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SALONE DEL GUSTO: IL CIBO NON È SOLO UN MEZZO PER NUTRIRE IL CORPO E DELIZIARE IL PALATO, MA ANCHE E SOPRATTUTTO UN’OCCASIONE PER FAR BENE ALLA SOCIETÀ ED EDUCARE LA COSCIENZA DIFENDENDO LA BIODIVERSITÀ, ANCHE UMANA

“Il cibo non è solo un mezzo per nutrire il corpo e deliziare il palato, ma anche e soprattutto un’occasione per far bene alla società ed educare la coscienza difendendo la biodiversità; in particolare, la biodiversità umana”. Nelle parole di Giovanni Cuocci, chef e anima della Lanterna di Diogene, arriva uno dei messaggi più forti del Salone del Gusto e Terra Madre. Messaggio che si concretizza in tante esperienze.
Come quella, appunto, della cooperativa sociale Lanterna di Diogene di Solara di Bomporto, vicino a Modena. Nasce nel 2003 con l’idea di dare una possibilità a chi fa fatica a inserirsi nella società e per far vivere l’agricoltura non solo come mezzo di sostentamento ma anche come strumento di integrazione, come un percorso di realizzazione personale e sociale per ragazzi con disabilità gravi come la sindrome di Down o la paralisi cerebrale infantile. Proprio come succede alle varietà tradizionali di colture e di allevamento ritenute meno remunerative, i disabili vengono spesso esclusi dai cicli produttivi della società con l’idea che non possano essere utili. La Lanterna sconfessa in pieno questo pregiudizio: l’orto, la vigna e l’osteria sono interamente curati dai ragazzi (seguiti da personale esperto) che si destreggiano benissimo anche in cucina. La cooperativa muove i suoi passi dall’iniziativa parallela del centro di terapia integrata La Lucciola: un tentativo di educare i bambini disabili portando professionalità mediche adeguate in un ambiente domestico accogliente e familiare. In questo modo i ragazzi si abituano a identificare il luogo della cura con la propria casa, e a passare dall’uno all’altra senza traumi. Un chiaro esempio di come sia possibile decodificare le terapie e l’assistenza sociale attraverso il cibo e la tradizione, innescando circoli virtuosi vantaggiosi per tutti. Tutto il lavoro della cooperativa, dall’orto ai circa duemila metri quadrati di vigna con cui i ragazzi producono aceto balsamico tradizionale di Modena, punta al momento sociale della ristorazione: la Lanterna non è un eremo dove i ragazzi disabili possono ritirarsi per sfuggire al mondo, ma piuttosto un crocevia in cui le persone e i sapori più genuini si incontrano: “Qui si mangia bene e si fa scuola di umanità”, ne aveva detto Carlo Petrini.
Gemella diversa della Lanterna, l’osteria Il Canto del Maggio di Borgo la Penna (Arezzo), che organizza eventi culinari di solidarietà. Simona Quirini, membro della famiglia che da generazioni cura questo ristorante immerso nelle colline toscane, ha scelto di dedicarsi all’assistenza e all’educazione di giovani disabili cominciando dal gesto più antico della cucina nostrana: l’impasto a mano del pane. Attraverso gli appuntamenti intitolati Stasera cucino io, Simona coinvolge i ragazzi nella preparazione dei piatti dal momento della spesa alla messa in tavola. Ad affiancarla in questo importantissimo lavoro ci sono gli educatori e gli assistenti sociali del comune di Terranuova Bracciolini, che hanno sapientemente diviso l’attività dei ragazzi tra l’ambiente sicuro e ordinato dei laboratori diurni e i momenti di condivisione e accoglienza a tavola. Un esempio virtuoso e per ora purtroppo raro di istituzione pubblica propositiva su questo tema, che non si limita a cercare di contenere le situazioni di emergenza, ma che lavora attivamente per dare una nuova speranza a ragazzi che nonostante le proprie difficoltà sono pieni di vita e di voglia di fare.
Giovanni e Simona, amici ormai da anni, si sono immediatamente riconosciuti e incontrati nella filosofia di Slow Food, e hanno aderito con entusiasmo alle iniziative dell’associazione, che li ha sostenuti in questi anni impegnativi. Con i loro ragazzi hanno animato il Salone del Gusto e Terra Madre in più di un appuntamento culinario, presentando le specialità tipiche della loro terra. Sapori sani ed eccellenti che coinvolgono tutti i sensi, gettando tra i visitatori e i giovani disabili impegnati ai fornelli “un ponte che annulla le distanze tra ciò che siamo abituati a considerare normale e ciò che ci sembra diverso; perché di fronte alla generosità della tavola e alla sincerità della buona terra siamo prima di tutto persone, senza aggettivi”.

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