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Sentiment positivo per il vino italiano, dalla “trimestrale di cassa” 2016 di Winenews per Vinitaly, che ha sondato 15 realtà leader (per 1,7 miliardi di euro di fatturato): per il 64% delle cantine vendite in crescita (+8%) all’export e in Italia

Italia
Sentiment positivi per il primo trimestre del vino italiano: analisi Winenews per Vinitaly 2016

Un “primo trimestre” 2016 che regala indicazioni positive e ottimismo al vino italiano sul fronte delle vendite e dei fatturati, tanto all’export che in Italia. A dirlo le risposte di 15 tra le realtà enologiche più importanti d’Italia per storia, immagine e per volume d’affari (1,7 miliardi di euro, il 15% del fatturato complessivo del vino italiano): per il 64% delle cantine vendite a +8%, con il 45% che dichiara un “sentiment” positivo, il 36% che “sente” abbastanza positivo il resto dell’anno e il 19% che, addirittura, scommette su un 2016 molto positivo. Ecco la fotografia, realizzata da WineNews, che tasta il polso ad uno dei settori più dinamici e positivi anche in questi tempi dell’economia italiana, che a Vinitaly, di scena a Verona dal 10 al 13 aprile (www.vinitaly.com), trova la sua “piazza finanziaria”.
Se l’esportazione delle etichette tricolore continua “a tirare” anche in questo primo scorcio di 2016, con le aziende campione che indicano nel 63% dei casi una crescita a +10% (sullo stesso periodo del 2015), confermando la tendenza generale rilevata nel bilancio finale dell’anno appena trascorso (con il superamento della cifra simbolo dei 5,4 miliardi di euro di export, +5,4% sul 2014), che significa che lo 0,3% del prodotto interno lordo italiano viene generato dal commercio estero di vino (dati Istat), torna parzialmente a sorridere anche il mercato interno, da più parti forse troppo frettolosamente liquidato come ormai stagnante: il 46% delle aziende ritrova una crescita delle vendite entro i confini nazionali, che si attesta su un confortante +4,5% sul 2015. Il mercato italiano con tutte le sue debolezze, in termini soprattutto di consumi in discesa (siamo ormai sotto ai 37 litri pro capite, erano 55 nel 1997, ma non dimentichiamoci anche i ritardi nei pagamenti e la poca propensione a saldare le fatture alle cantine da parte dei vari canali di vendita), resta uno sbocco commerciale importante non solo numericamente (oltre 20 milioni di ettolitri) ma anche per il suo ruolo di “vetrina”, proprio quando l’obbiettivo strategico principale sono i mercati internazionali. È il mercato domestico, insomma, che garantisce quella visibilità dell’immagine aziendale, necessaria all’“assalto” delle piazze internazionali più importanti.
Se la “trimestrale di cassa”, nel suo complesso, conferma la salute del comparto vitivinicolo, capace di rappresentare una eccezione importante nel panorama generale dell’economia nazionale, resta però evidente che il peso della crisi si faccia ancora sentire. Il sondaggio fotografa, infatti, anche qualche segnale in controtendenza: sul dato “aggregato” delle vendite c’è un 18% di aziende che segnala una stabilità sul 2015 del proprio andamento commerciale, e un 18% che, invece, denuncia una flessione, quantificabile in un -7,5%; sul fronte dell’export, il 23% delle cantine sondate indica una sostanziale stabilità con le transazioni ferme sui livelli 2015. Nel mercato domestico, invece, è il 28% che “mantiene le posizioni”, mentre un 9% segnala una riduzione delle vendite , nell’ordine del 7%. In ogni caso, il successo tendenziale sul piano delle vendite ha, naturalmente, anche motivazioni aziendali ben precise. Le cantine sondate dimostrano di investire risorse finanziarie e umane in modo sempre più strategico, orientandosi soprattutto sui mercati più “sicuri” e su quelli che maggiormente possono garantire un valore aggiunto ulteriormente spendibile. Le cantine italiane, nella maggior parte dei casi, hanno “diversificato” le proprie vendite su un portafoglio di mercati, a volte, molto esteso e, probabilmente, sta proprio nella capacità di modulare i propri sforzi molto del successo del recente passato. Ci sono mercati nei quali spendersi con maggior vigore per situazioni contingenti e altri perché garantiscono visibilità, altri ancora perché potenzialmente in crescita futura. Ecco che allora gli imprenditori del vino del Belpaese nel 72% hanno concentrato i propri sforzi sul mercato europeo, scegliendo come Paesi target soprattutto Germania, Svizzera e Gran Bretagna, nel 70% su quello italiano, nel 54% sul mercato americano e nel 36% sui mercati orientali, dove, diminuita di qualche grado la “febbre cinese”, il vino italiano sta ancora tentando di costruirsi transazioni solide, fatta eccezione per il Giappone.
Gli imprenditori del vino italiano sondati da WineNews, evidentemente, non perdono il contatto con la realtà e guardano al futuro nel medio-lungo periodo, individuando le possibili criticità che il loro business può incontrare. Il problema più complesso resta, per il 55%, quello della debolezza dei consumi, seguito, al 36%, dalle incognite economiche che, pur in un clima di rinnovata fiducia, restano ben presenti; per il 20% delle aziende, rimangono ancora irrisolte le conseguenze di un possibile mancato assorbimento della crisi globale ancora in atto. Emerge anche la preoccupazione dell’aumento dei costi di gestione aziendale per il 10% delle cantine sondate, che, soprattutto per realtà produttive molto impegnate con le vendite internazionali come sono in maggioranza quelle del Belpaese, potrebbe incidere non in misura trascurabile. A questo si unisce poi la preoccupazione causata dal cambio non favorevole (20%). Infine, rimane viva, per il 15%, il timore di una perdita di forza della competitività sul piano internazionale.

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