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FUTURO DEL VINO

Vini Piwi, un fenomeno che cresce in tutta Europa, e anche in Italia. In dimensioni e qualità

Della cantina Terre di Ger il miglior vino della “Rassegna Nazionale dei vini Piwi” n. 2 organizzata dalla Fondazione Edmund Mach
FONDAZIONE EDMUND MACH, TERRE DI GER, VINI PIWI, vino, Italia
La cantina Terre di Ger, specializzata nei vini Piwi

Il Feltro Bianco della cantina Terre di Ger, con la sede a Frattina di Pravisdomini in Friuli Venezia Giulia, ma con vigneti anche in Veneto e nelle Marche, è il miglior vino “Piwi” d’Italia. E della stessa azienda è anche il miglior rosso, il Caliere Rosso 2020, mentre il top tra i vini frizzanti è l’Hurrà 2021 di Pizzolato, il miglior spumante Metodo Classico è il Naran Pravis 2018 di Pravis, il miglior Charmat è l’Iris 2021 de Le Carezze, ed il miglior orange wine è il Julian Orange 2020 di LieseleHof . Ecco i vincitori della “Rassegna Nazionale dei Vini Piwi” n. 2, organizzata dalla Fondazione Edmund Mach, per valorizzare e promuovere i vitigni “sostenibili”, nati per offrire resistenza (o meglio tolleranza) alle principali malattie della vite: oidio e peronospora. A testimonianza di un fenomeno che cresce, con sempre più cantine esclusivamente dedicate o aperte ai Piwi, sono stati 82 i vini in gara, di 44 aziende, suddivisi in sei categorie (rossi, bianchi, orange, frizzanti, charmat, metodo classico), valutati il 9 e 10 novembre, da una commissione composta da 30 qualificati esperti e supportata dagli studenti del Corso di Enotecnico.
“Questa manifestazione di cui si è fatta promotrice la Fondazione Mach intende far conoscere e valorizzare i vitigni resistenti, che rappresentano un progetto concreto, tangibile, da perseguire, anche non potranno costituire l’unica soluzione ai problemi che affliggono la viticoltura” ha affermato in apertura il presidente Fondazone Edmund Mach, Mirco Maria Franco Cattani, sottolineando l’importanza di questo evento giunto alla sua seconda edizione e ormai consolidato nel ricco calendario delle iniziative della Fondazione. Alexander Morandel, presidente di Piw international, ha evidenziato che il tema dei vitigni resistenti “sta diventando una iniziativa europea, globale”. Su questa linea di pensiero anche Enrico Giovannini, presidente di Civit, il Consorzio Innovazione Vite. “In questi ultimi dieci anni - ha detto - il vento è cambiato: riceviamo richieste da tutta Italia per testare queste nuove varietà e colpisce tutti il livello qualitativo raggiunto”.
Il professor Mario Pezzotti, dirigente del Centro Ricerca e Innovazione, ha moderato il seminario, lanciando un nuovo, ulteriore, appello alla politica nazionale affinché dia corso alle scelte che liberino l’Italia dallo stallo in cui è relegato l’utilizzo dell’innovazione genetica in viticoltura, riferendosi sia all’inserimento nel Testo unico del vino della possibilità di coltivazione nelle doc dei vitigni resistenti ottenuti mediante incrocio con viti selvatiche, sia della possibilità di valutare in pieno campo i prototipi di varietà già coltivate, migliorate mediante cisgenesi o genome editing (New Genomic Techniques - Ngt, o Tecnologie di Evoluzione Assistita - Tea, in italiano).
Il seminario, al termine del quale si è svolta la cerimonia di premiazione e un tavolo di assaggi dei vini partecipanti, ha visto gli interventi di autorevoli ricercatori tedeschi e francesi che hanno illustrato i progetti di introduzione delle loro denominazioni: il professor Ulrich Fischer del Weincampus di Neustadt e la professoressa Geraldine Uriel del Comitato interprofessionale del vino di Champagne. Il dottor Gabriele Di Gaspero dell’Istituto di Genomica Applicata di Udine ha parlato di miglioramento genetico per le resistenze della vite.
Il professor Ulrich Fischer ha ricordato come gli obiettivi europei del Green Deal siano favoriti dall’adozione di varietà resistenti, pur esistendo ancora oggi delle resistenze alla loro adozione, dovute alla mancata conoscenza da parte del mercato. Ha illustrato i risultati di diverse prove eseguite presso il suo istituto dove test di confronto con le rispettive varietà di riferimento hanno dato risultati lusinghieri per alcuni vitigni Piwi. La professoressa Geraldine Uriel ha parlato del Comitato interprofessionale del Vino di Champagne, della ricerca condotta e di come le nuove varietà resistenti sono state integrate nello Champagne, che, nel 2014, è stato uno dei primi territori a investire in un ambizioso programma di innovazione con l’obiettivo di selezionare, entro il 2030, varietà che siano durevolmente resistenti all’oidio e alla peronospora e che preservino la tipicità dei vini di Champagne. L’innovazione genetica e l’agricoltura di precisione sono al centro di una rivoluzione in agricoltura- ha evidenziato il dottor Gabriele Di Gaspero (Istituto di Genomica Applicata di Udine)- sottolineando le potenzialità delle Tecnologie di evoluzione assistita e al tempo stesso l’esigenza di far cambiare la percezione dell’opinione pubblica verso l’innovazione genetica in agricoltura: una soluzione che diventerà necessaria per raggiungere l’obiettivo di incrementare in modo sostanziale la sostenibilità nei vigneti.

Focus - I vitigni Piwi e la coltivazione in Italia
Piwi è acronimo della parola tedesca Pilzwiderstandsfähig che significa “viti resistenti ai funghi”. Con il regolamento pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 6 dicembre 2021, l’Unione Europea ha dato il suo via libera all’inserimento dei vitigni resistenti alle malattie fungine o “Piwi”nei vini a Denominazione di Origine.
Il Registro Nazionale delle Varietà di Vino comprende ad oggi 36 varietà Piwi e la superficie coltivata con queste varietà supera alcune centinaia di ettari. Ad oggi la coltivazione delle varietà risulta autorizzata in Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Abruzzo, Emilia Romagna e Marche, ed è in via di autorizzazione in altre regioni.
La Fondazione Edmund Mach ha da sempre a cuore la ricerca dell’innovazione come strumento da fornire agli agricoltori per affrontare nuove sfide. Oggi la sfida più grande che l’agricoltura deve affrontare è la necessità di rendere sostenibile le coltivazioni da un punto di vista economico, sociale ed ambientale. A tale sfida la Fondazione sta rispondendo con diversi strumenti, uno dei quali è il miglioramento genetico delle principali coltivazioni presenti nel Trentino: vite, melo e piccoli frutti.
Per valorizzare anche l’attività di ricerca e sperimentazione sulle varietà tolleranti che ha portato ad iscrivere del Registro nazionale delle varietà di vite quattro nuove selezioni provenienti dall’attività di miglioramento genetico, grazie alla collaborazione del Consorzio Civit: Termantis, Nermantis, Charvir e Valnosia. Di recente tramite il progetto Vevir queste varietà sono risultate ottimali per la coltivazione in Trentino accanto a Solaris, Souvignier gris, Bronner, Palma, Johanniter e Pinot Regina.

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