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Ventiquattro / Il Sole 24 Ore

Pesche bianche e Moscato d’Asti ... Il produttore friulano Mario Schiopetto, ahimè mancato qualche anno fa, mi disse che nella vita di un vignaiolo c’erano sì e no quaranta vendemmie da gestire, ma al massimo cinque con risultati veramente esemplari. Questo pensiero, veritiero all’epoca, mi ha accompagnato per molti anni. Da qualche tempo però, malgrado il continuo mutamento del clima, da tutte le vendemmie si ottengono standard qualitativi buoni, fino a eccellenti. Certamente una coscienza più profonda, la cura dei vigneti e soprattutto la tecnica in cantina stanno compensando le intemperanze atmosferiche, senza dimenticare che il vino dovrà sempre esprimere il carattere e le tradizioni della terra da cui nasce. Le attuali tecnologie sono processi che annullano il vecchio adagio secondo cui “il vino nasce in vigna, la cantina può solo rovinarlo”. Oggi sono state adottate indispensabili innovazioni in grado di cambiare il detto così: “la cantina sopperisce alle carenze del clima che indeboliscono la vigna”. Il Moscato d’Asti è esempio di un prodotto che ha abbandonato i vecchi sistemi di vinificazione e la filtrazione con sacchi di tela per fermare la fermentazione, a favore di contenitori d’acciaio, basse temperature e igiene ineccepibile che permettono l’integrità del Moscato fino a due anni dalla vendemmia, contro gli otto mesi del vecchio metodo. In Enoteca serviamo Bricco Quaglia de La Spinetta per l’abbondante profumo di fiori e frutta bianca, in sintonia con il giusto grado di dolcezza e l’ottima persistenza. Classico l’utilizzo con le paste lievitate (panettoni e colombe) o con le torte ricche di panna e crema chantilly; non dimentichiamo però come questa tipologia si esalta con le pesche, quelle bianche in particolare, per un mariage dall’armonia eccitante e dai sapori estivi di antica memoria.

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