Le vendite di vino in gdo, dopo il boom del 2021 con gli italiani a lungo costretti in casa dal lockdown per contenere il Covid, come prevedibile, nel 2022, sono tornate a scendere. Guardando alla prima metà del 2022, il valore è stato di 1,3 miliardi di euro. Il -6,6% sul 2021, ma ancora 10,3% in più sul 2019. E questo si può leggere in maniera positiva, con un consumo domestico che, nonostante la ripresa del fuoricasa (+198% tra gennaio aprile sul 2021, quando era sostanzialmente tutto chiuso, ndr), è ancora superiore ai livelli pre pandemia, come a dire che il vino ha riconquistato la tavola domestica degli italiani. A preoccupare di più, però, come del resto avviene per ogni altro settore, sono le previsioni dei consumatori nei prossimi mesi. Che, tra inflazione e caro energia, sembrano propensi a tagliare i consumi di un bene diventato ormai voluttuario, come il vino. Anche in vista degli aumenti di prezzo che, inevitabilmente, ci saranno, visto che i costi di produzione crescono tanto per le cantine, quanto per la distribuzione, e non possono essere tutti assorbiti “a monte”. Nel complesso, dunque, sui consumatori totali, il 73% degli italiani dice che non cambierà abitudini, ma a fronte di un 4% che prevede di consumare qualcosa in più, c’è un 22% che prevede di ridurre i consumi. Soprattutto fuori casa, dove chi non cambierà abitudini di consumo è il 54% degli italiani, ma a fronte di un 35% che pensa di ridurli, e di un 6% che ipotizza addirittura di smettere completamente di bere vino al ristorante o al bar. Mentre tra le mura domestiche, il 79% pensa di non cambiare i suoi consumi enoici, il 7% di aumentarli, ed il 14% di ridurli. È lo spaccato che emerge dall’analisi sul segmento vino firmata da Coop Italia, tra i leader della grande distribuzione organizzata (con un giro d’affari complessivo pari a 14,3 miliardi nel 2021, ed una quota di mercato nella grande distribuzione al 12,5%, ndr), per WineNews, nella presentazione del “Rapporto Coop 2022 - Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani”. Andando nel dettaglio, tra i criteri di scelta di acquisto, in gdo il prezzo pesa più di tutto, visto che il 17% indica come primo aspetto che considera le offerte e le promozioni, ed il 9% il prezzo basso, con l’aspetto economico che, dunque, pesa complessivamente per il 26%. Più del territorio di produzione (il 24% lo indica come primo criteri di scelta), della denominazione (13%), di attributi green, dal biologico al sostenibile (11%), del vitigno (10%), della bassa gradazione alcolica (che vale però il 7%, sintomo di un attenzione crescente a questo aspetto), mentre sembrano contare meno il consiglio di un sommelier o del negoziante nel punto vendita (4%), la marca (3%) ed il packaging (1%).
Tra le tipologie, in più in sofferenza, in valore, nella prima metà 2022, in gdo, sono gli Champagne (-21,1%) e gli spumanti metodo classico italiani (-13,9%), ma arretrano nettamente anche i vini Doc e Docg fermi (-8,2%), gli Charmat dolci (-7,7%) gli Igt (-5,6%) ed i vini da tavola (-5,4%), mentre tengono meglio (-1,4) gli Charmat Secchi (categoria su cui il Prosecco incide per il 68%, ndr). Tra le altre curiosità, emerge che, in Italia, a bere vino, sono 30 milioni di italiani, il 55% degli adulti, con percentuali sopra la media in Umbria (62%), nelle Marche (60%), ed in Veneto, Emilia Romagna e Valle d’Aosta (59%). A commentare i dati è Albino Russo, dg Ancc Coop-Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori e curatore del “Rapporto Coop 2022”.
“È vero che c’è stata una riduzione significativa degli acquisti di vino nell’ultimo anno, ma rispetto al pre-pandemia siamo sopra di oltre il 10%, con una forte ricomposizione interna. Con una eccezionale performance, sul 2019, dei vini frizzanti, che hanno offerto occasioni di consumi diverse, e sono la parte più dinamica degli acquisti degli italiani”. Da qui in avanti, però, come detto, arriva il difficile, anche se c’è un aspetto che fa comunque, ben sperare per il mercato del vino. “È vero che il vino può essere considerato un bene superfluo, il cui consumo si può ridurre in periodi di emergenza. Ma in pandemia, per esempio, per molti è diventato un bene quasi di primaria rilevanza, quasi un comfort food, un accompagnamento fondamentale per la tavola domestica”. E, magari, sarà così anche nei prossimi, complicatissimi mesi che secondo tutti ci attendono.
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