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Sette / Corriere Della Sera

I grappoli che rendono più verde la Franciacorta ... La sfida è iniziata negli Anni 90: per primi coltivarono viti senza prodotti chimici. Una scelta vincente. Ora condivisa da altri produttori... Il Rosè di Barone Pizzini vince il premio come miglior vino biologico al mondo... are i pionieri è sempre difficile. Significa aprire una nuova strada e quel che e forse peggio bisogna farlo sotto gli sguardi scettici di quelli che stanno attorno. È sempre stato così, ed è successo anche in Franciacorta, con la produzione del vino biologico. Coltivare viti senza prodotti chimici, gestire agricole che misurano e limitano il proprio consumo di acqua e combustibile, che tutelano la biodiversità del terreno sul quale lavorano, che si impegnano ad assorbire quantità significative di CO2 e che, alla fine, conquistano credibilità e riconoscimenti internazionali, suscitava solo sorrisi e sguardi di compassione. “Farete il vino marcio” è una frase che Silvano Brescianini si è sentito ripetere spesso. Insieme a un gruppo di amici e imprenditori, provenienti da diversi settori, nel 1991 aveva un marchio del vino storico della Franciacorta, e non solo: le cantine Barone Pizzini che hanno oltre 140 anni di storia alle spalle. Alla fine degli Anni o i nuovi responsabili dell’etichetta hanno indirizzato i cambiamenti verso la produzione bio che aveva qualche altro pioniere in Italia, ma nessuno in questa zona del Bresciano. Adesso, 15 anni dopo, un terzo della zona coltivata a viti, cioè circa 1.000 ettari, passando all’agricoltura biologica. La fatica di fare i pionieri è ripagata da questo, quando vedi che in tanti, dopo lo scetticismo iniziale, ti sono venuti dietro. Perché in questa filosofia di fare il vino nel rispetto degli equilibri naturali non c’è solo la tutela dell’ambiente e, nello specifico, del terreno sul quale si coltiva, ma anche la cura per la qualità del vino che si produce. “il biologico è il mezzo, il fine è la qualità” dice Brescianini, che ora ricopre il ruolo
di direttore generale di Barone Pizzini, mentre Ugo Colombo è il presidente. Se il terreno su cui si coltiva è ricco di biodiversità, oltre a essere garanzia di una corretta gestione, le viti che ci crescono
sopra sono più sane e in grado di produrre uve migliori, prima condizione necessaria, anche se non sufficiente, per fare grandi vini. Il resto tocca alla qualità della lavorazione, che avviene in una struttura nuova, inaugurata nel 2007 e realizzata secondo due principi chiave: la riduzione dell’impatto ambientale e la trasparenza totale per i visitatori, che devono poter vedere in ogni
momento tutte le fasi della produzione. “Abbiamo pensato al ristoranti dove si vede come si cucina: ecco, da noi si vede come si fa il vino”. Da questa struttura escono circa 320mila bottiglie all’anno e quelle del Franciacorta Rosé Docg quest’anno sono state elette quelle del miglior vino biologico del mondo, premio assegnato a Londra da uno dei più autorevoli concorsi enologici internazionali, l’International Wine Challenge. È meglio bere poco e bene, che avere sempre il vino in tavola di scarsa qualità. “È anche una questione di cultura e forse per Pizzini, fino di educazione alimentare”, commenta Brescianini. “Si sta facendo di tutto per far costare poco il cibo ma ci nutriamo male, senza sapere che cosa mangiamo. il livello di informazione sugli ingredienti, sulla tracciabilità dei prodotti, è a un livello bassissimo. Dovrebbe essere nostro interesse, proprio come Paese, invertire questa tendenza e puntare sulla qualità del cibo”. E, ovviamente, del vino.

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