La fotografia di oggi del settore vitivinicolo non può che essere in “chiaroscuro”: le esigenze delle aziende sono chiare, ma la percezione forse eccessivamente “ottimistica” della preparazione professionale dei propri dipendenti (oltre l’80%) non aiuta a diffondere una prassi positiva di formazione continua e a progetto. Eppure il settore si trova ad affrontare sfide senza precedenti. Sfide che mettono a dura prova la competitività delle imprese: dalla sostenibilità ai cambiamenti climatici, dall’innovazione digitale ai mutamenti nei consumi di vino. E ancora, dalla crescente pressione esercitata dai produttori esteri alla comparsa di nuovi attori nel sistema distributivo. Perchè l’ambiente economico è in continua evoluzione ed è necessario un adeguamento rapido alle nuove competenze utili per essere resilienti. Emerge dalla survey commissionata a Nomisma da Foragri-Fondo Paritetico Nazionale per la Formazione Continua in Agricoltura, che finanzia la formazione per i dipendenti delle aziende che vi aderiscono, ed Eban-Ente Bilaterale Agricolo Nazionale, che ha assolto allo scopo di comprendere quale sia la domanda di formazione delle aziende vitivinicole italiane per rispondere con un’offerta adeguata. “Nel mercato molto complicato di oggi - spiega Michele Distefano, direttore di Foragri - i lavoratori del settore vitivinicolo hanno necessità di acquisire nuove competenze per portare il loro apporto alla riorganizzazione stessa delle aziende. Attraverso questa indagine abbiamo voluto capire quali sono le esigenze per poi adeguare l’offerta attraverso i bandi e i corsi a catalogo per le aziende del settore. Riteniamo che questo sia il miglior supporto che un ente di formazione può dare. In particolare la domanda di prodotti sostenibili rende necessaria una riorganizzazione dell’attività agricola in questa direzione. ll cambiamento climatico pretende una revisione di tutti i paradigmi agronomici dalla potatura e alla gestione di precisione di tutte le operazioni, a partire dall’acqua che necessita di nuove competenze per l’utilizzo delle sensoristiche per gestire le decisioni. Nella maggioranza dei casi si tratta di conoscenze che i lavoratori non hanno”. Sono state 240 le imprese del vino a livello nazionale coinvolte nella ricerca di Nomisma. “Dalla survey - sottolinea Denis Pantini, di Nomisma - emergono la forte domanda di innovazione e di nuove competenze. Quelle presenti oggi nelle aziende non sono più allineate agli scenari di mercato e quindi è sempre più importante ragionare su nuovi profili professionali da attivare attraverso la formazione, che quindi è una decisiva leva strategica di sviluppo per affrontare le nuove sfide sempre più complesse che il mercato pone, dai mercati più lontani a nuovi trend di consumo, dalla sostenibilità cercata dal consumatore, ma anche per efficientare i costi”. La maggior parte delle aziende indica tra i propri principali fabbisogni formativi per il futuro “la gestione sostenibile delle risorse e l’ottimizzazione dei processi produttivi” e la “conoscenza delle scienze biologiche e chimiche”, seguita dalla “comprensione di tecnologie di etichettatura digitale” e dalla “abilità nell’elaborazione e nell’analisi di dati”. “Potatura e gestione della vegetazione della vite” è la prima scelta per la formazione dei lavoratori dipendenti, seguita dalle competenze necessarie a cavalcare l’onda dell’enoturismo e a gestire efficacemente amministrazione, commercializzazione e marketing. “Foragri - spiega ancora Destefano - si occupa della formazione continua di chi già lavora nelle aziende che spesso non conoscono l’esistenza dei fondi interprofessionali che raccolgono lo 0,30% che tutti gli imprenditori versano per i loro dipendenti e che l’Inps preleva. Fondi che, se non destinati, non vengono utilizzati: ancora il 70% delle aziende non ne è a conoscenza. In questo quadro le aziende vitivinicole, insieme a quelle dell’ortofrutta, svolgono già molte attività di formazione con Foragri, percependo finanziamenti per oltre il 20% (ndr: sul totale complessivo di 85 milioni di euro), a dimostrazione dell’innovazione continua necessaria per affrontare una competizione sul mercato sempre in evoluzione. Ma c’è ancora molto da fare”. In effetti la survey evidenzia che solo il 52% delle aziende interrogate realizza formazione non obbligatoria e solo il restante 27% intende realizzarla nei prossimi 2/3 anni. La pervasività della formazione nel settore non è sufficiente per fare fronte alle nuove esigenze che sono chiare, ma la percezione forse eccessivamente “ottimistica” della preparazione professionale dei propri dipendenti (oltre I’80%) non aiuta a diffondere una prassi positiva di formazione continua e a progetto. La certificazione delle competenze che i lavoratori hanno il diritto di acquisire, mantenere e rendere spendibili, come dicono la normativa europea e italiana, può essere un incentivo allo scopo (solo il 35% delle aziende ne ha fatto conseguire una ai propri lavoratori), ma la difficoltà della conciliazione tra i tempi di lavoro e i tempi di formazione rimane un ostacolo importante. Foragri ed Eban - commentano i rispettivi presidenti Vincenzo Conso e Roberto Caponi - hanno davanti un ampio campo di lavoro, da dissodare e seminare con cura, ponendo sempre la persona del lavoratore e dell’azienda al centro.
Clementina Palese
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