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Viva i grandi chef. Ma chi è in sala e gestisce la cantina è fondamentale per far quadrare i conti di ogni ristorante. Dove tutto, anche la gestione della carta dei vini, è (giustamente) business. Così quelli di “Noi di sala” al Congresso Assoenologi

Italia
Sala e cantina contano quanto cucina per il business dei ristoranti: così Noi di sala

Viva i grandi chef, sempre più superstar: ma poi a far quadrare i conti di ogni grandi ristorante, spesso, ci pensa chi quello che ai fornelli viene prodotto lo “vende” e lo racconta al cliente, e chi gestisce la cantina. Ovvero, in una parola, la “sala”, una delle due gambe su cui ogni impresa della ristorazione si regge. Impresa perché, al di là della grande passione per il wine & food, amplificata dai media, e di una narrazione del fenomeno culinario importante, ma forse troppo poetica e romantica, mandare avanti un ristorante è, in estrema sintesi, fare business. Come lo è gestire una carta dei vini. Ecco, in estrema sintesi, il messaggio ribadito da “Noi di Sala” (www.noidisala.com), associazione guidata da Marco Reitano, de “La Pergola” del Rome Cavalieri di Heinz Beck, sul palco del Congresso Assoenologi a Verona (2-5 giugno, www.assoenologi.it), insieme a colleghi di altri ristoranti di primissimo piano: da Giuseppe Palmieri (Osteria Francescana di Massimo Bottura), Alessandro Tomberli (Enoteca Pinchiorri), Alessandro Pipero (Pipero al Rex), Matteo Zappile (Il Pagliaccio), Luca Boccoli (Settembrini), oltre ad uno dei ristoratori top d’Italia, Giancaro Perbellini (Casa Perbellini), nel talk show condotto dal giornalista e direttore della Guide de L’Espresso, Enzo Vizzari.
“Guide che forse negli ultimi 20 anni abbiamo subito troppo - dice Alessandro Pipero - e che ci hanno spinto, o da cui ci siamo fatti spingere, ad avere carte dei vini enormi, spesso con vini che poi non si vendono o non girano, solo perché dovevamo coprire tutte le Regioni e le tipologie. Poi per fortuna è venuto il vino al bicchiere, grazie al quale alcuni di quei vini siamo riusciti a smaltirli. Ma io oggi in carta scelgo solo vini che la gente vuole comprare, perché io faccio impresa, prima di tutto devo vendere”. Pensiero nudo e crudo che, però, anche i colleghi, magari in modo più diplomatico, sembrano condividere a pieno, e che dal tema della carta dei vini e della gestione della cantina, si estende a tutto il tema della gestione della sala.
“Noi di Sala è nata dall’esigenza di riportare attenzione sul nostro mestiere, che è fondamentale, soprattutto se si vede la ristorazione in un’ottica moderna - dice Marco Reitano - e il nostro obiettivo è fare appassionare i giovani a questa professione, e formarli. Non solo dal punto di vista tecnico, che è importante. Ma soprattutto da quello umano, perchè un sommelier ed un cameriere devono saper prima di tutto interpretare e capire il cliente, per poi potergli “vendere”, nel senso più positivo del termine, piatti e vini. E vale anche per le carte dei vini: ognuno di noi ha le proprie preferenze, le proprie sensibilità, le proprie inclinazioni. Ma quello che vuole il cliente non possiamo non averlo, dobbiamo adattarci.
Stando, però, con i piedi per terra, seguendo il cambiamento che c’è nei vini, nei produttori, nei gusti, ma senza stravolgere le cose, perché altrimenti si genera caos, e il cliente si sente disorientato. I vini “storici” nella carta di una grande ristorante non possono mai mancare, l’importante è che si offra alle persone la possibilità di scegliere il più possibile, anche nelle fasce di prezzo. Assecondando quando è giusto, consigliando quando è richiesto, guidando il cliente quando si ritiene necessario ed opportuno”.
Un mestiere complesso insomma, quello del sommelier e del cameriere, come sottolinea Boccoli: “serve studio, passione e sacrificio, ma è un lavoro molto bello, e anche divertente. Ma la difficoltà è di far appassionare i giovani a questo aspetto del fare ristorazione. Come è difficile trovare anche persone davvero preparate sul vino: non basta saper girare il bicchiere, saper stappare la bottiglia o saper dire due parole”.
“Anche perché il cliente è cambiato - aggiunge Alessandro Tomberli - è più preparato, è più esigente, e quindi anche il nostro approccio deve essere sempre di più alto livello e professionale. Dobbiamo saper “leggere” il cliente, capire quando davanti alla carta dei vini dubita o tentenna, capire con uno sguardo se è più attento all’annata, al prezzo, alla tipologia, alla provenienza, e solo allora intervenire nei modi e nei tempi giusti. Quello del sommelier è un lavoro difficilissimo, ma che gratifica. Deve fare contento il cliente, che paga, la proprietà, che investe, ma anche se stesso, sperimentando ed assaggiando tanti vini da tutto il mondo. E la difficoltà più grande, ma anche l’aspetto più bello, è quello di far capire, di far piacere un vino nuovo ad un cliente”.
“Io ritocco la carta spesso - dice Matteo Zappile - perchè sono curioso di nuove scoperte, nuove produzioni, tecnologie. I capisaldi italiani ed internazionali ci sono, ma facciamo girare al carta il più possibile. Da noi il 95% della clientela è internazionale, ma gli italiani sono quelli più curiosi, cercano nuovi vini, e noi cerchiamo di offrire una scelta sempre più ampia, con bottiglie che vanno dai 30 ai 10.000 euro. La percezione del vino è cambiata, e ora le richieste dei nostri clienti sono molto più specifiche di qualche anno fa”.
Se gli italiani sono più curiosi, però, gli stranieri hanno un approccio più disincantato, spiega Palmieri.
“Da noi, per esempio, tra gli italiani, il 30% viene per godere, il 70% per vedere cosa non va, enfatizzando ogni aspetto, nel bene e nel male. Il pubblico internazionale ha un approccio più semplice, più libero, a volte è più semplice entrarci in relazione. Di certo, gli italiani, per storia, per cultura, per approccio al cibo, sono decisamente più preparati ed esigenti. Anche se un po’ di “crisi culturale” anche in questo senso c’è, perchè si è molto allargata la platea”.
“E tutti pensano di essere “superesperti” senza però esserlo”, sottolinea Vizzari.
Ma c’è chi, pensando alla carta dei vini, punta sullo stimolare la curiosità del cliente, e sulla capacità del proprio sommelier di interpretarla: “la carta dei vini del Casa Perbellini - dice Giancarlo Perbellini - non è divisa per regioni o tipologie: io voglio che i miei sommelier vadano davanti ai clienti e sappiano vendergli il vino che ritengono giusto, interpretando quello che vogliono. E lascio ai sommelier la “calibrazione” della carta, perché è impossibile che vendano cose che non gli piacciono. Anche se hanno gusti diversi dai miei. Ci certo ho cambiato il mio approccio alla carta: da 1.200 etichette sono sceso a 300, grosso modo 200 stranieri (con una predilezione per la Borgogna) e 100 italiani,e puntiamo molto sulle verticali per i vini ed i produttori più importanti. Ma una cosa è chiara: la gradazione alcolica non elevata e la bevibilità dei vini nella scelta del vino da portare a tavola sono sempre più importanti”.
Come lo è, nel complesso, il servizio in sala che oggi, in Italia, purtroppo, “non è adeguato alla qualità della nostra cucina, per tanti motivi - sottolinea Enzo Vizzari - in primis il fatto che la maggioranza dei giovani che si iscrivono alle scuole alberghiere punta proprio sulla cucina, più che sul servizio, anche per il successo mediatico degli chef. Ma il servizio vale tanto quanto “i fornelli”, è importantissimo, perchè chi è in sala è colui che “vende il ristorante””.

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