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Un 2015 positivo per il vino in Italia: cresce la gdo, soprattutto con spumanti e vini Dop (analisi WineNews su dati Nielsen e Coop Italia), ma il sentiment è positivo anche nella ristorazione del Belpaese (sondaggio Fipe-Confcommercio)

Italia
Un 2015 positivo per il vino in Italia: cresce gdo, ma il sentiment è positivo anche nella ristorazione

È stato un 2015 tutto sommato positivo per il vino in Italia, tanto negli acquisti per il consumo domestico, che quello del fuori casa. Nella grande distribuzione italiana: le vendite di vini fermi sono cresciute dello 0,2% in volume e valore, a 628,4 milioni di litri, per un valore di 1,7 miliardi di euro, mentre gli spumanti hanno fatto decisamente meglio con un +7% in volume ed un +6,5% in valore, per 61,1 milioni di litri ed un valore di 395,5 milioni di euro. A dirlo, in vista di Vinitaly (10-13 aprile, Verona, www.vinitaly.com) una analisi di WineNews su dati Nielsen elaborati da Coop Italia, leader della grande distribuzione italiana (con un fatturato complessivo di 12 miliardi di euro, il 70% dal wine & food). Con le due tipologie che spuntano prezzi decisamente diversi: 2,74 euro al litro per i vini fermi, 6,47 euro al litro per le bollicine.
I vini Dop e Igp, bianchi e rossi, sono quelli che incidono maggiormente, visto che valgono poco più della metà dei vini fermi in volume (332,1 milioni di litri) e più dei 2/3 in valore (1,2 miliardi di euro). E se i vini rossi rappresentano ancora di gran lunga la tipologia che va per la maggiore, i bianchi sono quelli che godono della dinamica più positiva. Nel dettaglio, infatti, nel 2015 i vino rossi Doc e Docg hanno messo insieme vendite per 112,3 milioni di litri e 480,8 milioni di euro, con un -0,9% in quantità ed un +2% in valore (4,28 euro al litro, in media), mentre i bianchi hanno segnato 65,9 milioni di litri per 308,2 milioni di euro, a +1% in quantità e +3,9% in valore, a 4,67 euro al litro. Dinamica ancora più accentuata tra i vini Igt: i rossi hanno toccato quota 91,6 milioni di litri, per un valore di 240,9 milioni di euro -0,4% in volume e -1,5% in valore, con un prezzo medio di 2,63 euro al litro, mentre i vini bianchi hanno fatto 62,3 milioni di litri per 192,7 milioni di euro, +2,9% in volume e +1,8% in valore, con un prezzo medio di 3,09 euro al litro.
“Un andamento delle vendite, nelle diverse tipologie, che si può spiegare con due fattori - commenta, a WineNews, Albino Russo, dg dalla Presidenza Nazionale di Ancc-Coop - la crescita dei bianchi rispetto ai rossi nel 2015 sul 2014 può essere legata anche all’andamento stagionale, visto che in un anno generalmente molto caldo, dove l’estate di fatto è durata quasi un mese in più, i consumatori hanno preferito prodotti più freschi come i vini bianchi che, nel pensiero comune, sono associati anche ad una maggiore idea di leggerezza e benessere, che sono due concetti che guidano in generale l’andamento dei consumi. La crescita degli spumanti, invece, può essere imputabile anche ai primi segnale di una ripresa economica che, nei fatti, però, ancora non c’è, ma che ha comunque spinto gli italiani a riscoprire la voglia di far festa. Perchè gli spumanti, benchè sempre più destagionalizzati, sono comunque ancora un vino da ricorrenza”.
In questo contesto positivo, ad andare male sono stati i vini comuni, come dimostra la dinamica del formato di gran lunga più venduto tra gli scaffali per la tipologia, ovvero quello del brick di formato superiore al mezzo litro, che vale 168,7 milioni di litri per 224,7 milioni di euro, in calo del 3,1% in volume e del -7,4% in valore, con un prezzo medio al litro di 1,33 euro.
Ma se questo è il quadro che emerge sul fronte gdo, dove passa la maggior parte del vino venduto in Italia, buone notizie sembrano arrivare anche dal fuori casa, canale in cui, secondo uno studio della Fipe-Confcommercio, si vende il 70% dei vini (tra ristornati, hotel, enoteche e wine bar) con un prezzo al consumo superiore ai 25 euro a bottiglia. Da cui emerge un sentiment sostanzialmente positivo, almeno secondo i ristoratori: il 25% nota un aumento dei consumi di vino nell’ultimo anno, a fronte di un 23% che denuncia una flessione, mentre il 52% del campione evidenzia una situazione stabile senza grandi variazioni.
Per quanto riguarda i trend di consumo per tipologia di vino, le bollicine si pongono in pole position nelle preferenze del consumatore italiano, secondo il 48,3% degli intervistati, cala invece la scelta di vini rosati (per il 43,4% degli intervistati), e di vini dolci (per il 43,1% degli intervistati). Parlando invece di origine dell’etichetta, gli italiani prediligono soprattutto le proposte regionali e locali, che risultano in aumento (per il 55,2% degli intervistati).
Ma quali saranno le tendenze per il 2016? L’attenzione alla qualità sembra essere il leitmotiv. Per il futuro i ristoratori vedono in crescita il vino in calice (secondo il 94% degli intervistati), etichette regionali/locali (secondo il 94,5% degli intervistati) e a denominazione (secondo il 74,8% degli intervistati), e, al contempo, proposte poco impegnative (secondo il 67,8% degli intervistati) e con basso contenuto di alcol (secondo il 51,9% degli intervistati). Grande attenzione verrà data da parte dei ristoranti ai vini biologici (per il 60,9% degli intervistati) e a basso contenuto di solfiti (per il 67,5% degli intervistati). Un altro trend riguarda il fattore “sostenibilità”: la doggy bag, con la possibilità per il cliente di portare a casa il vino non consumato, incontra crescenti consensi (secondo il 55,7% degli intervistati). Poco amato risulta, invece, il vino sfuso, in flessione secondo il 66,7% degli intervistati.
Ancora, dal sondaggio Fipe, emerge che gli italiani amano il vino, ma non lo conoscono quanto si pensa: l’85% degli intervistati ha dichiarato di non ritenersi per nulla esperto o in pochissima parte. La scelta di quale etichetta e quale tipologia di vino è quindi strettamente legata ad altre variabili: in primis i suggerimenti del sommelier e del ristoratore (secondo l’85% degli intervistati), il rapporto qualità/prezzo (73% degli intervistati), la notorietà del produttore (53%), la notorietà del vino, se va di moda (34%), la notorietà della denominazione (19%), manifestazioni ed eventi (secondo il 24% degli intervistati), riviste di settore (15%), passaparola il 28% degli intervistati), mass media (8%) e il marketing delle case vinicole (secondo l’8% degli intervistati).
“A fronte dell’arresto nella flessione dei consumi emersa in questo ultimo anno - dichiara Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe - dall’indagine vengono a delinearsi alcuni trend significativi: i clienti italiani dimostrano di apprezzare sempre più le qualità del vino e gli aspetti nutrizionali, storici, culturali ed edonistici che lo valorizzano. Molti pubblici esercizi hanno raccolto queste nuove esigenze del consumatore, investendo sulla cantina, inserendo le mezze bottiglie oppure proponendo la mescita a bicchiere, una scelta che consente di degustare vini di qualità a costi contenuti rispetto all’acquisto di un’intera bottiglia. Un altro importante vantaggio risiede nel fatto di poter provare in uno stesso pasto vini diversi abbinandoli alle varie tipologie di cibo, alimentando lo sviluppo di una cultura enogastronomica. Cogliendo queste nuove esigenze che rispondono anche ai cambiamenti sociali, che vedono la consistente crescita dei single e una sensibilità sempre maggiore verso il tema degli abusi di alcool. Per le tipologie di vino, invece, emerge una crescente preferenza per le etichette nazionali e territoriali nell’ottica di dare sempre più spazio a proposte del territorio di riferimento, filosofia che viene prediletta anche dai ristoratori con carte del vino meno articolate e maggiormente improntate a proposte locali. Il consumatore italiano, nonostante dichiari di conoscere poco il mondo dell’enologia, si dimostra particolarmente attento alla qualità, ad esempio nella preferenza di etichette a denominazione di origine e nel fatto di affidarsi ai consigli del personale di sala o del sommelier. Il ristorante si dimostra a questo proposito determinante nell’orientare i consumi, soprattutto per le etichette di maggior prestigio: il 70% delle vendite relative passa infatti proprio dai pubblici esercizi. I numeri - continua Stoppani - prospettano un quadro discretamente positivo, in linea con la situazione presentata nel Rapporto Ristorazione 2015. Gli italiani dimostrano di apprezzare sempre più il fuoricasa quale contesto ideale per trascorrere parte del proprio tempo libero privilegiando consumi di qualità: lo testimonia il fatto che, dopo anni con segno negativo, la flessione nella scelta del vino al ristorante si è arrestata. Gli italiani si dichiarano poco esperti di enologia ma nonostante questo gap dimostrano di apprezzare i nostri vini e di affidarsi alla professionalità degli operatori della ristorazione per quanto concerne la selezione e scelta di etichette e modalità di consumo: un importante segno di fiducia per il settore e un invito a puntare sempre più sulla qualità delle proposte. In questo frangente l’impegno della Federazione è massimo, con lo scopo di promuovere un’offerta di alto livello e responsabile: sono i punti cardine del progetto #beremeglio, che presto verrà avviato su tutto il territorio nazionale”.

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