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Repubblica / Affari & Finanza

Cereali, carne, frutta: tutto è “rinnovabile” … Non solo eolico e solare: la ricerca, anche se estrema, di nuove fonti si spinge sempre più avanti, soprattutto in agricoltura. Si sperimentano così alternative da ogni tipologia di prodotto, compresi ortaggi, olio d’oliva e vino. E il biogas in Lombardia è già una realtà … Cereali, carne bovina o suina, ortaggi, frutta fresca e secca, olio d’oliva, acqua, vino e molto movimento. Non è la ricetta per una vita sana ma la lista, apparentemente stravagante, delle infinite fonti rinnovabili che si stanno sperimentando per cercare di placare l’insaziabile fame di energia della nostra società. In alcuni casi si tratta di tecnologie ormai consolidate, per quanto spesso ancora poco conosciute, già in grado di dare un apprezzabile contributo. A questa categoria appartengono i cereali e la carne. Piccole centrali fino a un MW alimentate con il biogas ottenuto dagli scarti delle produzioni agricole o dai liquami degli allevamenti bovini e suini fanno infatti ormai parte del normale panorama della Pianura Padana. Il sistema di produzione più collaudato è quello della digestione anaerobica: il letame degli animali oppure gli scarti delle lavorazioni alimentari vengono stoccati in silos a tenuta ermetica e “concimati” con dei batteri che nel giro di alcune settimane “digeriscono” i rifiuti trasformandoli in metano. Si tratta di un metodo dalle grande potenzialità, anche perché contribuisce non solo all’aumento della produzione energetica da fonti rinnovabili, ma allo stesso tempo riduce drasticamente i costi e i problemi legati allo smaltimento delle deiezioni animali. Paese all’avanguardia in questo campo è la Svezia, dove circa metà del metano utilizzato è biogas e da qualche anno è in funzione anche una linea ferroviaria (la Linnkoeping-Vaestervik, 80km circa) servita da locomotive alimentate con una miscela ottenuta dagli scarti di macelleria.
Piuttosto diffusa è anche la produzione di elettricità e calore attraverso la combustione di sottoprodotti dell’industria conserviera e olearia. Sansa di oliva, noccioli di pesca, gusci di mandorla o nocciola: proprio come avviene su scala domestica con alcune stufe, praticamente ogni tipo di avanzo può essere bruciato per ottenere energia. Anche in questo caso si tratta di un’opportunità per integrare i redditi delle aziende agricole e per ridurre i costi energetici e di smaltimento dei rifiuti che sempre più imprese stanno adottando, soprattutto nel settore vinicolo con piccoli impianti per la combustione di vinacce e potature legnose. Decisamente più sperimentali ed “eccentriche” sono invece le soluzioni energetiche legate al movimento umano e all’osmosi tra acqua dolce e acqua salata. Per il momento si tratta di piccoli casi pilota, la cui affidabilità su larga scala è ancora tutta da verificare. Poco più di una curiosità sembra ad esempio essere al momento il tentativo di ricavare elettricità dal ripetersi dei passi lungo tratti di strada particolarmente battuti dai pedoni. Il primo esperimento è stato fatto in una discoteca di Rotterdam (la Off Corso),dove le luci delle sale sono alimentate anche grazie ad una speciale pavimentazione che trasforma in elettricità le vibrazioni prodotte dai ballerini sulla pista. Una trovata tutto sommato più pubblicitaria che economica, apprezzata però da alcune amministrazioni locali (Londra e Tolosa, ad esempio) che stanno testando le reali potenzialità di questa risorsa in fermate della metropolitana e tratti di marciapiede percorsi da migliaia di persone ogni giorno. Un principio simile a quello che si sta cercando di applicare nella stazione ferroviaria di Stoccolma, dove un’impresa svedese si è messa intesta l’idea di sfruttare il calore umano. Quello in eccesso rilasciato dai circa 250mila viaggiatori che affollano quotidianamente la struttura sarà in fatti “raccolto” e convogliato per riscaldare un edificio sul lato opposto della strada. Ancora in fase embrionale è anche il tentativo di ricavare elettricità dalla particolare reazione chimica innescata dallo sbocco in mare dei fiumi. La prima micro centrale ad osmosi (4 kW in tutto, praticamente quanto occorre ad una singola utenza domestica) è stata inaugurata un paio di anni fa a Tofte, nei pressi di Oslo. L’ acqua dolce e quella salata vengono immesse in una camera unica, separate da una membrana artificiale. Le molecole di sale attirano l’acqua dolce attraverso la membrana semipermeabile, aumentando la pressione sull’acqua marina. Questa pressione può essere utilizzata per alimentare le turbine che producono energia. Secondo la Statkraft, l’azienda svedese che ha realizzato il prototipo, il potenziamento della tecnologia potrebbe rivelarsi difficile per diverse ragioni (l’effetto del limo e i batteri contenuti nell’acqua del fiume inciderebbero negativamente sulle prestazioni delle membrane nel corso del tempo), ma se i problemi venissero risolti il potenziale sarebbe enorme: circa 1.600 TWh l’anno, equivalente alla metà della produzione totale dell’Ue.


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