Land contro brand, ecco i due volti dell’Italia del vino nel 2009. Sempre più radicati nel nostro Paese due opposti modelli di marketing enologico: da una parte le denominazioni-icona, quelle più note e prestigiose, dal Brunello di Montalcino al Barolo, dal Chianti Classico alla Franciacorta, dal Nobile di Montepulciano al Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, che garantiscono qualità e valore ai consumatori; dall’altra le denominazioni meno forti o poco conosciute, che vanno avanti grazie alla notorietà dei brand aziendali, di specifiche etichette o dei vitigni autoctoni del territorio. Questo lo scenario che emerge da un’inchiesta di www.winenews.it - uno dei siti più cliccati dell’enologia del Belpaese - e della Facoltà di Scienze sociali, politiche e del territorio dell’Università del Salento.
Il sondaggio, che ha coinvolto un campione di 300 enonauti (amanti di vino e web), di età compresa tra i 20 e i 60 anni, era volto ad approfondire gli elementi che determinano la differente percezione d’immagine del prodotto vino, e quindi l’impatto che l’identità territoriale ha sul comportamento d’acquisto del consumatore, prendendo in esame alcuni tra i più importanti terroir dell’enologia italiana. In particolare, si è voluto individuare l’associazione mentale del territorio ai suoi vini, cercando di comprendere se i relativi ricordi siano dipendenti dai singoli brand (specifiche etichette o cantine di produzione) o dalle denominazioni di origine dei vini (Doc e Docg).
I risultati confermano che, per i grandi vini, le denominazioni di origine rappresentano un enorme punto di forza per i territori, nonché il vettore di identificazione con le loro produzioni, fino a prescindere, talvolta, anche dal potere di mercato che possono avere i singoli brand. Ne sono un esempio il Brunello di Montalcino, il Barolo, l’Asti Spumante, il Franciacorta, il Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, il Nobile di Montepulciano. Insomma, il consumatore acquista in primis “il Brunello di Montalcino”, e solo in un secondo momento si concentra sulla scelta del produttore. In altri territori, come la Sicilia, il Salento o il Trentino, le denominazioni riscuotono un appeal decisamente minore, ed i consumatori dimostrano di avere altri riferimenti, citando i produttori, i vitigni o addirittura i nomi specifici dei vini. Un caso emblematico è quello del Salento, a cui la maggior parte degli intervistati associa il Negroamaro - uno dei più antichi vitigni del territorio, non avente però un’autonoma Doc o Docg - che probabilmente deve la sua notorietà più a fattori legati ad eventi mediatici (omonimo gruppo musicale, notte della taranta, ecc.), mentre solo una modesta percentuale degli intervistati ricorda il Salice Salentino, storica Doc della regione e madre di suoi importanti vini ed aziende.
L’indagine di www.winenews.it e Università del Salento mette in luce anche il rapporto tra forza delle denominazioni e flussi eno-turistici: secondo il sondaggio il territorio di Montalcino è quello decisamente più noto (il 98% degli intervistati ha affermato di conoscerlo), a conferma dell’attenzione da parte dei consumatori verso l’origine dei vini importanti. A seguire Chianti e Trentino (entrambi 96%), Montepulciano (94%), Salento e Franciacorta (entrambi 93%), Asti e Langhe (entrambi 91%), Conegliano e Valdobbiadene (89%) e, infine, Sicilia (82%).
Il gap della notorietà dei territori diviene maggiore quando si considera la percentuale di persone che li hanno visitati. É evidente come territori tradizionalmente a vocazione enoturistica siano quelli maggiormente gettonati: al primo posto si colloca il Chianti (l’80% lo conosce perché lo ha visitato), seguito da Trentino (il 69%), Montalcino (67%), Montepulciano (il 57%), Franciacorta (56%), Sicilia (53%), Langhe (49%), Asti (47%), Salento (47%), Conegliano e Valdobbiadene (40%). Un caso particolare è rappresentato dal Trentino, la cui percentuale di visitatori conferma l’importanza delle politiche sinergiche tra produzione locali e valorizzazione del patrimonio paesaggistico-culturale attivate negli ultimi anni. In tutti gli altri casi, le percentuali dimostrano che, pur essendoci un grado di conoscenza complessiva rilevante, le esperienze in termini di viaggi si dimezzano: ciò evidenzia la necessità di spingere ed incrementare le pur note ed evidenti potenzialità dell’enoturismo.
Agli enonauti è stato anche chiesto quali sono i fattori più importanti presi in considerazione nel momento di acquistare un vino. I dati rilevano che per i consumatori l’importanza maggiore nell’atto d’acquisto è rappresentata dal rapporto qualità-prezzo (60% delle risposte), dalla precedente soddisfazione (36%), dal rispetto delle aspettative ante-acquisto. A seguire assumono importanza la natura autoctona dei vitigni (27%), la ricerca di sensazioni legate ai luoghi di origine (24%), il desiderio di provare nuovi gusti (18%), il brand del produttore (16%). Risultano invece poco importanti ai fini della ripetizione del consumo il ricordo di un evento speciale o l’occasione in cui il vino viene bevuto.
Ma qual è il modello di marketing potenzialmente vincente nel futuro? Secondo Monica Fait, ricercatrice dell’Università del Salento e responsabile della ricerca: “il lavoro sin qui svolto ci consente di confermare alcuni assunti di base che la letteratura manageriale e l’evidenza empirica da sempre asseriscono, ovvero l’importanza dell’associazionismo, testimoniata dal ruolo dei Consorzi di tutela per la valorizzazione delle Doc e Docg, nonché la necessità di ricercare il giusto equilibrio tra qualità e prezzo di vendita. Va altresì menzionata l’attenzione - ormai crescente - che il consumatore pone alla conoscenza dell’origine del vino. Tale informazione, pur costituendo un assunto di base confermato dai molteplici studi sugli effetti del country of origin, deve costituire per i territori che hanno intrapreso la via della qualità e dell’eccellenza un elemento essenziale per il successo delle proprie produzioni”.
Infine, ecco l’identikit degli enonauti di www.winenews.it: prevalentemente maschi (79%), il 52% di loro ha un’età compresa fra i 30 e i 45 anni; hanno un elevato titolo di studio (l’85% ha conseguito il diploma di scuola media superiore o la laurea), godono di un buono/ottimo livello socio-economico (imprenditore, bancario, avvocato, commercialista, ingegnere, medico, agente di commercio, architetto, commerciante…).
Eleonora Ciolfi
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