità delle risorse umane e la sfida del capitale umano diventerà sempre più rilevante nei prossimi anni. Ciò riguarderà non solo le posizioni di vertice, ma anche i ruoli intermedi, responsabili dei singoli processi di natura commerciale. la fidelizzazione “dei manager migliori” diventerà uno dei principali fattori critici di successo e potrà essere realizzato solo attraverso l’adozione di strategie di lungo termine, dove la creazione di valore è il risultato di uno sforzo continuativo verso il miglioramento. Le insegne che hanno incrementato maggiormente la quota negli ultimi anni sono quelle che hanno saputo comunicare gli elementi identitari e distintivi al proprio cliente finale. hanno poi innovato sul versante degli strumenti di relazione (la tecnologia appare prospetticamente sempre più rilevante) attivando un rapporto continuativo con una parte sensibile della domanda. Inoltre, la marca del distributore assicura al cliente, oltre alla convenienza, altri benefici sempre più richiesti (qualità, varietà, sostenibilità, sicurezza, servizio). Le insegne best in class sono quelle che riescono a trasferire in modo costante l’innovazione a punto vendita. Ovvero, implementano a livello di rete le politiche realizzate centralmente, in modo completo e puntuale, con il concorso attivo del personale di contatto. Le innovazioni non possono avere successo se non sono adeguatamente qualificate e comunicate dove il cliente effettua la scelta. l’innovazione tecnologica e digitale deve essere utilizzata in modo da favorire il fabbisogno informativo crescente del cliente con modalità e strumentazioni nuove.

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