Per i produttori artigianali, biodinamici e di vini naturali i problemi del commercio sono uguali a quelli dei convenzionali. A rendere il quadro più complesso, però, le caratteristiche precipue delle loro etichette, e la particolare sensibilità di approccio che li distingue. È in estrema sintesi il messaggio emerso nel convegno “Come vendere vignaioli e territori. Per una diversa ecologia del commercio nella filiera del vino naturale”, di scena a Vinitaly 2019 e organizzato dall’Associazione Vi.Te Vignaioli e Territori, che ha proposto una specie di “viaggio” unitario nei 4 giorni della kermesse veronese, attraverso l’intera filiera del vino naturale, approdando da ultimo allo scenario commerciale in cui, più che i vini, protagonisti sono le fiere, i mercati, i distributori, gli importatori, i gruppi d’acquisto e la vendita diretta.
L’obbiettivo ultimo per ogni viticoltore e produttore di vino, al di là della sua filosofia produttiva, è infatti sempre lo stesso: vendere. E centrarlo è palesemente fondamentale anche per chi sembra percorrere strade distanti dal mercato. Strade, peraltro preziose, che hanno, qualunque sia la propria posizione sul fenomeno dei vini naturali, messo sul campo delle vicende enoiche più recenti una sensibilità e un approccio diverso al nettare di Bacco, recuperando posizioni e valori in parte dimenticati.
“La logistica che accompagna i nostri vini, specialmente nella fase di spedizione - sottolinea Silvia Forte della cantina friulana Le Due Terre - troppo spesso è insufficiente con furgoni o containers sprovvisti di condizionamento che espongono i vini a sbalzi termici molto importanti che inevitabilmente incidono su prodotti senz’altro meno protetti, che hanno come loro essenza quella di conservare la loro vita interna. Insomma - conclude Forte - dobbiamo educare anche quell'anello così importante della catena di vendita affinché consideri i vini alla stregua di alimenti e si attrezzi per difenderne le caratteristiche organolettiche”.
Educare, sembra proprio la parola chiave in un momento storico dove, invece, troppo spesso, proprio per rispondere ai ritmi imposti dal mercato, si preferisce commercializzare brand o vini modaioli, senza perdere troppo tempo in degustazioni e/o racconti dettagliati dei vini, con buona pace del cosiddetto “storytelling”.
“Vendere vino naturale all’estero spesso è più semplice - spiega Arianna Occhipinti dell’omonima cantina siciliana - perché il personale dei ristoranti è formato. Fuori dai nostri confini la formazione è considerata un elemento fondamentale per vendere, cioè un investimento necessario per poter vendere di più e meglio. Non mancano casi di staff training che riguardano tutto il personale di un ristorante per prepararsi al meglio su cosa in quel locale viene servito”.
Certo la formazione-educazione è un’operazione complicata, soprattutto alle nostre latitudini, ma necessaria specialmente perché si tratta, in questo caso ma a ben guardare anche in tutti gli altri, di vini di nicchia, richiesti da una particolare clientela e perché storicamente “i vini buoni sono da sempre elitari”, come ha sottolineato Sandro Sangiorgi, anima della rivista enoica Porthos.
In Italia, la diffusione dei vini naturali sta vivendo un buon momento ma ancora “i ristoranti stellati acquistano prima di tutto i vini griffati e poi, se il sommelier è particolarmente sensibile e preparato, anche i vini naturali - racconta Piero Guido storico agente romano tra i primi ad occuparsi di questa nuova tendenza di consumo nella Capitale - che sono in prevalenza consumati dai giovani e da chi beve vino tutti i giorni”.
Compiendo un salto geografico notevole, perché la mondializzazione sta, naturalmente investendo anche i vini naturali, “il Giappone è il primo mercato al mondo dei vini naturali - sottolinea Hiroto Sasaki wine consultant per il mercato giapponese e del Sud Est asiatico - perché sono i vini che meglio esprimono la personalità di chi li produce . In Giappone sono presenti in negozi specializzati e ristoranti, “sotto al cappello” generalista delle produzioni biologiche”.
E i Cina, il Paese simbolo della globalizzazione? “Il mercato dei vini naturali sta crescendo, soprattutto intorno alle città più grandi come Pechino e Shangai - spiega Tommy Peng, importatore di vini naturali per il mercato cinese - dove la preparazione complessiva di chi vende vino o di chi lo propone nei ristoranti è più alta. Non esistono, invece, problemi sulla logistica: una cassa di vino viaggia da Canton a Pechino (una distanza pari a quella tra Roma e la Norvegia) in tre giorni, con mezzi modernamente attrezzati”.
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