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UNA PIZZA SU DUE E’ A BASE DI INGREDIENTI IMPORTATI DALL’ESTERO. COSI’ DA COLDIRETTI ARRIVA LA VERA PIZZA NAPOLETANA “DOC” FIRMATA DAGLI AGRICOLTORI ... LA FIPE (CONFCOMMERCIO) LA BOCCIA

Almeno una pizza su due contiene ingredienti principali importati dall’estero senza alcuna indicazione per i consumatori che credono di assaporare i prodotti della tradizione made in Italy, mentre invece viene loro servito un mix di farina, pomodoro, mozzarelle e olio provenienti da migliaia di chilometri di distanza: per questi motivi, la Coldiretti ha deciso di lanciare da Napoli la prima pizza firmata dagli agricoltori italiani per contrastare l’evidente rischio sulla perdita di originalità del prodotto più amato dagli italiani e in tutto il mondo. Ma il presidente Fipe Lino Enrico Stoppani boccia l’iniziativa perché, sottolinea, “è tempo che in Italia l’agricoltura riprenda il ruolo che le compete per storia e tradizione, tornando alla terra e alla cura degli animali e lasciare che siano i pizzaioli ad occuparsi delle pizze”.
Originale al 100% oppure falso sulla tavola? Dubbi che, secondo la Coldiretti, vengono completamente fugati dall’arrivo della prima pizza firmata dagli agricoltori, realizzata nell’ambito del progetto “una filiera agricola tutta italiana”, che garantisce l’origine nazionale di tutti gli ingredienti utilizzati, oltre al rispetto del disciplinare per la pizza napoletana Sgt (Specialità tradizione garantita) in corso di riconoscimento da parte dell’Unione Europea che prevede, oltre agli imprescindibili pomodoro, mozzarella di bufala Dop o mozzarella Stg, olio extravergine d’oliva e origano, un diametro non superiore ai 35 centimetri, il bordo rialzato (cornicione) tra 1 e 2 centimetri e una consistenza insieme morbida, elastica e facilmente piegabile “a libretto”.
In Italia ci sono 25.000 pizzerie con 120.000 posti di lavoro e un fatturato di 5 miliardi di euro che è in crescita nonostante la crisi, come conferma una recente ricerca Doxa secondo la quale quando si tratta di scegliere qualcosa di “gustoso”, per la pausa pranzo, il 29% degli italiani predilige pasta, ma ben il 26% pizza. Sempre più spesso nelle pizzerie viene servito un prodotto preparato con cagliate provenienti dall’est Europa invece della tradizionale mozzarella, pomodoro cinese invece di quello nostrano, olio di oliva tunisino e spagnolo o addirittura olio di semi al posto dell’extravergine italiano e farina canadese o ucraina che sostituisce quella ottenuta dal grano nazionale.
Secondo la Coldiretti, in Italia sono stati importati in un anno 500 milioni di chili di extravergine, 86 milioni di chili di cagliate per mozzarelle, 130 milioni di chili di concentrato di pomodoro e 5 miliardi di chili di grano tenero. Il rischio, sostiene la Coldiretti, è di perdere definitivamente lo storico legame con il territorio di provenienza della pizza che è nata a Napoli a metà del 1700 ed eretta per sempre a vessillo tricolore, con il bianco della mozzarella, il rosso del pomodoro ed il verde del basilico, quando il pizzaiolo Raffaele Esposito dedicò la “pizza Margherita” alla regina di Casa Savoia nel 1889. Oggi la pizza è la parola italiana più conosciuta all’estero con l’8%, seguita dal cappuccino (7%), dagli spaghetti (7%) e dall’espresso (6%), secondo un sondaggio on line realizzato dalla Società Dante Alighieri.
Ad assicurare la disponibilità e l’originalità degli ingredienti ci saranno le strutture economiche associate alla Coldiretti che aderiscono al progetto, come i Consorzi Agrari italiani che hanno messo in rete i 36 milioni di quintali di cereali di cui dispongono, il Consorzio Interregionale Ortofrutticoli (Cio) che lavora circa un quarto del pomodoro coltivato in Italia, l’Unaprol-Consorzio Olivicolo italiano con il 60% della produzione nazionale di olio, e i caseifici cooperativi in grado di offrire mozzarella di bufala campana e fiordilatte.
Per il presidente Fipe Stoppani “ognuno deve fare il proprio mestiere, anche per non aggiungere altra confusione al consumatore. Quindi, piuttosto che firmare la pizza, sarebbe meglio che gli agricoltori continuassero ad occuparsi di coltivazioni e allevamenti, tralasciando attività che non possono essere improvvisate. C’è da migliorare il controllo sulle frodi alimentari e bisogna evitare di stressare la capacità di resa di terreni, alimentare meglio il bestiame, gestire con cura cascinali e il territorio, spesso abbandonati e incolti, offrire prodotti di qualità e sicuri. I primi a porre il problema e a reclamare attenzione contro la dequalificazione che penalizza la pizza italiana - prosegue Stoppani - sono proprio gli esercenti. Gli italiani hanno bisogno di messaggi precisi e chiari. Una pizza veramente italiana è fatta di buoni ingredienti, di professionalità e di competenze che non si inventano”.
La Fipe ricorda che sul settore della qualità degli alimenti c’è ancora molto da fare: secondo l’ultimo Rapporto “Italia a Tavola”, i Nas hanno sequestrato 200 tonnellate di prodotti nel settore delle carni e degli allevamenti per un valore di 72 milioni di euro; non va meglio nel settore dell’ortofrutta, delle conserve, farine, latte, mangimi, olio e neanche va meglio nel settore dell’agricoltura biologica contaminata da fitofarmaci oltre i limiti consentiti, presenza di Ogm, false etichettature e ingredienti illeciti.
Ma per la Coldiretti, l’“operazione verità” ha lo scopo di smascherare gli inganni del finto made in Italy, con circa la metà dell’extravergine, delle mozzarelle e della farina utilizzata per la pizza che vengono importate dall’estero mentre il concentrato cinese che entra nelle frontiere italiane è ben il 20% del pomodoro coltivato in Italia. Ed alle perplessità sull’origine si aggiungono, secondo la Coldiretti, quelle sul livello qualitativo, considerando che 1 mozzarella sulle 4 impiegate non viene fatta direttamente dal latte, ma da cagliate importate dall’Est Europa: una tendenza allo scadimento qualitativo che è accentuata anche dalla crisi economica in atto. Il costo degli ingredienti per la pizza firmata dagli agricoltori, tra farina, lievito, pomodoro, mozzarella ed extravergine di qualità e origine garantita made in Italy, rimane abbondantemente sotto i 2 euro e non rende dunque necessario alcun ritocco dei listini in pizzeria che dipendono soprattutto da altri fattori (lavoro, affitti, ecc.). A titolo di esempio la Coldiretti sottolinea come 7 grammi di olio extravergine italiano sulla pizza costano 10 centesimi all’esercente e danno il massimo per digeribilità, sapore e valori nutrizionali rispetto agli altri oli alimentari, come colza, soia, mais, girasole e arachide.

Focus - Gli inganni della pizza made in Italy secondo la Coldiretti
- il 50% della farina di grano tenero impiegata per la pizza è importata
- la metà delle bottiglie di olio di oliva consumate viene dall’estero
- la metà delle mozzarelle non ha denominazione di origine e sono fatte con latte o addirittura cagliate straniere
- il 20% del pomodoro in scatola venduto in Italia è di provenienza cinese
Fonte: elaborazioni Coldiretti

Focus - La ricetta della vera pizza napoletana “Doc” firmata dagli agricoltori Coldiretti
Gli ingredienti: farina di grano tenero italiano, lievito di birra, acqua, pomodori pelati italiani, olio d’oliva extravergine italiano, mozzarella di bufala a denominazione di origine controllata o fiordilatte prodotto con latte italiano, aglio italiano, origano italiano, sale.
L’impasto: mescolando farina, acqua, sale e lievito si fa un impasto che viene fatto riposare 2 ore. Se ne ricavano dei panetti, a loro volta fatti lievitare per altre 4-6 ore, che vengono posti su un bancone e lavorati e fatti volteggiare con le mani in modo da formare dei dischi di pasta. Al centro la pizza deve avere uno spessore non superiore a 0,4 centimetri, mentre i bordi, il cosiddetto “cornicione”, devono essere alti 1-2 centimetri.
Il condimento: la pizza napoletana viene condita con 70-100 grammi di pomodori pelati italiani. Si aggiungono sale, origano, uno spicchio di aglio, 80-100 grammi di mozzarella di bufala campana Dop o di fiordilatte prodotto con latte italiano tagliata a listelli e foglie di basilico fresco. Si distribuiscono quindi sulla superficie della pizza 4-5 grammi di olio extravergine d’oliva prodotto in Italia.
La cottura: servendosi di una pala di legno, la pizza viene fatta scivolare all’interno del forno a legna, riscaldato a 485° C. La pizza viene fatta ruotare verso il fuoco, sollevandone un lembo per verificarne la cottura, che dovrà durare non più di 60-90 secondi.
In tavola: al termine della cottura, il pomodoro dovrà restare denso e consistente, la mozzarella sarà fusa, mentre il basilico e l’origano svilupperanno un aroma intenso.
La pizza napoletana “Doc” firmata dagli agricoltori italiani è così pronta per essere gustata.

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