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“(Ri)piantare vigna (50 ettari) a Pianosa in un investimento a lunga scadenza per produrre vino con i detenuti del carcere come a Gorgona”: così Lamberto Frescobaldi racconta il nuovo progetto sociale. Manca solo il via libero definitivo

Sull’esempio del progetto sociale sviluppato a Gorgona, isola carcere, dove Frescobaldi produce vino insieme ai detenuti, la storica famiglia del vino toscano potrebbe ora “piantare vigna” anche a Pianosa. Il progetto è ancora in itinere e manca il via libero definitivo da parte del carcere di Porto Azzurro, a cui fa capo Pianosa, del Parco dell’arcipelago toscano, e del Comune di Campo nell’Elba a cui il Demanio ha affidato la gestione dei terreni dell’isola. La volontà sembra, comunque, esserci e dopo il pregiato Gorgona, vino bianco realizzato da uve di Vermentino e Ansonica, potrebbe dunque nascere un nuovo e più impegnativo progetto enologico, a valenza sociale, sull’isola dell’Arcipelago che un tempo ospitava il carcere di massima sicurezza.
“Io sono a disposizione - sottolinea Lamberto Frescobaldi, presidente della Marchesi de’ Frescobaldi - a Pianosa l’obiettivo sarebbe quello di creare un qualcosa che stia in piedi da solo” anche per la natura dell’investimento richiesto “che sarebbe di lunga scadenza”. Un tempo le viti sull’isola c’erano, ma sono state spiantate da anni e adesso si tratterebbe di “piantare ex novo 50 ettari di vigneti, in due tranche. Questo vuol dire che per vedere i primi risultati e iniziare a produrre i vini ci vorranno almeno 5 anni dall’impianto delle viti” spiega ancora Frescobaldi.
Oltre alla produzione di vini bianchi, la conformazione di Pianosa permetterebbe anche di dare vita a rossi “di caratura”, scommettendo, ad esempio sui vitigni internazionali come il Cabernet. Anche qui la storica griffe si impegnerebbe a formare e assumere i detenuti, 27 quelli presenti oggi a Pianosa, insegnando loro un mestiere in modo da, una volta tornati in libertà, trovare subito lavoro limitando i rischi di recidiva.
A Gorgona, dice ancora Lamberto Frescobaldi, “il nostro è un vero impegno sociale. Non è un fatto economico perché è tanto di più quello che investiamo, di quello che ci ricaviamo. Siamo quasi a 150.000 euro di costi e con 3.000 bottiglie annue prodotte non si riprende un investimento del genere”. Sullo stesso solco si muove anche il nuovo impegno al carcere fiorentino di Sollicciano, dove al posto del vino i detenuti coltivano gli olivi e si produce olio.

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