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MINACCIA EUROPEA

Via libera di Bruxelles a Dublino sulle avvertenze in etichetta contro i pericoli dell’alcol

Levata di scudi dal Belpaese (Uiv, Federvini, Coldiretti): una decisione unilaterale che va contro il mercato comune e criminalizza il vino
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Le indicazioni di pericolo sulle etichette degli alcolici in Irlanda: saranno così?

L’allarme dall’Irlanda risuona da giugno 2022, forse un po’ in sordina, e adesso quello che era un rischio diventa una certezza e, di conseguenza, una minaccia per il settore degli alcolici e, quindi, del vino. La breccia, Dublino l’aveva aperta il 21 giugno 2022 (ne abbiamo scritto qui), notificando alla Commissione Europea il “Public Health Alcohol Labelling Regulations”, con il quale il Governo intendeva introdurre l’obbligo di riportare indicazioni relative al cancro, alle donne in gravidanza e alle malattie del fegato nell’etichettatura e presentazione delle bevande alcoliche. Una fuga in avanti che, di fatto, supera quanto stabilito dal “Beating Cancer Plan”, che era riuscito ad evitare l’introduzione degli “healt warnings”.

Da quel momento, la Commissione Ue ha avuto tempo fino al 22 settembre per presentare le proprie obiezioni, che non sono, però, arrivate. Così, scaduto, a fine dicembre 2022, il periodo di moratoria, da oggi l’Irlanda potrà adottare un’etichetta per vino, birra e liquori con avvertenze come “il consumo di alcol provoca malattie del fegato” e “alcol e tumori mortali sono direttamente collegati”. Il via libera di Bruxelles arriva nonostante i pareri contrari di Italia, Francia e Spagna e altri sei Stati Ue, che considerano la misura una barriera al mercato interno, e l’annuncio della stessa Commissione di iniziative comuni sull’etichettatura degli alcolici nell’ambito del piano per battere il cancro, e adesso il pericolo è che l’esempio irlandese possa essere seguito da altri Paesi.

Per il presidente di Unione Italiana Vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi, “il silenzio assenso di Bruxelles a Dublino relativo alle avvertenze sanitarie in etichetta per gli alcolici rappresenta una pericolosa fuga in avanti da parte di un Paese membro. Secondo Unione Italiana Vini (Uiv), il mancato intervento della Commissione Europea mette a repentaglio il principio di libera circolazione delle merci in ambito comunitario e segna un precedente estremamente pericoloso in tema di etichettatura di messaggi allarmistici sul consumo di vino. Temiamo che la Direzione generale per la Salute voglia adottare nei prossimi mesi questo approccio a livello europeo, lasciando nel frattempo libera iniziativa ai singoli Paesi membri, al fine di sdoganare sistemi adottati senza un previo dibattito pubblico a livello europeo. I fatti di oggi - conclude Frescobaldi - segnano uno scenario paradossale e ingovernabile, fatto di una babele di etichette all’interno dell’Unione europea che, purtroppo, non risolvono il problema dell’alcolismo, che dovrebbe essere basato su un approccio responsabile nei consumi di prodotti molto diversi tra loro”.

Per Micaela Pallini, presidente Federvini, la normativa irlandese che, come ricordato, prevede l’applicazione di messaggi demonizzanti sul rapporto tra alcol e salute su tutte le bevande alcoliche vendute nel Paese, è “unilaterale, discriminatoria e sproporzionata”. In assenza di ogni azione della Commissione Europea, ricorda la Federvini, l’Irlanda ha ricevuto un sostanziale via libera alla normativa, che prevede pesanti accostamenti delle bevande alcoliche a rischi di tumori e malattie al fegato.

Un sistema unilaterale che spacca il mercato unico europeo, una modalità discriminatoria perché non distingue tra abuso e consumo e criminalizza prodotti della nostra civiltà mediterranea, senza apportare misurabili ed effettivi benefici nella lotta contro il consumo irresponsabile” continua Micaela Pallini. “Chiediamo che il Governo Italiano si attivi quanto prima per studiare ogni azione possibile, nessuna esclusa, per osteggiare una norma che contrasta con il buon senso e la realtà: forse è giunta l’ora che il tema venga trattato a livello politico in ambito Ue, non da soli ma con i partner europei che hanno già manifestato gravi perplessità su questo tipo di normativa. È necessario una presa di posizione di fronte al mutismo della Commissione Europea”, conclude la presidente Federvini.

Anche per la Coldiretti si tratta di un pericoloso precedente, che rischia di aprire le porte a una normativa comunitaria che metterebbe a rischio una filiera che, in Italia, dal campo alla tavola garantisce 1,3 milioni di posti di lavoro, ed è la principale vice dell’export agroalimentare. “È del tutto improprio assimilare l’eccessivo consumo di superalcolici tipico dei Paesi nordici al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità ed a più bassa gradazione come la birra e il vino che in Italia è diventato l’emblema di uno stile di vita lento, attento all’equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con se stessi, da contrapporre all’assunzione sregolata di alcol”, commenta il presidente Coldiretti, Ettore Prandini. “Il giusto impegno dell’Unione per tutelare la salute dei cittadini secondo la Coldiretti non può tradursi in decisioni semplicistiche che rischiano di criminalizzare ingiustamente singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate”. Una scelta che rischia di alimentare paure ingiustificate nei consumatori come dimostra il fatto che quasi un italiano su quattro (23%) smetterebbe di bere vino o ne consumerebbe di meno se in etichetta trovasse scritte allarmistiche come quelle apposte sui pacchetti di sigarette, secondo un sondaggio on line della stessa Coldiretti.

Il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, alla notizia della non opposizione odierna allo schema di regolamento irlandese, si è detto “particolarmente preoccupato per la deriva proibizionistica che il settore vitivinicolo europeo sta affrontando. La Commissione non ha ascoltato le riserve che l’Italia, con altri numerosi Stati membri, ha manifestato per opporsi alle misure introdotte dalla normativa irlandese creando un grave precedente e un potenziale ostacolo al commercio interno”. Il progetto di regolamento - sottolinea Confagricoltura - introduce l’obbligo di riportare messaggi sanitari relativi al cancro, alle malattie del fegato, alle donne in gravidanza nell’etichettatura e presentazione di tutte le bevande alcoliche, vini inclusi, immesse nel mercato domestico.

Il Governo italiano è stato il primo a trasmettere un parere circostanziato alla Commissione europea per manifestare la propria contrarietà a questa misura, che costituisce un pericoloso precedente per altre iniziative simili che potrebbero eventualmente essere presentate da altri Paesi. “Occorre contrapporre a queste decisioni l’evidenza che è solo l’abuso di alcol, e non il consumo moderato, a poter determinare effetti nocivi sulla salute - conclude Giansanti - Soltanto con strumenti di prevenzione ed educazione al consumo consapevole è possibile evitare i fenomeni dell’alcolismo”.

Dal Parlamento Ue arriva infine il commento di Paolo De Castro, membro della Commissione Agricoltura e sviluppo rurale, tra i parlamentari italiani di lungo corso e punto di riferimento in Commissione, che si dice sorpreso per “come la Commissione europea non prenda minimamente in considerazione la posizione approvata a larghissima maggioranza dal Parlamento Ue che, nella risoluzione sulla lotta contro il cancro del febbraio scorso, ha categoricamente escluso l’introduzione di sistemi di etichettatura sanitari, come quelli presenti sui pacchetti di sigarette”.

Per l’eurodeputato “ancora una volta ci troviamo di fronte al tentativo di alcuni Paesi nord-europei di demonizzare settori che rappresentano un patrimonio della nostra cultura e tradizione eno-gastronomica, con richieste paradossali che peraltro mettono a serio rischio il funzionamento del mercato unico europeo, con i nostri produttori che si troverebbero a dover rispettare norme di etichettatura differenti da un Paese Ue all’altro. Fortunatamente - prosegue De Castro - il via libera non è definitivo: ora l’Irlanda dovrà essere autorizzata anche dall’Organizzazione mondiale del commercio, in quanto questa normativa rappresenta una barriera anche a livello internazionale. Un processo che prevede una durata di circa 60 giorni. Se da un lato la Commissione pare abbia scelto di voler condizionare le scelte dei consumatori europei - conclude l’europarlamentare - come Parlamento lavoreremo invece per informarli di più e meglio, con sistemi di etichettatura delle bevande alcoliche più trasparenti, che forniscano informazioni sul consumo moderato e responsabile. Un lavoro già iniziato, con la revisione del regolamento sulle Indicazioni geografiche, che dovrà essere lo strumento per proteggere allo stesso modo tutti i prodotti di qualità europei, a partire dal vino, da questi tentativi di criminalizzazione”.

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