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CRISI E PANDEMIA

Senza proroga della cassa integrazione, nella ristorazione, addio ad altri 50.000 posti di lavoro

Fipe/Confcommercio e Aigrim (Imprese di Grande Ristorazione) chiedono aiuto al Governo. Ma è trend topic l’hashtag #BastaRistori
#BASTARISTORI, CASSA INTEGRAZIONE, COVID, FIPE, RISTORAZIONE, Non Solo Vino
Un ristorante vuoto (ph: Samuel Foster via Unsplash)

La crisi legata alla pandemia, nonostante un’estate che in tante località turistiche è stata da record (ad eccezione delle grandi città d’arte) è tutt’altro che superata. E anche se nuovi lockdown non sono alle viste, malessere economico, quarantene e persone non vaccinate (10 milioni nel complesso coloro che attualmente non possono accedere a bar ed a ristoranti, secondo Coldiretti), e la paura di contrarre il Covid con la crescita dei contagi, pesano eccome sulle imprese. Che tornano a chiedere sostegno al Governo, sollecitandolo, in particolare, a prorogare gli ammortizzatori sociali scaduti a fine anno, ovvero la Cassa Integrazione Covid. Senza la quale, “sono a rischio altri 50.000 posti di lavoro solo nel settore dei pubblici esercizi”. Allarme che arriva da Fipe/Confcommercio e Aigrim (Associazione delle Imprese di Grande Ristorazione e Servizi Multilocalizzate). Secondo cui una mancata proroga “rischia di generare gravi ripercussioni sulla tenuta occupazionale del settore, a fronte del perdurare delle difficili condizioni sanitarie causate dalla pandemia. Migliaia di posti di lavoro a rischio, dunque, e l’ulteriore dispersione delle competenze presenti nel comparto, già messo a durissima prova da due anni di pandemia”. La richiesta di ulteriori 13 settimane di Cassa Integrazione Covid, riguarda soprattutto quelle attività che più di altre stanno subendo le conseguenze delle limitazioni e dall’incertezza creata dal risalire della curva dei contagi.
In particolare i pubblici esercizi presenti nelle città d’arte, colpiti dalla mancanza di turismo internazionale, alle attività di catering e banqueting, legate a cerimonie ed eventi, alla ristorazione collettiva, penalizzata anche dal massiccio ricorso allo smart working, e quella commerciale, svolta soprattutto lungo gli accessi turistici del Paese: aeroporti, stazioni ferroviarie, aree di servizio autostradali. A queste fattispecie si aggiunge la drammatica situazione delle discoteche e dei locali di intrattenimento ad oggi nuovamente chiuse, e le difficoltà delle sale gioco lecito, pesantemente colpite dalle misure di restrizione.
“Le catene della ristorazione in viaggio - aggiunge Cristian Biasoni, presidente Aigrim (Associazione delle Imprese di Grande Ristorazione e Servizi Multilocalizzate) - in particolare nelle stazioni ferroviarie e negli aeroporti, stanno soffrendo in modo particolare della recrudescenza della pandemia. Così come la ristorazione che beneficiava ampiamente dei flussi turistici. Inoltre, per la ripartenza dello smart working, anche i normali flussi dei pendolari si stanno riducendo notevolmente”. “La Fipe/Confcommercio - conclude il presidente Lino Enrico Stoppani - chiede queste misure urgenti per evitare dolorose iniziative di “legittima difesa” che porterebbero a licenziamenti e a drastiche riduzioni di posti di lavoro, con gli annessi problemi sociali e le prospettive per un settore strategico per l’economia del Paese. È indispensabile, invece, preservare le competenze professionali del settore per consentire la ripresa delle attività in sicurezza quando questa fase critica sarà superata”.
Intanto, però, nel magma dei social, e, soprattutto su Twitter, è tra i trend topic l’hashtag #BastaRistori, con tanti profili che inneggiano all’obbligo di super green pass per accedere a bar e ristoranti, anche all’aperto, in vigore da ieri, come motivazione primaria per il calo dalla clientela nei locali. Anche questo, a suo modo, un segno dei tempi difficili che la società sta vivendo.

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