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Ventiquattro

La scommessa (vinta) di terre di Balbia…La Calabria vinicola, nonostante i numerosi vantaggi naturali, non è stata fortunata negli anni postbellici. Una costante per una regione dalle enormi risorse, in tutti i settori.
Un bel parco di vitigni autoctoni c’è, molti dei quali con potenzialità poco conosciute e ancora da sviluppare, e non mancano sicuramente suoli giusti e zone collinari che garantirebbero freschezza serale e notturna, fattore essenziale a queste latitudini. Ma, a eccezione della dominazione ionica del Cirò, storicamente la principale zona calabrese, non si è fatta avanti una classe imprenditoriale in grado di fornire risorse e capacità organizzative, con il risultato che le aziende trascinatrici sono poche o addirittura, pur in aree promettenti, del tutto latitanti.
Una delle possibilità di riscatto, però, è rappresentata dall’arrivo di nuove idee e capitale da fuori regione. E uno dei progetti più interessanti degli ultimi anni, l’azienda Terre di Balbia ha trovato le necessarie sinergie nella collaborazione fra Gianni Venica, produttore di spicco del Collio friulano, e Silvio Caputo, cosentino emigrato negli Stati Uniti, poi importatore e distributore a Los Angeles prima di rientrare in Italia.
Il posto scelto per le vigne e la cantina, a dire il vero, non ha una grande rinomanza vinicola: Altomonte, sito tra Cosenza e Castrovillari, pur con qualche vigneto qua e là, è un centro europeo della peschicoltura. Ma già la prima annata del vino rosso della tenuta , il Serra Monte 2001 dimostrò una forte personalità e non poca eleganza.
E il 2002, millesimo di gran lunga più difficile a causa delle piogge che hanno flagellato non solo queste colline ma tutta l’Italia, si distingue per una notevole finezza e fragranza. Con il 2003 si ritorna alla forza e all’impero del debutto, e il taglio fra il Magliocco Canino locale e il Montepulciano si sta rivelando una scelta vincente.
Intanto, le abitudini di Gianni Venica si sono radicalmente modificate: ai visitatori in quel di Dolegna del Collio non viene più offerto il prosciutto di San Daniele, bensì pane e l’ottimo olio di oliva “denocciolato” della nuova azienda calabrese.

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