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Uva nei tralci, la Napa Valley è in crisi. Il futuro? “Meno quantità, più qualità e vini diversi”

A WineNews, le riflessioni dello storico del paesaggio Gianni Moriani, dopo il commento di James Suckling sullo stato di salute del vino americano

“È un peccato vedere centinaia di acri di vigneti nella Napa Valley con uve non ancora raccolte, dopo che la vendemmia di quest’anno si è ufficialmente conclusa a fine ottobre. È un chiaro segno delle sfide che produttori e viticoltori stanno affrontando in un mercato vinicolo in declino. Questo potrebbe contribuire a razionalizzare parte della sovrapproduzione di uva e vino, portando un maggiore equilibrio al mercato e un’attenzione particolare a vini migliori a prezzi più convenienti. Ma la situazione sarà dura”. Questo è il grido di allarme, lanciato da James Suckling, uno dei critici enoici più influenti al mondo, americano di nascita ed ex firma di “Wine Spectator” che ha lasciato nel 2010, ed ormai di stanza ad Hong Kong e tra le firme della critica enoica più seguite in Asia. E che fotografa una situazione delicata in una delle aree vinicole più importanti al mondo, perla enoica della California, il principale “serbatoio” per il vino made in Usa (rappresenta circa il 95% delle esportazioni di vino americane, secondo WineAmerica), ma che è comune a tante altre, basti pensare a Bordeaux e al fenomeno degli espianti, raccontato più volte da WineNews, e che interessa anche l’Italia dove le scorte in cantina restano decisamente alte, con alcune denominazioni che hanno puntato sulla modifica dei disciplinari per abbassare le rese. Un punto di vista, quello di Suckling, che ha fatto il giro del mondo e generato varie analisi tra gli addetti ai lavori. E, su WineNews, riceviamo e volentieri pubblichiamo, la riflessione scritta di Gianni Moriani (dal titolo “Che fare se l’uva resta sui tralci in Napa Valley e anche in Italia?”), storico della cucina e del paesaggio agrario italiani, con il quale ci confrontiamo spesso sul valore e la bellezza dei territori del vino e del cibo italiani.
“Nei giorni scorsi - scrive Moriani - James Suckling ha condiviso su Instagram una serie di foto raggelanti, con viti che mostrano grappoli rattrappiti appesi ai tralci nei prestigiosi vigneti di Napa Valley. La triste iconografia è accompagnata da una diagnosi sullo stato di salute del comparto vino carica di preoccupazione, che si conclude con il suggerimento di trasformare la difficoltà in opportunità”. Moriani ricorda che “lo State of the U.S. Wine Industry Report, redatto dalla Silicon Valley Bank, ha segnalato che migliaia di acri di vigneto non sono stati raccolti nel 2024. Il quotidiano “San Francisco Chronicle” ha scritto che 16.000 ettari di vigneto sono stati estirpati in un solo anno: un intervento che si configura come “il più grande ridimensionamento nella storia recente” della viticoltura californiana. È l’esito di anni e anni di sovrapproduzione contrassegnati da troppi vigneti e da troppe botti che non si svuotano, perché i consumi sono in calo. Anche gli americani, infatti, bevono meno vino, in particolare i giovani sono più attenti alla salute e comunque orientati verso bibite alternative: spritz, cocktail ready to drink, birre artigianali, ad esempio”.
Per Moriani, “questa crisi cambierà il volto del vigneto californiano, segnando una rilevante inversione di marcia, con l’abbandono del sogno di piantare sempre più viti, iniziato negli anni Novanta del secolo scorso. Il futuro del vigneto di Napa Valley sortirà da una spinta selezione delle varietà. Dopo anni di miope espansione quantitativa, ora la parola d’ordine è di migliorare la qualità per dare valore al vino. Questo significa anche la fine dei vini californiani così come li abbiamo conosciuti: soprattutto rossi, corposi, ad alta gradazione alcolica, segnati da tanto legno nei Merlot, Cabernet Sauvignon, Pinot Nero, esaltati da Parker, sostenuti dalla rivista “Wine Spectator” e da esasperate campagne di marketing. Cambiati i gusti, nelle cantine di Napa Valley è in atto un processo di “deparkerizzazione” togliendo alcol e legno in eccesso, restituendo al vino la perduta freschezza e leggerezza”. L’Italia non può stare a guardare.
Secondo Moriani, “i produttori italiani dovrebbero fare tesoro di questa lezione americana, in quanto anche da noi quest’anno abbiamo segnalazioni di uva lasciata sui tralci perché le cantine con le botti piene non potevano ricevere nuovo vino. Dove? Nell’astigiano, nel grossetano, in Puglia”. Ma, si interroga Moriani, “sapranno i nostri vignaiuoli trasformare questi primi scricchiolii, in cambiamenti sia nel vigneto che in cantina, per rispondere coerentemente a un mercato in rapida evoluzione?”. Serve prenderne atto per un futuro che è già presente.

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