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VITICOLTURA ESTREMA

Storie in bottiglia dei vini delle isole italiane, dove gli “eroici” vigneti si tuffano nel mare

Dalle “famose” alle “minori”, sono sempre più meta di enoturismo, tra vitigni autoctoni che rinascono (e le fanno rinascere), e natura incontaminata

La Sicilia, vero e proprio “continente enoico” per la varietà e diversità dei suoi territori e dei suoi vini; la Sardegna, dove il vino narra storie secolari come l’età delle genti che la abitano; l’Elba, i cui “eroici” vini bianchi sono tra le migliori espressioni della Toscana, patria di grandi rossi; Pantelleria, la “figlia del vento” che spazza la vite ad alberello Patrimonio dell’Unesco; ma anche Mazzorbo-Burano, la cui vigna murata dove rinasce il “vino dei Dogi” è tra i vigneti di cui è ricchissima la Laguna di Venezia; Mozia, Riserva naturale e archeologica dove è nato il Marsala, e dove oggi si continua a produrre il “vino dei fenici”; o Gorgona, ultima isola-carcere dove i detenuti coltivano la vite per riscattare le proprie vite. Sono solo alcune delle storie in bottiglia raccontate da WineNews dei vini delle isole italiane, dove i vigneti, coltivati grazie alla viticoltura eroica, si tuffano nel mare (che, sempre più spesso, diventa anche “cantina” per i cosiddetti “underwaterwines” che affinano nelle acque del Belpaese). Ma, accanto alle più “famose”, anche le isole minori, dall’Isola del Giglio a Ventotene, da Ischia a Vulcano, da Ustica all’Isola di San Pietro, sono sempre più meta di enoturismo, tra vitigni autoctoni che rinascono (e le fanno rinascere), e natura incontaminata, grazie allo spirito di “resilienza” che hanno i produttori isolani, che ora sono pronti per la vendemmia.
Ricche di territori affascinanti con paesaggi mozzafiato, le isole minori del Mediterraneo non sono solo mete incantevoli dove trascorrere piacevoli momenti immersi tra le bellezze della natura, ma sono anche luoghi ricchi di tesori enologici. In queste terre, le vigne spesso strappate alla roccia, illuminate dal sole, tormentate dal vento e dalla salsedine regalano vini speciali, unici e autentici che a ogni sorso evocano il mare. Espressione dell’operosità degli isolani, costretti dalla natura ad accontentarsi di quanto l’ambiente circostante offre loro, questi vini sono ricchi di luce, colori e profumi e riflettono le peculiarità delle viti da cui nascono, che hanno sviluppato caratteristiche straordinarie adeguandosi con maestria ai vari climi e alle differenti situazioni geologiche. E nel mondo della distribuzione c’è anche chi ha pensato di promuoverli insieme, come Proposta Vini, tra i principali player del settore in Italia e all’estero che, tra i progetti mirati a valorizzare aspetti storici, evocativi e paesaggistici legati al mondo del vino, ne ha uno dedicato ai “Vini delle Isole Minori” (ma anche ai “Vini Estremi” ed ai “Vini Vulcanici”, tra gli altri, e tra oltre 3.500 referenze in portfolio per 410 cantine italiane ed estere, e 90 produttori di spirits, per un fatturato 2023 di oltre 28 milioni di euro, con oltre 2,8 milioni di bottiglie).
Nelle terre di granito dell’Isola del Giglio, la “piccola perla” dell’arcipelago toscano, nei vigneti terrazzati a picco sul mare, nascono vini decisi e identitari, in grado di rispecchiare il carattere forte dell’isola e dei suoi abitanti, come il Calzo della Vignia (dal modo con cui sull’isola viene chiamata la vite, ovvero “calzo”) di Castellari Isola del Giglio, un 100% Ansonica, vitigno a bacca bianca per eccellenza delle isole toscane. A Ventotene, l’“isola delle sirene” nell’arcipelago delle Pontiane, con Ponza e Palmarola, al largo delle coste del golfo di Gaeta, la famiglia Sportiello, tra le più antiche dell’isola, ha ripristinato l’antica tradizione vitivinicola scomparsa alla fine degli anni Sessanta, con l’azienda Candidaterra, coltivando Fiano, Greco e Falanghina da cui nasce Pandataria Il Vino del Confino nei vigneti sui terreni di origine vulcanica, accarezzati venti marini e dorati dal sole.
La ricchezza del suolo vulcanico, la perfetta esposizione solare e l’altitudine dei vigneti che regala mineralità e una sapidità unica di Ischia, l’“isola verde” danno vita a vini che incarnano la natura vulcanica, verace e marinara dell’isola delle Flegree nel golfo di Napoli, con Capri e Procida, come il Kalimera di Cenatiempo, da uve Biancolella in purezza, coltivate eroicamente e in regime biodinamico dalla famiglia Cenatiempo, che appartiene all’isola da sempre. Luogo che fin dal tempo dei romani era unico per bellezza e per la qualità delle sue uve, sull’isola di Vulcano, la “fucina” del dio Efesto, nell’arcipelago delle Eolie, sempre di origine vulcanica, e con le “sorelle” Lipari e Salina, Stromboli e Panarea, tra i siti Patrimonio Unesco della Sicilia, la Malvasia ha trovato da millenni il suo habitat perfetto, alla base di vini come il Francangelo Salina di Punta Aria.
Sempre al largo delle coste siciliane, ad Ustica, l’isola della maga Circe, c’è una sola cantina: Hibiscus, dove Margherita Longo produce vini che rispecchiano la natura vulcanica dei suoli, la vicinanza al mare e la biodiversità del paesaggio. Tra i vitigni autoctoni spicca lo Zibibbo, da sempre coltivato sull’isola e vinificato in una versione secca che ne esalta le caratteristiche aromatiche nel Grotta dell’Oro. Nell’arcipelago del Sulcis, sull’isola di San Pietro, legata alla leggenda del “Santo pescatore”, il Ventou de Ma di Tanca Gioia, cantina di Carloforte, è, infine, l’essenza pura del Vermentino di Sardegna, tra i vini bianchi italiani più amati al mondo. E ricchi di storie ancora da raccontare.

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