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IL “J’ACCUSE”

Xylella, il Wwf punta il dito su un “sistema di alleanze” che ha devastato gli ulivi pugliesi

Nel rapporto “La fastidiosa Xylella”, l’associazione rivela errori, interessi e limiti della ricerca agronomica, chiedendo una svolta agroecologica
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Uno scatto del Rapporto Wwf (credit: Paolo Chiabrando)

Dietro la celebrazione della “Giornata Nazionale dell’Agricoltura” (9 novembre), istituita dalla Legge n. 24 del 28 febbraio 2024 per onorare gli agricoltori come “custodi” dell’ambiente, si nasconde una contraddizione che il Wwf denuncia con forza: il sistema che avrebbe dovuto proteggere il paesaggio ha contribuito a distruggerlo. Nel rapporto “La fastidiosa Xylella”, presentato in vista della ricorrenza, l’associazione ambientalista punta il dito contro alleanze tra politica, associazioni di categoria e parte del mondo accademico, responsabili di scelte prive di solide basi scientifiche. Dodici anni di gestione emergenziale si sono tradotti in abbattimenti massivi di ulivi secolari e millenari, sostituiti da impianti intensivi di cultivar brevettate, alimentando speculazioni e flussi finanziari per oltre 600 milioni di euro. Un modello che, anziché tutelare la biodiversità, ha favorito la sua erosione e la semplificazione degli agroecosistemi.
Il rapporto Wwf analizza dodici anni di gestione dell’emergenza Xylella, valutando le scelte compiute da Unione Europea, Ministero dell’Agricoltura, Regione Puglia e principali associazioni agricole. Ne emerge il ritratto di un’agricoltura italiana dai due volti: da un lato, agricoltori “custodi” del paesaggio e degli agroecosistemi, protagonisti di buone pratiche e resilienza; dall’altro, un sistema corporativo segnato da alleanze strumentali tra associazioni di categoria, imprenditori, politica e parte del mondo accademico, che ha condizionato decisioni e orientato strategie.
Secondo il Wwf, provvedimenti normativi e interventi sproporzionati, spesso privi di solide basi scientifiche, hanno devastato il territorio degli ulivi monumentali proprio mentre si dichiarava di volerlo proteggere. Il batterio, arrivato probabilmente attraverso piante di caffè importate dall’America centrale, è stato affrontato con una logica di eradicazione forzata: abbattimenti massivi non solo degli ulivi infetti, ma anche di quelli entro un raggio di 100 metri (ridotto a 50 dal 2022), inclusi esemplari secolari e millenari. Questo approccio è stato adottato nonostante dal 2015 la Xylella fosse considerata endemica e non eradicabile, ignorando strategie agroecologiche capaci di rafforzare la resilienza degli agroecosistemi, afferma il Wwf.
Il risultato è stato la distruzione e l’abbandono di centinaia di ettari di oliveti, la demolizione della normativa di tutela del paesaggio storico e la perdita di un patrimonio culturale e naturale unico. Nel frattempo, si aprivano flussi finanziari per oltre 600 milioni di euro, alimentando speculazioni e conflitti di interesse legati alla sostituzione degli ulivi monumentali con impianti intensivi e superintensivi di cultivar brevettate ritenute più resistenti alla Xylella. Il Wwf denuncia anche i limiti della ricerca agronomica italiana e i pregiudizi verso l’agroecologia, bollata come inefficace. Eppure, alcuni agricoltori hanno dimostrato il contrario: grazie a pratiche ecologiche, ulivi un tempo considerati irrimediabilmente infetti sono tornati a produrre olio di alta qualità, prova concreta che esistono alternative sostenibili.
I dati dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (ottobre 2024) confermano la gravità del problema: l’agricoltura intensiva è la principale causa di perdita di biodiversità in Europa, con l’80% degli habitat protetti in cattivo stato, il 60-70% dei suoli degradati e un consumo di risorse pari a 1,5 volte la capacità del pianeta di rigenerarle, continua il Wwf. Questi numeri impongono una riflessione urgente sulle scelte delle filiere agroalimentari. La lezione della Xylella è chiara: quando i principi dell’agroecologia vengono applicati e sostenuti da politiche adeguate e da una ricerca indipendente, è possibile integrare il ripristino ambientale nelle pratiche agricole, garantendo sicurezza alimentare, tutela della biodiversità e salvaguardia del paesaggio. “Serve accelerare la transizione agroecologica e valorizzare gli agricoltori come veri “custodi” dell’ambiente”, conclude il Wwf.

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