Un viaggio tra neuroscienza, storia e cultura del vino, che tenta di fare chiarezza su quella che ormai si aggiunge alle grandi paure della modernità: la fobia dell’alcol. Il libro “In Vino Felicitas. Manifesto per una vita larga (e felice)”, scritto dal dottore e giornalista Andrea Casadio e da Alberto Grandi, professore associato di Storia del cibo all’Università di Parma (Wingsbert House by Aliberti, 144 pagine, 14,90 euro) fa riflettere, a colpi di debunking, sui reali rischi e benefici del vino e delle bevande alcoliche (e non) per la nostra salute.
L’opera, che contiene un manifesto a difesa del vino ed un decalogo del piacere consapevole, smonta le ossessioni salutiste e ci invita a brindare alla felicità. Perché la salute non è solo assenza di malattia, ma anche presenza di piacere, convivialità, equilibrio emotivo. Perchè ciò che conta è la misura, la saggezza, la capacità di godersi le cose senza lasciarsene dominare.
Nel vino infatti non c’è solo l’alcol: c’è un po’ di felicità, di memoria, di convivialità.
Eppure, tra tutte le nuove paure moderne - dal glutine ai social - ce n’è una che sta guadagnando sempre più adepti: la fobia dell’alcol. Non quella dei medici che lo combattono con dati e statistiche, ma quella diffusa tra le persone comuni che, tra una centrifuga di sedano e una meditazione anti-cancro, inorridiscono se si osa ordinare un bicchiere di vino con un piatto di pasta. La scienza si è data molto da fare per mettere in chiaro le cose e, finora, nessuno studio ha mai stabilito che bere moderatamente sia peggio che non bere affatto. Scopriremo, infatti, che non esiste alcun “rischio zero”, e che gli astemi, pertanto, non possono dormire sonni tranquilli. Ma soprattutto, impareremo una cosa: la salute non è solo assenza di malattia, ma anche presenza di piacere, convivialità, equilibrio emotivo. Insomma, il benessere non si misura solo in milligrammi per decilitro. Ciò che conta è la misura, la saggezza, la capacità di godersi le cose senza lasciarsene dominare. Allora sì, alziamo il calice, esortano gli autori. Non per sfidare la scienza, ma per onorare la nostra umanità.
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