Il boom delle vendite online, che covava sotto la cenere da tempo, e che nelle settimane di lockdown ha trovato la sua definitiva consacrazione, merita una riflessione. Se da una parte, senza alcun dubbio, è stato il canale che, insieme alla Gdo, ha salvato, almeno in parte, i fatturati delle aziende del vino italiano, affossate dallo stop delle spedizioni, dalla chiusura di bar e ristoranti e dallo stop dell’enoturismo, dall’altra ridisegnerà, inevitabilmente, la geografia degli acquisti, come succede un po’ in tutto il mondo già da tempo. L’e-commerce ha i suoi indiscutibili punti di forza: migliaia di etichette a portata di mano, la possibilità di acquistare in qualsiasi momento, la comodità di ricevere a casa la propria cassa di vino. Eppure, ora che ci apprestiamo, lentamente e faticosamente, a tornare alla normalità, dovremmo forse ricordarci dell’importanza dei gesti quotidiani. Abbiamo riscoperto il piacere di fare la spesa nelle botteghe, proviamo a fare lo stesso quando compriamo il vino, per quanto possibile. Usciamo di casa, torniamo in enoteca, lasciandoci guidare e consigliare da chi ha investito passione e non solo in un lavoro fondamentale per la crescita dei territori del vino italiano. E chissà che non capiti di scoprire bottiglie di piccoli produttori introvabili online, a prezzi persino migliori. E questo, ovviamente, senza nulla togliere ad un canale in rampa di lancio, capace di avvicinare tanti giovani ad un mondo, quello del vino, che spesso con le nuove generazioni incontra ostacoli linguistici difficili da superare.
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