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Ventiquattro / Il Sole 24 Ore

“Terra di Lavoro” autoctono di razza ... Recenti incontri con manager di catene alberghiere internazionali mi hanno
confermato che anche nei nuovi mercati
(Est Europa ed Estremo Oriente) la scelta
privilegia i vini rossi. La richiesta si riferisce soprattutto a quelli di alto lignaggio: i
Bordeaux nel classico mariage di cabernet
sauvignon e frane con merlot e pennella
te di petit verdot; i Bourgogne ottenuti dal
pinot nero in purezza. Le loro quotazioni ovviamente rispecchiano la fama, il fascino
e l’equazione domanda-offerta, confermati
da una storica qualità.
A questo proposito l’Italia non è da meno
e ha dimostrato, negli ultimi vent’anni, di
saper riscoprire e utilizzare l’autoctonia
dei suoi vitigni mettendo sul mercato vini
a prezzi decisamente competitivi. Di alta
gamma qualitativa e originale rispetto ai
più famosi d’Oltralpe, apprezzo il Terra di
Lavoro 2004 Rosso Igt dell’azienda agricola
Galardi nel Casertano, la cui produzione è
iniziata nel 1990 e in pochi anni ha espresso eccellenza, oltre ogni aspettativa. Sono convinto che per la Galardi sia vincente la decisione di produrre questo solo vino che diventa così emblema di un’intera area. E un rosso ottenuto con uve aglianico e piedirosso, presenti in questa regione da più di duemila anni. Il colore rubino è profondamente intenso, l’intrigante ricchezza dei profumi esprime frutti neri, macchia mediterranea, bosco e nuances vegetali, fino alla percezione di toni speziati: tutte sensazioni che si confermano nel riscontro olfattivo e armonizzano la fastosità del corpo. Assaggiando l’anatra, il piccione o l’agnello proposti nel menù dell’Enoteca, mi convinco che sono le carni perfette per questo grande vino per il quale bisogna saper attendere la maturità, dopo il quarto anno e ben oltre.

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