Con un mito della storia del cinema e della televisione italiana: ecco con chi ha brindato questa volta WineNews con un grande vino italiano. Terence Hill, con il direttore Alessandro Regoli, ha “battezzato” così in anteprima la nascita del primo Museo italiano di vino & cinema: il “Museo Italo-Trinità” in Chianti Classico, che, da oggi, apre al pubblico, voluto a 50 anni dall’uscita nelle sale di “Lo chiamavano Trinità ...”, nel 1970, dalla famiglia Zingarelli a Rocca delle Macìe, l’azienda fondata dal produttore cinematografico Italo Zingarelli, grazie al successo anche di questo film, tra i più visti di sempre e campione di incassi come il suo seguito “... continuavano a chiamarlo Trinità”, inventore della coppia immortale Bud Spencer e Terence Hill e del “fagioli western”, l’amatissima parodia dello “spaghetti western”. Nei calici, il Chianti Classico Gran Selezione dai migliori cru della griffe, in 1970 magnum “vestite” con l’immagine del film e dedicate dai figli Fabio, Sandra e Sergio al padre Italo Zingarelli.
Una storia quella di Italo Zingarelli, dei suoi numerosi film e dei loro protagonisti “che rappresentano una pagina storica del nostro cinema - ha detto Francesco Rutelli, presidente di Anica (l’Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive, nella quale Italo Zingarelli ha ricoperto cariche importanti), in un messaggio ieri sera a Rocca delle Macìe - e la celebrazione di un personaggio creativo, innamorato della vita, protagonista di una stagione eroica e di crescita del nostro cinema, nella popolarità e nei linguaggi innovativi, capace di trattare con ironia ed intelligenza tanti aspetti del costume della nostra Italia, ma anche di avere una visione industriale del nostro cinema. La stessa intelligenza con cui oggi la sua famiglia porta avanti la sua eredità nel produrre grandi vini italiani di qualità, che ci rendono inimitabili come i suoi film”. Per Vincenzo Mollica, il più famoso e storico giornalista di spettacolo italiano, “50 anni di Trinità appartengono alla memoria di tutti - ha detto in un video-messaggio - un film strepitoso che ha aperto le porte della fantasia e di quella zona dolce dove stanno le cose che ci hanno accompagnato con felicità ed in cui ogni volta ci conducono Terence Hill e Bud Spencer. Un film che non smetteremo mai di guardare e riguardare”.
Una storia che racconta la capacità di Italo Zingarelli di guardare lontano con lungimiranza, dal cinema, scommettendo, tra gli altri, sui film diretti da E.B. Clucher (Enzo Barboni) con le avventure di Trinità e del suo “fratellone” Bambino, la “mano destra e sinistra del Diavolo”, i cui copioni erano stati più volte rifiutati dagli altri produttori per i più classici western e oggi considerati un capolavoro del nostro cinema, così come nel vino, investendo pionieristicamente in uno dei territori del vino italiano più belli e oggi famosi al mondo, coronando il sogno della vita e facendone un “buen retiro” da Roma e da Cinecittà, in cui ritirarsi dopo aver lavorato con registi del calibro di Ingmar Bergman, Ettore Scola, Martin Scorsese, e non solo.
Ora, a cinquanta anni dall’uscita nelle sale di “Lo chiamavano Trinità ...”, quando venne visto da quasi 9 milioni di persone incassando oltre 3 miliardi di lire (oggi restaurato dalla famiglia Zingarelli nella pellicola originale in collaborazione con la Cineteca di Bologna), ma anche di “... continuavano a chiamarlo Trinità”, quarto film italiano tra i più visti di sempre dal 1971, le scene cult, gli aneddotti dei film e degli attori, i cimeli dei set e foto di scena inedite diventano un Museo. Con la “Galleria Trinità”, allestista con la direzione artistica di Officina Grafica Firenze direttamente nella sua “casa-cantina”, una delle griffe più famose e quotate del Chianti Classico grazie ai suoi vini, oltre che un modello di accoglienza con ristorante stellato. E forse l’unica con un ramo cinematografico di cui fanno parte la West Films e la Delta Spa, le prime società di produzione fondate da Zingarelli negli anni Sessanta, e con un’importante Library che insieme al Museo con la direzione artistica di Officina Grafica Firenze, ne fanno un punto riferimento della cinematografia italiana e tra i primi esempi di “Cinematic winery” e “wine movie destination”.
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