Aumentare la disponibilità di alternative analcoliche nei luoghi di ritrovo, prevedere restrizioni pubblicitarie ed etichette di avvertenze nutrizionali e sanitarie. E, poi, promuovere mesi “senza alcol”, campagne informative mirate, aumentare la tassazione e introdurre prezzi unitari minimi con restrizioni su orari e giorni di vendita di alcolici, rispettare l’età minima legale per l’acquisto ed emettere sanzioni per guida in stato di ebbrezza. Sono le raccomandazioni dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), pubblicate, il 21 novembre scorso, nel rapporto “Affrontare l’impatto del cancro sulla salute, l’economia e la società” nella sezione relativa al consumo dannoso di alcol.
Un tema, quello “alcol e salute”, ormai sempre più centrale nel dibattito e protagonista di molte campagne restrittive: è un esempio quello dell’India, il Paese più popolato al mondo, che dopo aver già vietato la pubblicità diretta degli alcolici sarebbe pronta a introdurre una legislazione per dichiarare illegali anche gli spot pubblicitari surrogati e la sponsorizzazione di eventi. In Italia è stata Federvini a porre l’accento contro il consumo smodato di alcol con un focus sul “binge drinking” (pratica diffusasi negli Stati Uniti che vede le persone bere in maniera eccessiva solo per il gusto di ubriacarsi, ndr), prevedendo un piano di sensibilizzazione volto a prevenire l’abuso di bevande alcoliche da parte dei giovani promosso in collaborazione con le università italiane. Ma c’è anche il caso del magazine americano “The New York Times”, che, a cadenza quasi regolare, sulle sue colonne alterna articoli contro il consumo di alcol, parlando anche di vino, con editoriali, invece, in sua difesa, parlando - a seconda dell’autore del pezzo - di rischi e cattive abitudini o del romanticismo e della parte culturale legata al settore enoico.
In generale, comunque, è la stessa Ocse ad osservare come sia il tabacco a confermarsi l’area di intervento politico “più importante per la prevenzione del cancro, rappresentando il 40-60% dell’impatto totale dell’azione sui fattori di rischio”. Altresì, spiega però, che “è fondamentale che i decisori integrino le politiche di controllo del tabacco con strategie che mirino efficacemente a un insieme più ampio di fattori di rischio, tra cui l’uso dannoso di alcol, la dieta, l’inquinamento atmosferico, il sovrappeso e l’inattività fisica”. A livello globale infatti il tabacco viene definito “di gran lunga” il fattore di rischio più importante per il tumore, “responsabile del 27% dei decessi per cancro nell’Ocse e nell’Ue”. I rischi professionali, la dieta, l’elevata glicemia a digiuno, l’elevato indice di massa corporea (Bmi) e il consumo di alcol sono tutti responsabili di circa “il 5-6% dei decessi per cancro”. Per quanto riguarda proprio l’alcol, questo viene collegato a sette tipi diversi di tumore, e “contrariamente al fumo di tabacco, il consumo pro capite medio nell’Ocse di alcol è cambiato poco nell’ultimo decennio”, passando dagli 8,9 litri nel 2011 agli 8,6 nel 2021 (dai 10,5 ai 10,1 nell’Ue) e in circa il 40% dei Paesi il consumo è aumentato. Tra le osservazioni riguardanti l’Italia l’Organizzazione stima che l’azione contro il consumo dannoso di alcol eviterebbe l’11% delle morti premature per incidente stradale e l’11% dei decessi per omicidio. Permetterebbe un risparmio sulla spesa sanitaria nazionale in cure per il cancro di 396,1 milioni di euro, ovvero il 3% della spesa sanitaria totale dovuta ai tumori. E che, ogni anno, in seguito al consumo di alcol, vengono prevenuti in Italia 5.723 casi di cancro (2% del totale dei casi all’anno) e vengono salvate 764 persone da morte prematura (l’1,8% del totale dei decessi all’anno).
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