Il Sacro Graal della viticoltura contemporanea è, probabilmente, la vite resistente alle malattie e capace di adattarsi ai cambiamenti climatici, obiettivo su cui si stanno concentrando sempre maggiori risorse e ricerche scientifiche. Eppure, lontani dai vigneti della Vecchia Europa, in quella che è stata la prima area di domesticazione della vite, ossia il Caucaso, esiste già un vitigno così: si chiama Vitis vinifera Mgaloblishvili, arriva dalla Georgia, ed è finita al centro di una ricerca dell’Università Statale di Milano, i cui risultati, pubblicati su “Scientific Reports” del gruppo Nature, dimostrano che il germoplasma di vite di provenienza georgiana possiede caratteristiche uniche in termini di resistenza alle malattie e in particolare alla malattia più importante della vite, la peronospora.
Le ricerche, coordinate da Silvia Toffolatti e Gabriella De Lorenzis, ricercatrici del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali (DiSAA) dell’Università Statale, con la collaborazione di ricercatori del Dipartimento di Bioscienze, degli studiosi della Fondazione Edmund Mach (FEM) di San Michele all’Adige (TN) e di David Maghradze, ricercatore dello Scientific Research Center of Agriculture e della Faculty of Agricultural Sciences and Biosystems Engineering della Georgian Technical University di Tbilisi, hanno portato alla scoperta di un raro sistema di difesa nei confronti della peronospora nella varietà di Vitis vinifera Mgaloblishvili, ed è una scoperta che apre la strada alla costituzione di varietà di vite resistenti alla malattia e contemporaneamente adatte a produrre vini di qualità. Che contribuiranno anche alla riduzione dell’impiego di prodotti chimici antiperonosporici i quali, ad oggi, rappresentano la fonte principale di inquinamento ambientale del comparto.
“La pubblicazione - spiegano le ricercatrici - deve considerarsi uno dei più importanti risultati ottenuti dalla collaborazione ultradecennale nel campo della tutela e valorizzazione delle risorse genetiche della vite intrapresa in più progetti internazionali, tra i quali la COST action FA1003 (East-West Collaboration for Grapevine Diversity Exploration and Mobilization of Adaptive Traits for Breeding) coordinata dal prof. Osvaldo Failla (DiSAA) tra il 2010 e il 2014.
I risultati ottenuti, inoltre, si inquadrano nell’ambito delle ricerche svolte presso il DiSAA per trovare soluzioni adatte a vincere le sfide della moderna viticoltura (sostenibilità e cambiamento climatico) e che attualmente vertono sulla ricerca di varietà in grado di difendersi da altre fitopatie, in alcuni casi, incurabili”.
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