Difficile pensare che in un contesto di mercato e sociale che vede i consumi di vino in strutturale calo, e dove tutte le analisi dicono che bisogna produrre meno, in generale, e lavorare di più sul valore, ci sia chi investe per piantare vigna anche nei territori che danno prodotti a basso valore economico, e con poca remunerazione. Tanto che in Francia, per esempio, ma non solo, è in corso una massiccia campagna di espianto dei vigneti. Ma in un momento in cui molto sta cambiando ed è difficile pianificare a medio-lungo termine come deve fare chi investe in agricoltura in generale, e nella vigna in particolare, è forse il momento di fermarsi e riflettere anche sulle regole del gioco. Come sostiene Unione Italiana Vini - Uiv, che nel Consiglio Nazionale di scena, oggi, nell’Azienda Agricola Rocca, in Puglia, ha votato la proposta di “fermare per un anno la concessione di nuove autorizzazioni all’impianto che consentono l’allargamento dell’1% del vigneto Italia (circa 6.500 ettari)”, come prevede il regolamento Ue in materia.
“Uiv - ha detto il presidente, Lamberto Frescobaldi - ritiene utile questa misura transitoria volta a contenere il potenziale viticolo, a patto che si avvii contestualmente una riforma sul potenziale vinicolo, così come sui quantitativi delle rese previste nei disciplinari e per i vini comuni. Il contesto di mercato ci impone senso di responsabilità e politiche di revisione: l’Italia a oggi è l’unico grande Paese produttore al mondo che registra una crescita del vigneto a fronte di un calo volumico della domanda a livello globale di quasi il 10% negli ultimi 5 anni”.
“Lo stop di un anno alle autorizzazioni all’impianto consentirebbe il tempo tecnico per avviare un momento di confronto e revisione del sistema con tutti gli attori coinvolti - ha sottolineato il segretario generale Uiv, Paolo Castelletti - a partire dall’introduzione di nuovi criteri di priorità che dovrebbero valorizzare la collina e la montagna, e areali che producono vini performanti sul mercato. Allo stesso tempo, sarebbe l’occasione di fare chiarezza sui dati: oggi sappiamo quanto viene assegnato, ma non quanto viene effettivamente impiantato, in particolare sui reimpianti. Ma non possiamo aspettare passivamente una riforma dall’alto del nostro comparto. I territori, a partire dalle aziende e dai consorzi di tutela, devono intervenire con razionalità su questi temi e su una riorganizzazione regionale delle denominazioni. È ora di riportare il vino sul pianeta terra se vogliamo vincere la sfida della competitività e garantire ai viticoltori il giusto compenso”, ha concluso.
Secondo le stime dell’Osservatorio Uiv, a fine della campagna viticola (il prossimo 31 luglio) il livello delle giacenze si attesterà attorno ai 42-44 milioni ettolitri di vino e mosto, l’equivalente di circa un’intera vendemmia.
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