I primi due studi, firmati dall’Osservatorio Economico di Federvini, “Vini, Spiriti e Aceti: Valori Mercato e Competitività”, curato da Nomisma, e “Vini e Spiriti nel Mercato dei Consumi Fuori casa”, realizzato da TradeLab, raccontano la crescita da record dell’export dei vini italiani, tra il 2019 ed il 2021, quella sostenuta degli spiriti sul mercato domestico e nelle esportazioni, e le ottime performance dell’Aceto Balsamico di Modena. Per il vino il trend è in ripresa sia sul mercato domestico che sui mercati internazionali, con le vendite nel canale off trade che mostrano a fine settembre (dati NielsenIQ) una crescita a valore del 6,1% sullo stesso periodo 2020 (a 1,947 miliardi di euro), grazie soprattutto al forte impulso dato dagli spumanti che mettono a segno un aumento del 27,5%, trainati dalle tipologie charmat secco e metodo classico.
Crescono anche le esportazioni (come abbiamo raccontato spesso su WineNews, analizzando i dati Istat, ndr) con il vino italiano che vola sui principali Paesi importatori: nel periodo gennaio-settembre 2021, cresce del 14,7% negli Stati Uniti, del 6,1% in Uk, del 9,4% in Germania, del 15% in Canada, del 27% in Russia e di ben il 47,2% in Cina sullo stesso periodo del 2020. Negli Stati Uniti, in particolare, le esportazioni di vino italiano registrano un tasso di crescita sul 2019 che è oltre il doppio di quello fatto registrare dalla crescita dei vini spagnoli (+6,8%) e oltre il triplo di quello fatto registrare dalla crescita dei vini francesi (4,7%), seppure la crescita nel 2021 è leggermente sotto la media della crescita delle importazioni complessive Usa (+18,7%).
Tra le Dop, guida lo Champagne, che, tra gennaio e agosto 2021, ha spedito bottiglie per quasi 2 miliardi di euro, seguito dai vini di Bordeaux (1,45 miliardi di euro), dal Prosecco (800 milioni di euro), dai bianchi di Borgogna (398 milioni di euro), dai rossi di Borgogna (393 milioni di euro) e dai rossi di Toscana (392 milioni di euro).
L’Italia si conferma il primo Paese esportatore mondiale di vino per volumi, seguita dalla Francia, che, però, è prima per valore delle esportazioni. Sui mercati internazionali i vini italiani scontano, rispetto a quelli francesi, una differenza di prezzo che non trova giustificazioni sotto il profilo della qualità. Basti pensare che, mentre i rossi di Bordeaux escono dai confini francesi a 14 euro al litro, quelli piemontesi non vanno oltre i 9,4 euro, mentre i toscani non arrivano a 8 euro. A tale dinamica dei prezzi sono in parte accomunati anche gli spiriti italiani. Sui mercati internazionali l’eccellenza dei prodotti italiani dovrà pertanto essere meglio valorizzata anche e soprattutto sotto il profilo economico.
Anche gli spirits registrano, nei primi 9 mesi 2021, una forte crescita delle vendite nel canale off-trade: +8,4% rispetto allo stesso periodo del 2020. A trainare le vendite degli aperitivi alcolici è il fenomeno del mixology che da quando è scoppiata la pandemia non è più solo legato alle occasioni di consumo fuori casa ma è sempre più diffuso anche tra le mura domestiche: a conferma di ciò, ben il 35% dei consumatori italiani preferisce bere a casa spirits in modalità mixata. Anche gli spiriti segnano una buona performance sui mercati internazionali, facendo registrare nei primi 8 mesi dell’anno un export di 828 milioni di euro, in crescita del 22% rispetto allo stesso periodo del 2020 e superando i livelli pre-covid, grazie alle ottime dinamiche di due eccellenze del made in Italy: liquori e grappa.
Sia per i vini che per gli spirits le performance di mercato sono trainate dalle imprese di grandi dimensioni. Dall’analisi, effettuata sui bilanci del 2015-2020, emerge che nel comparto del vino le imprese con oltre 50 milioni di euro di fatturato hanno aumentato i ricavi del 22,1%, quelle tra i 10 e i 50 milioni di euro del 15,3% e quelle tra 2 e 10 milioni di euro del 7%, mentre quelle sotto i 2 milioni di euro hanno registrato una riduzione del 5,5%.
Per gli aceti, è da rilevare l’ottimo andamento dell’Aceto Balsamico le cui vendite nel canale off-trade italiano crescono del 4,3% nei primi 9 mesi dell’anno, a fronte di un trend di generale contrazione per la categoria (-5,0%). Positivi anche i trend sui mercati internazionali, soprattutto sul principale mercato di riferimento, gli Stati Uniti, dove le esportazioni segnano un aumento del +24% nel periodo gennaio-agosto 2021 rispetto allo stesso periodo del 2020. In crescita anche le vendite in Francia mentre soffrono le esportazioni in Germania e Regno Unito.
L’andamento del consumo “fuori casa” di vini e spiriti, analizzato dallo studio di TradeLab, evidenzia la dimensione dell’impatto delle chiusure determinate in relazione alla pandemia e il ruolo di vini e spiriti nei momenti di convivialità. Nel 2021 il consumo di cibi e bevande fuori casa si prevede registrerà un fatturato di 66 miliardi di euro, in crescita del 22% sul 2020 ma inferiore di 19 miliardi di euro a quanto fatto registrare nel 2019.
In tale contesto, nel paragone con il 2019, vini e spiriti registrano nel 2021 un andamento migliore (-5%) rispetto all’intero mercato dei consumi fuori casa (-23%) e in linea con il trend delle riaperture: +156% secondo trimestre su primo trimestre e + 106% terzo trimestre su secondo trimestre. Nel periodo estivo sono stati consumati 170 milioni di aperitivi fuori casa e 101 milioni di cocktails, oltre 1 milione al giorno. Nei primi 9 mesi del 2021 la ripartizione delle consumazioni di vini e spiriti fuori casa vede al primo posto il vino con 330 milioni di consumazioni (calici/bottiglie/sfuso, 41%), seguito da cocktail e spiriti lisci a 235 milioni (29%), bollicine a 120 milioni (calici/bottiglie, 15%) e amari e liquori dolci a 115 milioni (14%).
“I dati mostrano che i nostri comparti godono di buona salute - commenta la presidente Federvini, Micaela Pallini - ma, tuttavia, sarebbe sbagliato concludere che tutto va bene: purtroppo assistiamo ad una recrudescenza della pandemia che assieme alle tensioni inflazionistiche sulle materie prime e gli aumenti sui costi di trasporto mettono in serio pericolo la crescita delle nostre aziende nel 2022. A ciò si aggiungono gli attacchi al made in Italy attraverso l’introduzione di dazi o barriere normative ed inaccettabili aggressioni alle nostre denominazioni. Ragioni per le quali ci aspettiamo supporti concreti dalle nostre istituzioni: nella semplificazione amministrativa, nella promozione sui mercati internazionali e nella tutela delle nostre indicazioni geografiche che sono un grande patrimonio di tutto il Paese. Assistiamo inoltre ad un’offensiva internazionale nei confronti dei nostri prodotti, demonizzante e proibizionistica, che non distingue tra consumo corretto ed abuso”.
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