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TORTELLINI FINI A RISCHIO FALLIMENTO. IN CAMPO LA BANCA POPOLARE DELL’EMILIA ROMAGNA. OBIETTIVO: SALVATAGGIO ENTRO OTTOBRE

Tempi duri per la Tortellini Fini. A quasi cento anni dalla fondazione, per il gruppo modenese è iniziata una corsa contro il tempo per trovare un accordo con la Banca Popolare dell’Emilia Romagna, principale creditrice per oltre 40 milioni di euro, per mettere a punto un piano di salvataggio aziendale. L’obiettivo è quello di trovare un’intesa con la Bper entro la fine di ottobre e cercare di varare un progetto industriale che comprenda anche l’apertura di un nuovo stabilimento a Modena.

Sul tavolo del gruppo controllato al 90% circa dal fondo Paladin capital (di proprietà di alcuni partner della Bain & co), al fianco del private equity L Capital, ci sarebbero varie ipotesi. La banca propone di ripatrimonializzare la società attraverso la conversione dei crediti della banca fino a 12 milioni a patto che il socio di riferimento, Paladin, immetta nuovi mezzi mediante un aumento di capitale da 2 milioni. Un’altra ipotesi è quella di ricorrere ad un accordo di ristrutturazione del debito ai sensi dell’articolo 182 bis della legge fallimentare, ovvero col sostegno del 60% dei creditori, che in questo caso sarebbero rappresentati proprio dall’istituto di credito emiliano. Ma su questa opzione grava l’esame del Tribunale fallimentare sull’eventuale omologazione.

Insomma, la situazione è delicata, come indicano i numeri del bilancio 2008: sul gruppo Fini, che ha chiuso nel 2008 con una perdita di oltre 17 milioni di euro, pesano debiti per oltre 58 milioni, di cui 43 verso le banche e 13 verso i fornitori.

Anche gli amministratori della società hanno indicato ai revisori che “qualora la banca non fosse disponibile a convertire parte del credito” ai fini “della continuazione aziendale sarà necessaria l’immissione di nuova equità” da parte degli azionisti “per garantire un’adeguata patrimonializzazione”. A tutto questo si aggiunge lo stato di crisi occupazionale. Nel maggio 2009, in seguito alla chiusura dello storico stabilimento modenese, sono stati messi in cassa integrazione per un anno 40 dipendenti e la produzione è stata trasferita in altri siti. In azienda, quindi, lavorano soltanto le prime linee manageriali, tra cui il commerciale e l’amministrativo, mentre restano a casa gli operai.

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