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Sette / Corriere Della Sera

Il vino “malriuscito” diventato capolavoro ... Da un Recioto abbandonato e secco è nato nel 1936 uno dei rossi più celebri e amati nel mondo. Anche da Obama ... Per inventare r carissimo nome “Amarone” non ci sono stati brainstorming di creativi: è bastato il caso. Leggenda vuole che nel 1936, quando ancora il vino veronese che andava per la maggiore era il Recioto,
un vino dolce della Vapolicella, nella Cantina Sociale ne venisse ritrovata una botte dimenticata a fermentare. Da dolce, il vino era diventato secco, anzi amaro. Qualcuno esclamò: “Questo non è amaro, è amarone!”. Et voilà, il “Recioto sbagliato” diede origine a quello che in seguito è diventato uno dei rossi più blasonati d’Italia. Fuor di leggenda c’è stato invece un gran lavoro di messa a punto delle tecniche di vinificazione, basate sull’appassimento di uve corvina, corvinone, rondinella e di altri vitigni a bacca rossa non aromatici. Le uve vengono fatte appassire per un periodo che va dal 100 ai 120 giorni, prima della pigiatura e del riposo per due anni in botti di legno. Segue l’imbottigliamento, con un ulteriore affinamento in vetro. Una procedura che rende particolarmente riconoscibile il carattere dell’Amarone: colore rosso molto intenso, sapore fruttato, asciutto e morbido, un profumo che ricorda frutta passita, tabacco e spezie.
Dopo la scoperta fortuna, dopo l’invenzione del nome e l’elaborazione del procedimento di vinificazione, è solo nel ‘53 che si arriva a commercializzare l’Amarone. E se alcuni ricordano il 1968 per la contestazione, altri l’hanno fissato nella memoria come anno in cui questo vino ha ottenuto la Doc Amarone della Valpolicella. Oggi, poco più che cinquantenne, è considerato il più prestigioso vino rosso veronese e uno tra i primi in assoluto nel panorama vinicolo italiano e internazionale. Opasi 13 milioni di bottiglie dell’annata on pronte a debuttare sul mercato, l’80% delle quali destinato al pubblico estero: gli “Amarone lovers” sono uomini, tra i 35 e 50 anni, così dicono le statistiche. Pare che Obama (o il capo del suo cerimoniale) lo faccia servire nelle cene alla Casa Bianca, alternato al rossi californiani. Oggi, oltre agli Usa, i mercati più ghiotti del rosso veronese sono Germania, Gran Bretagna e Russia. Tra gil estimatori dei vini della Valpolicella abbiamo Ernest Hemingway, che li rese immortali citandoli In Addio alle Armi, mentre più di recente l’Amarone è finito nei libri di Jay McInemey e di Jonathan Franzen. A onor di cronaca, anche Hannibal Lecter, il terrificante protagonista
del romanzo di Thomas Harris, Il silenzio degli innocenti, lo beve: “Una volta un addetto al censimento cercò di quantificarmi. Mi mangiai il suo fegato con contorno di fave e una bottiglia importante di Amarone”. Del resto, è noto che avere qualche testimonial discusso e discutibile giova ulteriormente al marchio. Ma il più simpatico è stato, come al solito, il centocinquenne artista e critico d’arte Gillo Dorfles che, in una recente intervista rilasciata a Il Giornale, a proposito del fatto di non aver ritirato l’Ambrogino d’oro di cui era stato insignito, ha detto: “Tutti questi premi, queste targhe, sono completamente inutili e finiscono in cantina. Mai che abbia ricevuto, chessò, un bel premio in denaro, che certo mi avrebbe fatto più comodo. Oppure, tutt’al più, delle bottiglie di buon vino. Lo sa qual è il premio che ricordo con più piacere? Il premio Masi ricevuto a San Giorgio di Valpolicella come miglior veneto del 2005: una botticella di squisito Amarone”. L’Amarone è anche il vino che permette al Veneto di essere in cima alle classifiche delle guide enologiche; nel 2014, sono stati solo tre i vini italiani che hanno ricevuto il massimo punteggio nelle guide più importanti: tra questi - oltre a un Primitivo di Manduria e a un Brunello di Montalcino - c’era l’Amarone della Valpolicella Classico 2006 della Cantina Bertani. Più invecchia e più vale. Un discorso a parte è quello del paesaggio della Valpolicella (dove si producono Amarone, Valpolicella anche nella sua versione Classico e Superiore, Ripasso e Recioto); nel suo celebre Viaggio in Italia il vicentino Guido Piovene, disdegnando popolaresche rivalità cli campanile, lo descrisse così: “E quasi un naturale orto botanico. La varietà degli alberi e delle culture, come degli stili in città, è forse unica in Italia:
un incastro cli fantasie pittoresche d’ogni tempo, un’antologia di paesisti... La campagna del Veronese è più romantica delle altre campagne venete”.
Passando invece a dati paesaggisticamente più prosaici, Diego Tomasi, del Centro di Ricerca per la Viticoltura di Conegliano, in un recente studio ha dimostrato che la zona vinicola italiana che ha mantenuto nel tempo il valore più alto è proprio quella collinare della Valpolicella: chi ha comprato ettari di vigneto ha sicuramente fatto e continua a fare un ottimo investimento. Data l’alta redditività (il prezzo medio degli ultimi 5 anni delle uve Amarone stimato dalla Borsa Merci di Verona è di 2-2,10 euro al chilo, altissimo anche rispetto alle altre uve blasonate italiane) l’Amarone ha rischiato di finire nel calderone dei vini globalizzati, i vari chardonnay, pinot, merlot, cabernet; tuttavia i tentativi argentini e americani sono stati fallimentari. Il mix di terroir, microclima e predisposizione genetica si è dimostrato irripetibile. L’uva corvina è stata uno dei primi prodotti italiani agroalimentari a sottoporsi alla mappatura del Dna. Nel 2010, il Dipartimento di Biotecnologie dell’università di Verona ne ha. redatto il codice generico, arrivando alla conclusione che si tratta di grappoli diversi da tutte le altre uve, che sanno sottoporsi meglio di qualunque altro all’appassimento necessario per ottenere l’Amarone, e lo sanno fare solo nel territorio della Valpolicella. Sempre dai dati di Tomasi, emerge che quella del 2011
- attualmente in commercio - è stata un’ottima annata per via del clima ideale, che ha giovato alle uve e al loro appassimento. Dato che l’Amarone, più di altri, è un vino longevo che non teme il passare del tempo (può superare i vent’anni di conservazione), fate due conti e considerate ridea cli collezionare qualche bottiglia. Infatti, come risulta dalla ricerca condotta da Bettina Campedelli dell’università degli Studi di Verona, il prezzo alla vendita delle bottiglie di Amarone è in grande crescita: del 15% in più negli ultimi due anni negli Stati Uniti e addirittura del 28,5% in più in Russia rispetto allo scorso anno. Questione delicata quella dei prezzi, che ha provocato attriti tra li Consorzio Tutela Vini Valpolicella (che oggi aggrega il 90% della produzione) e alcuni produttori della zona, come Masi e Allegrini, riuniti nell’associazione Famiglie dell’Amarone d’Arte, che ha l’intento di rendere ancor più esclusivo li prodotto.
In caso invitaste a cena uno dei suddetti “Amarone lovers”, ricordate che nel 1991, nella trasposizione cinematografica de li Silenzio degli Innocenti di Jonathan Demme, l’Amarone del truce pasto di Hannibal the Cannibal fu sostituito dal Chianti, per scelte di sceneggiatura che preferivano un vino all’epoca più noto e conosciuto dal pubblico. I tempi cambiano, e certamente
non vorrete farvi trovare impreparati.

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