“In dieci anni è stata contingentata la produzione di Verdicchio dei Castelli di Jesi, triplicata la superficie media di ettari vitati per azienda, rinnovato oltre 1/4 del vigneto e l’imbottigliamento fuori zona è calato del 75%. Oltre a ciò, nel periodo le aziende aderenti ai nostri progetti di promozione sono aumentate del 165% e l’export è cresciuto di quasi il 50%. Queste scelte stanno pagando sul piano dell’affermazione qualitativa del prodotto, ma non si è ancora chiuso il cerchio. Ora serve lavorare di più sul valore, quindi sull’aspetto commerciale e di marketing, in Italia come all’estero”. A fissare il momento della Doc bianchista delle Marche, stabilmente tra le più performanti del Belpaese, dal convegno “Bianco come il vino” a Collisioni Jesi nei 50 anni della Doc Verdicchio dei Castelli di Jesi, il direttore Imt - Istituto Marchigiano di Tutela Vini, Alberto Mazzoni. “Abbiamo il bianco fermo da 4 anni più premiato dalle guide italiane - ha proseguito Mazzoni - e non riusciamo a far valere sino in fondo il nostro valore reale sui mercati: in pratica vinciamo e convinciamo ma, in termini calcistici, ogni volta portiamo a casa 2 punti anziché 3”.
In 10 anni, ha poi ricordato il direttore del maxi-Consorzio marchigiano (472 soci per 15 Denominazioni), la base produttiva dell’autoctono marchigiano di Jesi si è rafforzata nelle superfici ed è diminuita nel numero di aziende: oggi i 2/3 delle uve sono trasformate dalle singole aziende e solo 1/3 dalle cooperative, con il 57% della rivendicazione delle uve concentrato in 38 aziende con superfici superiori ai 10 ettari. E se il sistema cooperativo nel 2006 dominava il mercato, oggi questo è appannaggio dei singoli produttori (60% a volume), a fronte di un drastico calo anche degli imbottigliatori fuori zona, passati dal 36% al 9%.
Infine, i numeri assoluti: la produzione è di 18 milioni di bottiglie per la Doc Castelli di Jesi, di cui la metà è destinata all’estero. Sono 2.190 gli ettari coltivati e 493 le aziende produttrici, per uno dei vigneti più ristrutturati delle Marche. Negli ultimi 10 anni il principale autoctono bianco delle Marche è cresciuto nell’export di quasi il 50%.
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