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Wine Paris consacrata come la grande fiera internazionale per parlare al mondo, con la Francia al centro, ma l’Italia sempre più protagonista (e la cui presenza, già raddoppiata quest’anno, è destinata a crescere ancora); Vinitaly che resta sicuro presidio dell’Italia, e vetrina privilegiata per le cantine di un Belpaese sempre più in prima linea nel business mondiale del vino; ProWein messa a dura prova dalla crescita francese, con espositori italiani (e francesi) previsti in netto calo, ma destinata a rimanere come testa di ponte in un mercato fondamentale per tante cantine italiane, come quello tedesco. È lo scenario che emerge forte e chiaro da Wine Paris, dalla voce di centinaia di imprese e produttori, grandi e piccoli, di tanti territori diversi, incontrati da WineNews alla fiera parigina (che grande apprezzamento hanno espresso non solo per la logistica che una grande città come Parigi sa offrire, al netto di qualche dettaglio ancora migliorabile, ma anche per la piattaforma on line che consente ad aziende e buyer profilati di entrare in contatto prima della fiera favorendo l’incontro tra domanda e offerta), che si chiude oggi a Porte de Versailles. E da dove il vino mondiale cerca il colpo di reni per tornare a crescere nel mondo, consapevole di una qualità che aumenta ovunque, di una storia millenaria che non può non avere futuro, e con la voglia di guardare oltre le difficoltà di oggi e di superare i venti avversi che pur gli soffiano contro, tra tensioni geopolitiche che minano tutta l’economia ed i consumi, il salutismo, la minaccia di una nuova guerra commerciale a suon di dazi, il cambiamento climatico e non solo.
In un quadro in cui Wine Paris, firmata da Vinexposium, dunque, si candida non solo ad essere baricentro del business mondiale (anche se, al di là del ruolo importante delle fiere, rimane fondamentale battere i mercati uno ad uno, e avere relazioni forti e puntuali con la distribuzione, la ristorazione ed il retail, dicono tutti), ma anche al ruolo di “influencer”, di lobby nei confronti della politica mondiale, come testimonia la nascita del progetto “Voice”, non solo una rivista, ma una piattaforma che raccoglie contributi e visioni da opinion leaders e protagonisti del settore, “una voce del settore per il settore”, come spiegato da Rodolphe Lameyse, ceo Vinexposium (nei prossimi giorni la video intervista, insieme alle voci dei produttori italiani, su WineNews). “Siamo felici di questa edizione di Wine Paris, vediamo che il business si fa davvero, c’è una grande energia positiva, sembra che almeno tra le mura della fiera per qualche giorno siano state messe da parte le grandi difficoltà che il settore sta affrontando, che restano, per fare spazio alla voglia di fare affari, di vedere il business del vino ripartire. Quando qualche anno fa ci siamo spostati da Bordeaux a Parigi, questa fiera era ancora una fiera prevalentemente francese. Oggi è una fiera internazionale, ci sono espositori e buyer veramente da tutto il mondo. E se i produttori italiani chiedono più spazio (tante le aziende presenti, con quasi 1.000 espositori dall’Italia, ma tante anche in lista di attesa, ndr), siamo pronti a ragionare su come accontentarli, e vale per tutti quelli del mondo. Ma deve essere una cosa che conviene a tutti, espositori e visitatori. In generale, siamo pronti a ragionare su tutto quello che può essere utile a creare business e opportunità per la filiera del vino. Ma - spiega Lameys - vogliamo essere anche qualcosa in più, un luogo dove il vino fa la sua giusta azione di lobby. Abbiamo avuto tanti Ministri, uomini di Governo e politici, dalla Francia, dall’Italia e dal resto del mondo, un segnale chiaro che siamo diventati anche un centro di influenza. Il mercato del vino? Sicuramente i consumi in quantità sono in calo, ma i valori hanno tenuto, e questa è una buona notizia. Certo c’è chi rema contro il mondo del vino, è evidente, ma è così anche per molti altri settori, pensiamo ai fast food, o alle altre bevande. Eppure questi ultimi sono business in crescita, nonostante tutto, e come mondo del vino, forse, dobbiamo imparare a saper fare lobby. Ma in ogni caso il settore del vino è forte, e deve guardare al futuro con fiducia: quello che serve davvero è la stabilità geopolitica, perché le tensioni che ci sono oggi fanno male all’economia. E serve anche che il settore ritrovi, internamente, un po’ di serenità e di positività”.
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