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Wine Monitor/Nomisma - La Francia non è solo il top exporter mondiale (8,3 miliardi di euro a valore nel 2015): nel mercato degli sfusi è secondo importatore dopo la Germania con quasi 6 milioni di ettolitri acquistati dall’estero (83% dalla Spagna)

Italia
Francia leader delle esportazioni di vino ma anche tra i primi importatori di prodotto sfuso nel mondo

Oltre a segnare un record per l’export di vino italiano, il 2015 ha consolidato il primato francese nella classifica dei vini più commercializzati al mondo: 14,1 milioni di ettolitri per un controvalore di 8,3 miliardi di euro, quasi il 7% sul 2014. A dirlo è Wine Monitor di Nomisma, secondo cui il divario con le performance dei vini italiani all’estero rimane ampio: 54% sul fronte dei valori, mentre dal lato dei volumi il rapporto di forza si ribalta, visto che noi esportiamo 20 milioni di ettolitri e cioè il 41% in più dei francesi. Da qui si spiega anche il diverso prezzo medio all’export: 5,84 €/litro dei cugini d’oltralpe contro i 2,67 €/litro dei nostri vini, valori che diventano pari a 16,87 euro contro 3,52 nel caso degli sparkling, dove lo strapotere dello Champagne non lascia spazio a molti commenti, sebbene ci si possa consolare con il fatto che nel 2015 i produttori italiani hanno venduto nel mondo 2,8 milioni di ettolitri di spumante sugli 1,8 milioni esportati dai francesi. “Parlando di cisterne in questa comparazione vinicola tra i due principali produttori ed esportatori mondiali - sottolinea Wine Monitor Nomisma - non possiamo dimenticare come la Francia si distingua anche sul fronte dell’import, rappresentando nel panorama internazionale il secondo acquirente di vino sfuso, alle spalle della Germania. Con quasi 6 milioni di ettolitri importati nel 2015 contro i 9 milioni dei tedeschi, si evince un’ulteriore diversità del modello produttivo e distributivo transalpino rispetto al nostro”.
Se, infatti, prosegue Wine Monitor di Nomisma, sono ormai un lontano ricordo gli anni Ottanta, quelli della “guerra del vino” tra Italia e Francia, quando cioè i “vignerons” bloccavano alla frontiera le autobotti cariche di vino italiano destinate a fornire “corpo” e colore a vini meno strutturati, oggi le importazioni di sfuso - benché ancora agli stessi livelli quantitativi di allora - trovano principalmente destinazione nei vini a private label delle catene della Distribuzione Moderna che in Francia detengono una quota nel mercato domestico pari al 35% (in Italia il peso è appena pari al 10% dei consumi interni). E se oggi non corriamo il rischio di veder bloccato il vino italiano alla frontiera francese è soprattutto perché quello spagnolo ha preso il nostro posto (dei 6 milioni di ettolitri di vino sfuso importato l’83% proviene dalla Spagna) sostanzialmente per ragioni di convenienza economica, dato che nel 2015 lo sfuso iberico è entrato in Francia con un prezzo medio più basso del 36% di quello dei nostri produttori.
Per quanto riguarda invece i vini fermi imbottigliati, il confronto evidenzia nuovamente un valore medio più elevato per i vini transalpini, pari 4,92 €/litro contro 3,28 di quelli italiani, frutto di posizionamenti diversi che si riscontrano palesemente nella comparazione tra i principali e più famosi vini Dop. Basti pensare che mentre i rossi bordolesi escono dal Paese mediamente a 9,6 €/litro e quelli della Borgogna a 10,2 €/litro, i nostri piemontesi o toscani si posizionano rispettivamente a 8,1 e 6,1 €/litro.
Il divario nel valore complessivo che separa l’export di vino francese da quello italiano non è però immutabile.
“Occorre sottolineare che fino a dieci anni fa questo distacco era molto più alto - afferma Denis Pantini, responsabile Wine Monitor di Nomisma - nel 2006, la differenza era pari al 96%, praticamente l’export francese valeva il doppio di quello italiano quando già allora esportavamo il 23% di quantità in più. Poi negli anni lo scarto si è ridotto, tanto che nel caso dei vini fermi questo divario è passato dal 42% al 25%, evidenziando sia un aumento dei volumi ma soprattutto una riqualificazione dei prodotti esportati”. In effetti, oggi il nostro export vinicolo in quantità è composto per il 14% dagli sparkling, per il 61% dai vini fermi imbottigliati e per il rimanente 25% dagli sfusi. “Dieci anni fa, il peso dei vini venduti in cisterna - continua Pantini - superava il 35%, mentre gli spumanti incidevano per appena il 6%. Il cambio di passo nelle strategie produttive e commerciali delle imprese italiane è stato evidente”.

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